Presidenze in Lombardia: reggenze ? No grazie, preferiamo incarichi annuali


Si vuole riportare un’interessante analisi di Giorgio Ragusa sull’attuale situazione delle cattedre di presidenza in Lombardia e sul possibile inserimento degli incarichi annuali di presidenza nel “pacchetto scuola” che sarà deliberato il 9 settembre dal  prossimo Consiglio dei Ministri.

 
La vicenda processuale lombarda si è conclusa e tra qualche settimana partirà la seconda e decisiva correzione degli elaborati dei candidati al concorso per Dirigente Scolastico in Lombardia, in ottemperanza alla sentenza 3747/2013 del Consiglio di Stato. Le sicurezze sull’evoluzione della procedura concorsuale sono poche ma, al contrario, le certezze sullo stato delle scuole lombarde sono molte e allarmanti.
La prima certezza è che in Lombardia ci sono 1.118 istituzioni scolastiche, di cui 392 senza un dirigente scolastico titolare. La seconda certezza è che 392 capi d’istituto dovranno gestire a mezzo servizio 784 scuole, in una regione in cui esistono ulteriori 33 scuole sottodimensionate e quindi affidate ad altri 66 dirigenti scolastici a mezzo servizio. Insomma le scuole semigestite sarebbero 784+66= 850, mentre quelle gestite normalmente sarebbero 269. Ripeto il dato: 269 su 1.118. Una situazione certamente unica in Italia e in Europa, che retrocede la regione padana da modello d’Italia a fanalino di coda del continente.






Può reggere, in questa situazione, la scuola lombarda per l’anno scolastico 2013-2014? Non si può rispondere a questa domanda se non si comprende un elemento nascosto, ma decisivo. Questi numeri seppur peggiorativi rispetto a quelli dello scorso anno, tacciono un punto. Da quest’anno la regione Lombardia, in ottemperanza alla deliberazione IX/3039 del 2012 del Consiglio Regionale, ha realizzato il più drastico piano di dimensionamento d’Italia della rete scolastica regionale. In parole poverissime: molte scuole sono state accorpate, alcune scuole sono state eliminate, tutti i circoli didattici sono scomparsi e al loro posto sono sorti ovunque gli istituti comprensivi. Insomma da quest’anno scolastico, 2013-2014, le scuole lombarde sono diventate mastodontiche, tutte. In ciascuna scuola studiano, di norma, oltre un migliaio di studenti e lavorano oltre 100 persone tra docenti, bidelli, personale tecnico e di segreteria. Quasi tutte sono scuole distribuite su molteplici plessi. Insomma rispetto alla drammatica situazione dell’anno concluso, quest’anno ci sono 60 presidi in meno, ma scuole più grandi da gestire. Scuole giganti che esigerebbero un impegno gigantesco.
La magistratura, che in due distinti gradi di giudizio ha interrotto la procedura concorsuale, ha agito secondo scienza e coscienza. Ma la politica scolastica sin qui è rimasta al palo. Eppure le soluzioni esistono e sono tante. La magistratura ha disposto che la ricorrezione ripartisse e che ripartisse bene. Il TAR ha messo in guardia il MIUR indicando la strada della cautela. Nella sua sentenza del 17 luglio 2012, il TAR della Lombardia ha anticipato che in caso di riedizione del concorso esigeva “il collegio perfetto”. Un invito prudente che funge da involucro a un rischio pesante.
Tuttavia, in parallelo, mentre l’amministrazione esegue le delibere della magistratura amministrativa, la politica può prevedere un percorso compatibile e rispettoso del giudicato. Mentre il concorso avanza con professionalità, trasparenza e correttezza, la politica senta il dovere di dare alle scuole lombarde incaricati straordinari per direzioni temporanee. Sarebbero incarichi straordinari atti a impedire il crash della più grande e prestigiosa azienda formativa italiana, la scuola lombarda. Sarebbero incarichi senza controindicazioni. Come capita, già oggi, per alcun figure di docenti supplenti, avrebbero validità sino alla nomina dell’avente diritto. La politica preveda che questi incarichi non diano punteggio per la carriera dirigenziale ma siano finalizzati a risolvere la spinosa questione che si è creata nella regione più importante ed evoluta di Italia.
Lo sanno i genitori lombardi che pagano le tasse come gli altri cittadini italiani e non hanno il diritto di far studiare i propri figli in scuole dirette da un dirigente dedicato, come accade in qualunque altra regione d’Italia e d’Europa?
Lo sanno le imprese lombarde che gli studenti che usciranno dalle scuole locali avranno meno formazione e opportunità degli altri studenti per via di una disfunzione che la politica lombarda ha denunciato, ma non sa risolvere?
Mi auguro che la classe politica si metta una mano sulla coscienza e che il “pacchetto scuola” che il prossimo consiglio dei ministri, il 9 settembre, affronti il problema delle scuole italiane (non solo lombarde) che, senza una guida, rischiano il tracollo.