di Lucio Ficara 26 marzo 2013 I
tagli all’istruzione pubblica italiana sono stati al centro delle critiche
dell’UE , che osserva l’eccessiva
riduzione di risorse economiche , operato dal governo italiano, sul settore della conoscenza. Da uno studio della
Commissione europea viene rilevato che
tra i 27 Paesi che compongono l’UE, il
nostro, è il Paese che ha ridotto di più i bilanci del settore. Si tratta di
risparmi di spesa che hanno diminuito del 10,4% nell’ultimo triennio gli
investimenti per l’istruzione dei nostri giovani. Da queste critiche cade
quella foglia di fico dietro la quale la nostra politica si nasconde, una
foglia che prende le sembianze di una “excusatio- governativa”, che suona più o meno così: “ purtroppo non abbiamo
scelta dobbiamo tagliare su scuola-università e ricerca, a chiedercelo è
l’Europa”. A questa “excusatio-governativa” fa da coro il Parlamento, che
appoggia qualsiasi taglio all’istruzione.
Con la reprimenda europea, che ci invita a tagli oculati, arrivano anche
consigli a tagliare dove serve ed ad investire per il futuro dei giovani. Il
Commissario europeo responsabile per l’istruzione, afferma: “sono tempi
difficili per le finanze nazionali ma abbiamo bisogno di un approccio coerente
in tema di investimenti pubblici nell'istruzione e nella formazione poiché
questa è la chiave per il futuro dei nostri giovani e per la ripresa di
un'economia sostenibile nel lungo periodo”. Dallo
studio della Commissione europea sugli investimenti per l’istruzione, si rivela
un altro dato agghiacciante e molto indicativo sull’importanza che ha la scuola
per la politica italiana. Si tratta del taglio di oltre il 11% dei docenti
italiani dal 2000 al 2010, contro l’incremento tedesco e finlandese del 13%,
del 21% svedese e norvegese. Uno studio che ci colloca con una tendenza molto
negativa per gli investimenti per la scuola pubblica e ci vede ancora una volta
fanalino di coda in Europa.