Il piatto che non piace ai bambini


Alle polemiche sono abituato. Anche durissime: scrivo abitualmente di politica, di corruzione, di eversione, di mafia…Mai però avrei pensato di scatenare un dibattito così ampio e così aspro, scrivendo un articoletto sul cibo servito ai bambini nelle mense scolastiche di Milano: sono piovute centinaia di critiche feroci e centinaia di messaggi di sostegno e ringraziamento, commenti appassionati e contrapposti sono fioccati nel mio blog del ilfattoquotidiano.it e in altri siti.



Mi tocca replicare, per chiarire alcune semplici cose. Non mi sono mai sognato di lanciare un attacco al dottor Franco Berrino, insigne oncologo dell’Istituto dei tumori che da anni conduce una meritoria battaglia, affermando l’importanza della corretta alimentazione per prevenire il cancro. Berrino ha in passato fornito la sua preziosa consulenza a Milano Ristorazione per stilare menu più ricchi e corretti, con meno carne e più verdure. Ottimo. Peccato però che i risultati non siano buoni: i bambini non mangiano, rifiutano i piatti, non li gradiscono. Mai detto che sia colpa delle indicazioni di Berrino o soltanto delle indicazioni di Berrino. Eppure le cifre del rifiuto dei cibi sono imponenti: il 40 per cento dei pasti serviti ai bambini nelle scuole milanesi finisce nella spazzatura, lo spreco stimato è di 143 tonnellate, il 30 per cento dei bambini milanesi (un terzo di chi mangia a scuola) assume la metà delle calorie previste per pranzo. Menu sano, ma bambini a digiuno.
Al di là delle polemiche: i numeri dicono chiaramente che la relazione piatti/bambini nelle scuole milanesi non funziona. Vogliamo dire che è tutta colpa dei figli viziati e dei genitori che non li sanno educare? Vogliamo negare il problema con battute del tipo: facciamo una convenzione con McDonald’s, rimpinziamoli di hamburger e patatine? So bene che c’è un problema di educazione alimentare (dei bambini e dei genitori!). Ma vedo con i miei occhi (e me lo confermano tutti i genitori concreti dei bambini concreti che incontro al mattino, portando Olga e Nora a scuola) che anche nelle mense scolastiche qualche problema c’è. Molti bambini, pur di avere nel piatto qualcosa di mangiabile, implorano i genitori di chiedere alla scuola la dieta in bianco. E allora: proprio non si riesce a tenere insieme cibo sano e bambini che mangino?
È evidente che, al di là dell’astratta correttezza del menu, c’è un problema di gusto che diventa problema di qualità del cibo. Proviamo a fare un’ipotesi. L’ex sindaco Letizia Moratti ha centralizzato le cucine, che ora a Milano sono solo 26 e preparano ben 80 mila pasti al giorno. Che gusto, che qualità può mai garantire un simile sistema massificato? E a proposito di tumori: i cibi sono trasportati nelle scuole caldi, coperti da pellicola trasparente, dentro contenitori di plastica (e non di metallo). Non ho la soluzione, naturalmente. Ma siamo sicuri che non convenga riaprire le cucine di scuola o di plesso scolastico? Anche per i costi: quelle centralizzate costano meno, ma la mamma Lisa Michelozzi saggiamente suggerisce di mettere nel conto anche i costi del trasporto, dell’aumento dei carburanti, dell’incremento di traffico, del relativo inquinamento in città, dei contenitori di plastica, del confezionamento e poi dello smaltimento di tonnellate di cibo scartato e inutilizzabile. Non so, forse le soluzioni sono altre. Cerchiamole insieme. Ma davvero qualcuno può dire che il problema non esiste ed è tutta colpa dei bambini viziati?
Il Fatto Quotidiano, 17 Maggio 2012