Valutiamo, quindi siamo?

di Claudia Fanti – 17 marzo 2013

Siamo abituati da tanto tempo, troppo, a non venir considerati dal ministero nelle scelte che coinvolgono il nostro lavoro, noi e i nostri alunni, per cui non ci dovremmo stupire più di tanto.

Eppure l’argomento della valutazione non ci può esimere dal commentare, almeno dal commentare. Se non altro, si ha modo di esprimere la contrarietà, la preoccupazione, fors’anche l’avversione per il regolamento sulla valutazione di sistema appena approvato
http://hubmiur.pubblica.istruzione.it/web/ministero/focus080313.

Mentre come docenti d’aula (la cui opera è sempre meno nominata e valorizzata dai vari documenti ministeriali, come fosse di irrisoria importanza per i livelli di apprendimento e di tenuta del sistema) ci rendiamo conto di quanto sia preziosa la nostra azione puntuale, attenta alle discipline che insegniamo e contemporaneamente alle dinamiche relazionali delle classi su cui lavoriamo e ai singoli con le loro evoluzioni, la loro crescita fisica, psichica ed emozionale, chi ci governa rema esattamente in direzione opposta producendo materiali documentali poco chiari, complessi, forieri di altre alchimie gerarchiche dentro la scuola.




I docenti impegnati qui e ora cercano risposte nei propri studi individuali e con i colleghi nei momenti istituzionali (che già esistono), ma non solo, alla propria fame di pedagogia e di strategie per giungere a conquistare, sul piano dello studio e della coesione interna alle classi ed esterna, ragazze e ragazzi. Essi quotidianamente sono dinanzi a problematiche che riguardano la vita dei giovani e delle loro famiglie e le devono affrontare senza rimandi e senza indugi allo scopo di predisporre operazioni didattiche, metodologiche, psicologiche con un’estrema tensione al benessere dei singoli e dei gruppi. Essi sanno che l’importante per una qualsivoglia riuscita è far convergere tutte le proprie energie ed esperienze culturali e pedagogiche sulle scelte da compiere giorno per giorno per tamponare, arricchire, sostenere, affiancare i soggetti (non oggetti da “soppesare” con continue ed estenuanti verifiche con voto incorporato)…e cosa viene proposto dal ministero? Un ambaradam di slide e indicazioni per “sostenere” con questionari e istituzioni di commissioni e sottocommissioni il processo di autovalutazione e valutazione di efficacia e di efficienza della scuola nel suo complesso. Un elefantiaco sistema in cui la cosiddetta “comunità” corre il rischio di trovarsi imbrigliata (se non troverà le solite “vie d’uscita” per salvare la baracca) compilando schede, moduli, producendo descrizioni all’interno di griglie predisposte per gli ambiti indicati dal “Regolamento” in un intreccio di “sguardi” di persone interne ed esterne alla scuola “telecomandate” da indicatori di qualità relativi a livelli interni (organizzazione, risorse, strutture, materiali… ) ed esterni (svantaggio socio-economico, rapporti col territorio…).

Alcuni insegnanti scrivono in rete proprio per chiedere ascolto, per non soccombere, per provare a razionalizzare l’irrazionale di un Sistema Nazionale di Valutazione così impostato, per rendere noto il disagio, lo stato d’animo, ma sanno che nulla cambierà la direzione intrapresa dagli ultimi due ministeri che in continuità hanno proceduto senza pietà a tagliare e al contempo emanare decreti e circolari contromano che inducono la scuola a essere schizofrenica tra sogno e realtà.

Il sogno è quello di un avanzamento delle future leggi nella direzione di ciò che occorrerebbe a un arricchimento concreto in termini di docenti “nuovi”, numero inferiore di alunni per classe, strumenti tecnologici di supporto, tecnici presenti nella scuola per accorrere celermente in aiuto nel caso di malfunzionamento degli ammennicoli tecnologici, riconoscimento almeno culturale del valore dello studio personale e del tempo che occorre allo stesso per farsi opera nella pratica, tutela della nostra scuola senza sottrazione di anni al suo percorso attuale, aiuto economico a ogni insegnante per l’acquisto di libri, riviste, tecnologie, iscrizione a corsi di formazione sul territorio su libera scelta motivata dai reali interessi del docente, il quale ora è una specie di reietto della società e addirittura deve pietire lo sconto dal libraio di fiducia!
(I docenti della primaria poi non hanno neppure i libri di testo omaggio! Credo che maestre e maestri abbiano mantenuto l’editoria e meriterebbero una medaglia al valor culturale!).
Il sopra scritto elenchino è soltanto un sogno per la scuola italiana! Per altri Paesi invece è la normalità!

