EX APREA, SE IL PD LA ABBANDONA LO SI DEVE A PROF E STUDENTI

Dopo aver inspiegabilmente contribuito a realizzare un testo sbagliato i democratici hanno fatto il decisivo passo indietro


di Marina Boscaino – Pubblico giornale – 30 novembre 2012 – pag. 17

Che il Pd stia approdando a più miti consigli a proposito dell'ex ddl Aprea, ex pdl 953, ora ddl 3542 è apparso definitivamente chiaro in una bella assemblea di qualche giorno fa al liceo Ama1.di di Roma, a cui ho partecipato con Giovanni Bachelet (deputato del Pd) e Vito Meloni (responsabile scuola di Rifondazione Comunista). Una di quelle occasioni in cui ti accorgi che una scuola funziona davvero quando le componenti essenziali, studenti e docenti, trovano momenti di condivisione costruttiva, negoziazione di significati, confronto democratico: le basi di per l'acquisizione di competenze culturali significative. Uno dei temi su cui si è mobilitata la scuola italiana è stato affrontato attraverso le intelligenti domande degli studenti -moderatori: ulteriore prova della indecenza delle dichiarazioni di un premier che, mentre afferma di condividere la protesta dei giovani, li accusa di essere manipolati. E invece questa è la meglio gioventù.





Ha avuto ragione Bachelet a sostenere che la mobilitazione dei docenti contro le 24 ore di lezione è riuscita anche perché accompagnata dalla sponda politica del partito che l'ha portata nelle aule parlamentari: le battaglie non si vincono da soli. Ma allora perché il Pd ha portato avanti da solo il progetto della revisione degli organi collegiali che riguarda persino più delle 24 ore la scuola e tutte le sue componenti? Dopo Puglisi e Bastico, anche Bachelet ha ribadito che non esistono tempi tecnici per l'approvazione; a lasciare però perplessi è l'ostinazione a non riconoscere la potenza dell'opposizione a quel progetto operata da docenti, studenti e talvolta famiglie; e, soprattutto, il non ammettere di aver preso la strada sbagliata (quella del non confronto con la scuola; quella della deriva privatistica). Si tende a spiegare invece l'uscita dall'impasse con il fatto che quel testo non piace nemmeno al Pd; e che tirarlo fuori in quella forma è stato necessario (in mancanza di una maggioranza parlamentare favorevole) per emendare delle parti più negative l'Aprea originaria. In sostanza: ci avrebbero salvato dall'Aprea. Perché non si sia scelto invece di schierarsi con la scuola contro il testo del 2008 qualora davvero fosse stato riproposto, nonostante l'ostruzionismo della Lega rimane un mistero.
E, ancora, perché davanti alla domanda diretta, rivolta loro in audizione, se quella contenuta nel testo fosse l'idea di autonomia del Pd, i deputati hanno risposto di sì? Dobbiamo aspettarci un indesiderabile sequel di un testo che ha incassato il no secco di tutta la scuola? Dialogare con il Pd non può significare firmare una cambiale in bianco. Né farsi imporre un'idea di scuola per la gran parte irricevibile. Lo hanno detto a gran voce gli insegnanti in un'assemblea che mi piace ricordare anche per il consenso esplicitamente riservato alla linea editoriale del nostro giornale, «Pubblico» e alla sua attenzione alla scuola dello Stato.

Stessa serata. Renzi rievoca una delle parole chiave dell'esegeta del neutrino Ginevra, della profetessa del concorso per avvocato in Calabria, nonostante la residenza lombarda. «La dignità sociale del valore del maestro l'abbiamo tolta anche noi con riforme che non hanno premiato il merito. Portare il merito nella scuola è cosa di sinistra». Il giovanilistico rottamatore ripropone categorie "vetero". E, soprattutto, ci fa dubitare della veridicità delle sue affermazioni, se il merito, che lui dice "di sinistra" dovesse coniugarsi con la visione arrembantemente neoliberista contenuta nel suo programma. Altre parole vengono da Bersani; che se non rievoca nostalgicamente (e demagogicamente) la «scuola fatta dalle nostre maestre» difende la dignità della professione docente attraverso un'osservazione importante: «Oggi tutti, bambini compresi, siamo subissati di informazioni, ma informazione non è conoscenza. La conoscenza significa riporre l'informazione dentro gli scaffali del sapere. E gli scaffali dove posare l'informazione e farla diventare conoscenza li possono costruire solo gli insegnanti». Non è Crozza, questa volta. Ma ci piace davvero lo stesso.


Marina Boscaino
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