Diamo i voti anche ai prof

Nelle scuole in queste settimane c'è forte discussione. I collegi dei docenti e i presidi stanno decidendo se aderire o meno a VALeS, cioè al progetto ministeriale di valutazione. L'adesione scade il 12 marzo. Coinvolgerà 300 scuole. Un passaggio difficile in molte scuole, figlie di una vecchia prassi: non è scontato che chi per mestiere fa il valutatore dia poi la propria disponibilità a lasciarsi valutare. RIFIUTO. Per chi vive fuori dalla scuola sembrerà strano questo rifiuto, o quanto meno, avrá qualche difficoltà a comprendere una cosa che è ovvia, nella società attuale, cioè la valutazione delle competenze nel mondo del lavoro. Ma nella scuola ciò che per altri è ovvio, ovvio poi non è. Per tanti motivi, qualcuno legato ad un sistema autoreferente e chiuso, qualcun altro invece ad una male interpretata "libertà di insegnamento" dei docenti in classe.




SPERIMENTAZIONI. Lo scorso anno il ministero costruì due sperimentazioni per la valutazione dei docenti e delle scuole, con giudizi finali pro e contro, come è per tutte le sperimentazioni, e fu la prima volta in Italia. Una intuizione che l'Ue, nella famosa lettera al governo italiano del novembre 2011, confermò in due richieste, ad oggi disattese: le domande n.13 (sulla valutazione delle scuole) e la n.14 (sulla valutazione dei docenti). Il motivo di queste richieste è semplice: far parte dell'Ue implica che i sistemi di istruzione convergano ai fini della equipollenza dei titoli di studio, cioè della loro spendibilità nel mercato del lavoro globalizzato.  CLIMA. Restano alcune questione aperte: la necessità di portare la maturità a 18 anni, come è già in Europa, e rendere effettivamente spendibile un titolo di studio, cancellando il suo valore legale, perché cioè possano essere le effettive competenze a qualificare una preparazione, spingendo poi i giovani a seguire percorsi di studio superiori e universitari vincolati a concreti sbocchi occupazionali. Chi sa, ad esempio, che quasi la metà dei percorsi di lavoro dei nostri giovani è lontana dal proprio titolo di studio? È cambiato dunque il clima sociale ed istituzionale nei confronti della scuola. Nel senso che tutti trovano ovvio e giusto chiedere e pretendere un servizio pubblico di qualità, trasparente e rendicontabile. Per questi motivi la valutazione delle scuole, dei presidi e dei docenti è oggi considerata ovvia. Ma non tutti a scuola la condividono, questa preoccupazione, nel senso della disponibilità non solo a seguire percorsi di autovalutazione, già previsti in diversi sistemi qualità, ma anche percorsi di valutazione esterna, secondo parametri e standard validi per tutti. È qui che si annida il conflitto di interessi del mondo della scuola. VALUTAZIONE. Su questo tentativo di introdurre un sistema di valutazione nelle scuole il ministro Berlinguer fu costretto, nel 2000, a dimettersi. Furono i suoi stessi compagni di partito. Il suo progetto voleva solo legare alla valutazione parte degli aumenti retributivi. E lui perse il posto. La valutazione, è giusto ribadirlo, è una cosa complessa, perché non ci sono algoritmi che possano risolvere questa complessità. Ma tra il niente ed il tutto ci saranno pure delle forme intermedie di giusta misura. Per questo hanno senso le sperimentazioni. STRANEZZA. Perché cioè non sarebbe possibile ciò che per gli altri mondi del lavoro è scontato? Anzitutto perché la formazione più che un mestiere è un'arte, e quindi presuppone troppe variabili, sia per i docenti sia per gli studenti come per i tanti contesti. In seconda battuta, in Italia siamo legati, in particolare dal '68, ad una interpretazione un po' anarchica e naïf dell'insegnamento, per cui un docente, quando entra in classe, si sente un po' Socrate ed un po' imperatore, nel senso che nessuno dovrebbe discuterne le "prestazioni". Senza dimenticare che a decidere l'adesione è il Collegio dei docenti, una cosa per lo meno strana, visto il conflitto di interessi: il valutato viene chiamato a decidere se lasciarsi valutare. Una stranezza tutta italiana. Stiamo parlando di una categoria del mondo del lavoro che per mestiere valuta, ma che è stata valutata solo all'inizio della carriera. CATEGORIA. Una categoria che ogni giorno elabora giudizi di merito sugli allievi, ma che non è stata abituata a consentire che altri facciano lo stesso, che anzi non sa cosa voglia dire merito, anche se a scuola tutti sanno chi sono i bravi insegnanti. Una categoria quindi conservatrice, al di là dell'appartenenza politica, e chiusa a riccio sul proprio ruolo e sulla sola anzianità di servizio come progressione di carriera. Oggi la scuola viene vista come un grande pachiderma, costoso e non si sa se efficiente ed efficace. Nonostante questo, credo che la scuola non abbia alternative. Non solo per la convinzione che l'intelligenza è anzitutto lasciarsi discutere e quindi valutare, ma prima ancora per la constatazione che la scuola potrà ritornare ad essere la vera priorità del nostro Paese solo se sceglierà la via democratica della massima trasparenza, di tutti i propri atti e anche delle proprie prestazioni. Un percorso lungo, ma inevitabile.

Gianni Zen
preside del liceo Brocchi di Bassano

Fonte articolo