La realtà italiana invece è quella che sempre più essa si farà dispendio di energie nel “render conto” all’esterno, come voluto dal regolamento di valutazione, in un continuo raffronto, all’interno e con altre scuole, dei risultati “migliori” (migliori in che senso?)… Il termine “miglioramento” lascia francamente molto perplessi. Il significato che gli si dà pare essere soggettivo anche per chi amministra dall’alto la scuola. E’ comunque soggettivo e imposto da criteri totalmente estranei a ciò che i docenti ritengono essenziali per gli studenti e per la loro vita futura. Le opinioni e le elucubrazioni di esperti che dissertano su ciò che sarà fondamentale per i giovani nel futuro non sono mai concordi, e non potrebbero esserlo d’altronde, proprio per l’imprendibilità del futuro e del suo essere incerto, sorprendente, labile, inimmaginabile ai contemporanei. Infatti si leggono cose che fanno sorridere sugli scenari possibili, ma sono cose che lasciano il tempo che trovano.

L’unico valore certo per un bambino o una bambina, secondo la coscienza dell’insegnante, è che da qualsiasi situazione di partenza si sia trovato/a a dover partire un alunno, debba poi trovare una cura, nel singolo docente e nei colleghi dei team, una cura fatta di totale ascolto, com-prensione attimo per attimo, accoglienza, inclusione… e al contempo debba appropriarsi lentamente nell’interscambio costante nella relazione e nella conversazione dello strumento della parola, della coesione e della coerenza della lingua orale e scritta, per poter dominare gli apprendimenti che deve e dovrà affrontare, per esprimere liberamente il proprio pensiero, per pensare al come pensa, per farsi critico verso insegnanti e sistema, per capire che essere maestri di se stessi è base fondamentale per stare con gli altri, per farsi carico degli altri dopo essersi fatti carico di se stesso, per opporsi costruttivamente alle ingiustizie, per riallacciare i rapporti interrotti o crearne dei nuovi con l’ambiente familiare e quello esterno, per gestire i conflitti in modo via via più consapevole e sereno… Questi “risultati”, che soltanto un occhio, un orecchio e una mente estremamente raffinati possono cogliere, sono impagabili per il futuro, qualsiasi esso sia… altri risultati tanto efficaci e tanto efficienti, non conosco, eppure essi non potranno mai essere valutati da alcun Sistema Nazionale di Valutazione. Anzi paradossalmente tale SNV, per “stare” nel mondo delle sigle che aumentano di numero a dismisura (!), abbasserà di molto i risultati sopra scritti a causa del fatto che gli insegnanti più “sensibili” al volere ministeriale saranno presi nel vortice della rendicontazione, del tutto testare, delle scalette, degli indicatori dei curricoli a cui fare riferimento a causa delle Indicazioni (pure esse da poco in vigore)… atteggiamento professionale che è già evidente dopo che è stato esteso a tutte le scuole il monitoraggio a batteria di test dell’Invalsi, figurarsi i comportamenti futuri! Fra poco sarà una specie di delirio con a capo il Dirigente coadiuvato dall’ennesimo nucleo di docenti a fare la spola tra la classe e l’ufficio di dirigenza lasciando nel panico un collega a sostituirli per “un certo tempo”, magari con un occhio a due classi!

E nel pomeriggio, prevedo l’ennesima serie di riunioni, fogli alla mano, a studiare il documento ministeriale, a decodificare ogni vocabolo, a discutere sul “cosa si intenda per…”, a scegliere i termini da scrivere per “rendicontare” bene e in modo “inequivocabile”, per far bella figura, per non mettere in imbarazzo il dirigente “che, povero, ha tante grane” (verissimo del resto!)…

Cosa resterà del rapporto insegnante/discente? Sempre meno: insegnante con le occhiaie dopo le nottate ad arrovellarsi su cosa scrivere nell’ennesima relazione sulla valutazione, discente preoccupato dello stato di salute del proprio ex-prof, divenuto burocrate a tempo pieno.

17 marzo 2013
Claudia Fanti

http://www.retescuole.net/contenuto?id=20130317134447