Spunta il sole, canta il gallo e Profumo monta a cavallo.

Così può venire da pensare (con parafrasi di versi di Malaparte) leggendo il titolo dell’intervita al ministro Profumo, riportata su Vanity Fair in edicola fino al prossimo martedì 11 aprile (1).
Infatti, “Ore sette RIUNIONE al Ministero - «Le ore del mattino sono quelle in cui si lavora meglio», dice il titolare dell’Istruzione Francesco Profumo” sono il titolo e sottotitolo del magazine settimanale di “show, star, costume, cultura, moda, gossip”. Quindi una laboriosità esaltata e sottolineata da riunioni mattutine, in ore quasi antelucane, e con virtuosi e impliciti richiami al lavoro contadino di buon’ora.






In sintonia con la sua linea editoriale, Vanity Fair presenta situazioni, fatti e personaggi in buona luce, in uno scenario positivo ed ottimistico. Nel caso specifico, l’intervista è esplicitamente finalizzata a conoscere alcuni aspetti caratteristici e interessati più dell’uomo Profumo che del ministro.
Ne viene fuori un pregevole ritratto personale di un professionista “stakanovista” e di successo anche all’estero (Wisconsin, Nagasaki), poi docente universitario e rettore, ora ministro. Positiva anche la situazione della famiglia che lo circonda e completa. Moglie docente di italiano e latino.  Due figli, di 28 e 26 anni, già al lavoro, la terza, 20 anni, ancora all’università. Anche per loro interessanti esperienze all’estero, assenza di situazioni di precarietà o disoccupazione, come avviene per molti giovani meno fortunati.
Brevi ed essenziali i cenni alla scuola e all’università. Presentate entrambe come viste con occhiali a lenti rosa, cioè in sostanziale buona salute: “La scuola italiana non è poi così male” e “L’università è meglio di come appare”. Non sappiamo se questo ottimismo infondato, non corrispondente alla realtà e ai fatti sia dello stesso ministro o sia una interpretazione della rivista.
Appare incredibile che il ministro taccia, ignori o sottovaluti che:
1) circa il 50% dei diplomati (età 19 o 20 anni) della scuola secondaria (licei inclusi) risultano semianalfabeti secondo le rilevazioni di Invalsi e Accademia della Crusca;
2) la dispersione scolastica in Italia è ancora intorno al 20% (esattamente 18,8%) cioè una volta e mezza (+50%) superiore alle medie Ue e Ocse di riferimento;
3) i laureati in Italia tra i 25 e i 34 anni risultano appena il 20% (uno su cinque), mentre la media Ue è al 37%, la Corea del Sud è al 70% (il doppio della Ue e tre volte l'Italia!);
4) la percentuale di Pil italiano destinata all’istruzione è circa il 4,8%, la media Ue è 5,6%, la Corea e al 7,0%; e nel Dpef 2011 è programmata la riduzione al 3,7% del Pil nel 2015, al 3,5% nel 2020, al 3,4%, nel 2025;
5) oltre 100.000 docenti precari sono da stabilizzare da uno o due decenni e anche più; e ora sono anche minacciati dall’ipotesi di chiamata diretta da parte dei presidi;
6) Miur si accinge a spillare 3 o 4.000 euro ciascuno ai circa 20.000 ragazzi che si vogliono solamente abilitare (senza nessuna sicurezza né di futura assunzione né di concorso) tramite il mitizzato Tfa di durata annuale e con un tasso del solo 20% di tirocinio effettivo, essendo il resto solo teoria.
O, forse, l’alacrità ministeriale esaltata ed esibita a viale Trastevere serve a distogliere l’opinione pubblica e a giustificarsi in qualche modo?


Vincenzo Pascuzzi