Come nacque la legge 124/99 sulle GAE, l'esperienza del CIP ( seconda parte )

Ci stiamo, ora “vediamo” le carte.
Le “carte” dicono che il DdL 4754 contiene l’ultimo concorso ordinario, che non veniva bandito da 9 anni, dicono che nel frattempo di vacanza concorsuale ci sono circa 75.000 persone che occupano, dopo una selezione pubblica,  stabilmente ma a tempo determinato (!) questi posti di lavoro. Il Ministro i consiglieri e il Sindacato concertativo, ribattono che proprio per questo motivo è prevista la sessione riservata per i precari che hanno accumulato, nel periodo di vacanza concorsuale, 360 giorni di servizio prestato anche nelle scuole private. Le nostre convinzioni aprioristiche cominciano a scricchiolare, qualcosa non torna. Innanzitutto ci chiediamo se avevano qualche diritto i “giovani neolaureati del 1990”. Si, avevano diritto a un concorso ordinario ogni due e poi tre anni, non è stato fatto. Perché? Perché dovevamo risparmiare per risanare il paese, non sappiamo se ci siamo riusciti o se ci riusciremo, ma i risparmi sono stati fatti.



Quindi il risparmio é stato duplice : il costo di almeno 3 concorsi e i risparmi derivanti dal fatto che i precari sono pagati meno che gli insegnanti di ruolo per nove anni. Il risarcimento della sessione riservata ci sembra negativamente sproporzionata rispetto ai diritti negati ai precari. Continuiamo a vedere le “carte”. Queste ci dicono che gli insegnanti precari della scuola statale che per nove anni hanno fatto il loro dovere con merito e senza sanzioni disciplinari devono mettere in palio la metà dei loro posti di lavoro al concorso ordinario aperto anche ai “neolaureati” che avrebbero diritto a questo “ultimo” concorso, mentre la rimanente metà andrebbe condivisa nell’ambito di una sessione riservata, insomma i posti statali del Ministero cioè del Provveditore agli Studi andrebbero divisi, in questo ultimo caso,  con chi occasionalmente per 360 giorni ha svolto la funzione docente per garantire la continuità del servizio e dulcis in fundo anche con i colleghi che lavoravano nelle scuole private. Ovviamente si tratta di mettere in moto una gigantesca macchina concorsuale da 1.000.000 di candidati, macchina che unisce la possibilità di ottenere il posto di lavoro e la possibilità di ottenere l’abilitazione all’insegnamento: abilitazione e posto uniti nella stessa prova. La cosa si complica ulteriormente perché per la stessa funzione docente sono richiesti requisiti diversi : ai giovani il superamento del concorso ordinario, ai precari il superamento della sessione riservata, preceduta da un corso di 120 ore che spiegherà a chi magari insegna da dieci anni, che cosa deve fare il docente! Per fortuna un po' di dubbi, i consiglieri del Principe, li dissipano in Commissione parlamentare: il sottosegretario alla P.I. tranquillizza tutti sulla presunta serietà della prova per i precari, l’esame sarà a tutto campo, non collegato ai contenuti dei corsi.
Ora sul tavolo ci sono troppi assi, qualcuno sta barando, l’equità soffre, la ragione langue.
I consiglieri del Ministro, che non conoscono Mundell, non possono conoscere la regola aurea che l’economista aveva fissato: per un obiettivo almeno uno strumento. Ora se l’obiettivo è reclutare il personale docente lo strumento deve essere uno soltanto: quello del concorso. Se invece lo strumento permette di raggiungere svariati obiettivi, le convinzioni aprioristiche cominciano a vacillare seriamente. Ci si vuole far credere che lo stesso strumento, alternativamente il DdL 4754 ovvero il concorso ordinario, permetterebbe di stabilire chi sono i docenti, quali sono i posti da ricoprire, come risarcire i precari della scuola statale che avevano dei diritti, come soddisfare le aspettative dei docenti della scuola privata che vogliono entrare nella scuola pubblica, come creare una procedura statale efficiente che garantisca i diritti dell’utenza e gli obiettivi essenziali dell’Istituzione, infine, ultima non per ordine di importanza, una procedura che contribuisca a risolvere il problema delle aspettative occupazionali dei giovani compresi quelli del Sud. Al confronto il famoso aforisma Einaudiano sembra una cosa seria.

Giancarlo Memmo