Ecco perché il 26 maggio a Bologna riguarda anche te

di Giovanni Cocchi

Immaginate di avere un figlio di 3 anni. Immaginate di volerlo o doverlo (probabilmente tutte due) iscrivere alla scuola materna. E’ un vostro diritto, perché lo Stato ha l’obbligo costituzionale di darvi quella scuola (art. 33, comma 2: La Repubblica… istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi). Ma la scuola pubblica per voi non c’è. E però vi dicono che potete iscriverlo alla scuola privata parificata. Immaginate che voi non abbiate i soldi o non vogliate (o tutte due) iscriverlo a una scuola “bianca”, o “rossa” o di qualsiasi altra “tendenza” preferita dai suoi genitori, ma lo vogliate iscrivere alla scuola pubblica, “arcobaleno“, perchè abbia a che fare con tutti i colori, perché il suo colore se lo scelta da solo quando potrá e vorrá.
Poi scoprite che a quelle scuole monocolore di pochi vengono incostituzionalmente dati soldi pubblici (art.33, comma 3 -Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole ed istituti di educazione, senza oneri per lo Stato), di tutti, compresi i vostri, mentre a voi la scuola di tutti è ingiustamente, incostituzionalmente negata.
A Bologna 800 genitori hanno provato sulla pelle dei loro figli la negazione di questo diritto, a Bologna 14000 cittadini hanno immaginato di provare tutto questo, e hanno deciso che non era giusto; hanno pensato che ogni euro che c’é andrebbe speso per aprire nuove scuole pubbliche “arcobaleno”, hanno pensato che la libertà di scelta delle famiglie vada garantita in primo luogo a chi vuole o può scegliere (più probabilmente tutte due) la scuola pubblica.

 


Non ce l’hanno con le scuole private cui riconoscono il giusto diritto ad esistere (“senza oneri per lo Stato“) ed il merito di soddisfare desideri privati diversi dal loro, non ce l’hanno col Comune a cui riconoscono il merito di aver voluto una scuola pubblica materna di qualità; ce l’hanno col Comune e le private quando teorizzano la “superiorità” e la necessità di un sistema integrato e della sussidiarietà, quando svendono un diritto (vai alla privata, devi andare alla privata perché ci costa meno).
Ce l’hanno con chi “monetizza” i diritti per cui se non c’è convenienza (piú elegantemente e modernamente “compatibilità economica”) chi se ne fotte, per cui é giusto pensare (e dare) sempre di più alla sussidiarietà, dirottando risorse dal pubblico. Ce l’hanno con chi pensa che un referendum su questa cosa, cioè sentire il parere dei propri amministrati su quale ritengono sia la strada maestra (maggiore impegno del pubblico e libertà di scelta per tutti o maggiore ricorso alla sussidiarietà del privato senza la possibilità di scelta per tutti) sia sbagliato.
Ce l’hanno con chi usa una legge minore, la 62 del 2000 (nonostante affermi “fermo restando quanto previsto dall’articolo 33, secondo comma, della Costituzione”), come grimaldello per raggirare la legge delle leggi: la Costituzione.
A Bologna il 26 maggio si gioca questa piccola grande partita tra chi “suggerisce” (il referendum è consultivo”) la chiara e semplice fedeltà ad un semplice e chiarissimo articolo costituzionale, sollecitando di imboccare fedelmente quella strada e chi invece da quella strada ha deviato e propone e si propone di deviare sempre più.
A Bologna il 26 maggio si gioca un’immensa partita tra questi due opposti modi di concepire la scuola: sempre più pubblica e di qualità per tutti o sempre un po’ piú privata.

Ecco perché il 26 maggio riguarda tutti e tutta l’Italia, ecco perché il 26 maggio a Bologna riguarda anche te.

Pubblicato da comitatonogelmini il 22 marzo 2013