I DANNI POSTUMI DELLA GELMINI: CANCELLATA LA STORIA DELL’ARTE

di Tomaso Montanari

Nel Paese dei monumenti la materia sparisce dai programmi di molte scuole
   
Le colpe dei Padri ricadono sui figli, si sa. Così pagheremo per generazioni l’idea scellerata di affidare l’Istruzione (che una volta era) pubblica a un ministro come Mariastella Gelmini. Tra le eredità più pesanti di quel passaggio fatale si deve contare l’ulteriore estromissione della Storia dell’arte dalla formazione dei cittadini italiani del futuro.
Nonostante la raccolta di oltre 15 mila firme, nonostante l’appoggio esplicito del ministro per i Beni culturali Massimo Bray, nonostante la disponibilità di quasi 2500 precari prontissimi a insegnarla, la ministra Maria Chiara Carrozza non è per ora riuscita a rimediare al grave errore di chi l’ha, purtroppo, preceduta.
Fortemente ridotta negli Istituti tecnici, la Storia dell’arte è stata del tutto cancellata in quelli Professionali: dove è possibile diplomarsi in Moda, Grafica e Turismo senza sapere chi sono Giotto, Leonardo o Michelangelo. E nei Licei artistici non si studierà più né il restauro né la catalogazione del nostro patrimonio artistico. Inoltre si chiudono tutte le sperimentazioni che rafforzavano l’esigua presenza della Storia dell’arte negli altri licei (compresi i classici, da sempre scandalosamente a digiuno di figurativo). Numeri alla mano, più della metà dei nostri ragazzi crescerà in un radicale analfabetismo artistico.
Non si tratta di una svista, né di un caso. È stata invece una scelta consapevole, generata dal disprezzo per le scienze umanistiche in generale e da una visione profondamente distorta del ruolo del patrimonio storico artistico del Paese: che non si salverà finché gli italiani non torneranno prima a saperlo leggere. Insomma, oggi non riusciamo a trovare qualche diecina di milioni per insegnare la Storia dell’arte: domani ne dovremo spendere centinaia o migliaia per riparare ai danni prodotti dall’ignoranza generale che stiamo producendo.




Perché un italiano dovrebbe essere felice di mantenere, con le sue sudate tasse, un patrimonio culturale che sente lontano, inaccessibile, superfluo come il lusso dei ricchi? È una domanda cruciale, e se davvero si vuol cambiare lo stato presente delle cose, è da qua che bisogna partire. Per la maggior parte degli italiani di oggi, il patrimonio è come un’immensa biblioteca stampata in un alfabeto ormai sconosciuto. E non si può amare, e dunque voler salvare, ciò che non si comprende, ciò che non si sente proprio. Per non parlare della nostra classe dirigente: la più figurativamente analfabeta dell’emisfero occidentale.
Lo storico dell’arte francese André Chastel scrisse che al Louvre gli italiani si riconoscevano dal fatto che sapevano come guardare un quadro: e lo sapevano perché, a differenza dei francesi, lo studiavano a scuola. Ma proprio ora che i francesi provano ad adottare il nostro modello, noi lo gettiamo alle ortiche.
E se non ci pensa la scuola, è illusorio pensare che lo facciano altre agenzie (potenzialmente) educative. Nei media, nei programmi televisivi, nei libri per il grande pubblico non c’è posto per una Storia dell’arte che non sia il vaniloquio da ciarlatani sull’ennesima attribuzione farlocca, o sulle mostre di un eventificio commerciale che si rivolge a clienti lobotomizzati e non a cittadini in formazione permanente.
Educare al patrimonio vuol dire far viaggiare gli italiani alla scoperta del loro Paese, indurli a dialogare con le opere nei loro contesti, e non in quelle specie di tristi giardini zoologici a pagamento che sono quasi sempre le mostre. Renderli capaci di leggere il palinsesto straordinario di natura, arte e storia che i Padri hanno lasciato loro come il più prezioso dei doni. Perché non dirottare la gran parte dei soldi pubblici spesi per far mostre (in gran parte inutili, anzi dannose) in borse di viaggio attraverso l’Italia per studenti capaci e meritevoli, di ogni ordine e grado? Ma tutto questo non si può fare se manca quel minimo di alfabetizzazione che solo la scuola può dare. E che – paradossalmente – gli insegnanti eroici della scuola dell’infanzia e della scuola primaria offrono spesso molto bene, costituendo un patrimonio di conoscenze che viene poi totalmente dissipato alle superiori.
Nel 1941, nell’ora più nera della storia europea, il grande storico dell’arte Bernard Berenson seppe distillare pagine profondissime, e sconvolgentemente profetiche, sul destino della storia dell’arte. In quei mesi, egli intravide un mondo “retto da biologi ed economisti, come guardiani platonici, dai quali non verrebbe tollerata attività o vita alcuna che non collaborasse a un fine strettamente biologico ed economico”. Egli previde anche che “la fragilità della libertà e della cultura” avrebbe potuto aprire la strada a una società in cui ci sarebbe stato spazio per “ricreazione fisiologica sotto varie forme, ma di certo non per le arti umanistiche”. Meno di un secolo dopo ci stiamo arrivando: anche se la Gelmini, nemmeno un Berenson poteva prevederla.


http://giacomosalerno.com/2013/12/13/i-danni-postumi-della-gelmini-cancellata-la-storia-dellarte-tomaso-montanari/


Tomaso Montanari, Curriculum vitae.


Tomaso Montanari è professore associato confermato di ‘Storia dell’arte moderna’ (L-ART 02) presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell’Università degli studi di Napoli ‘Federico II’, sezione di 'Storia del patrimonio culturale'.

Nato a Firenze il 15 ottobre 1971, ha conseguito la maturità classica presso il Liceo ‘Dante’, a Firenze, nel 1989. Vinto il concorso d’accesso alla Scuola Normale Superiore di Pisa (1989), ha lì condotto i suoi studi sotto la guida di Paola Barocchi, fino al conseguimento del diploma interno (1994). Nel giugno del 1994 ha discusso presso l’Università degli Studi di Pisa (relatore Antonio Pinelli) una tesi dal titolo: “Le collezioni romane di Cristina di Svezia e del cardinal Decio Azzolino”, conseguendo, con lode, la laurea in Lettere moderne.
Nel settembre 1994 ha vinto il concorso per l’accesso al Corso triennale di perfezionamento in 'Storia della critica d’arte ' presso la Scuola Normale Superiore di Pisa.  Nel settembre 1998 ha discusso la tesi (dal titolo: “Alle origini della storiografia berniniana”), relatori Paola Barocchi, Francis Haskell e Jennifer Montagu, conseguendo, con lode, il diploma di perfezionamento (titolo legalmente equipollente al dottorato di ricerca) in 'Discipline storico-artistiche'. Nel 1999 è stato titolare prima di un assegno di ricerca, e poi di un posto quadriennale di ricercatore a contratto presso la Scuola Normale Superiore di Pisa. Dal novembre 2000 al dicembre 2004 è stato ricercatore di ruolo di Storia dell’arte moderna presso la Facoltà di Conservazione dei Beni Culturali dell’Università degli Studi della Tuscia di Viterbo, dove ha tenuto gli insegnamenti di “Storia dell’arte (Metodologia della ricerca storico-artistica)” e di “Storia della critica d’arte”. Nel 2003 è risultato idoneo nella procedura di valutazione comparativa per la copertura di un posto di professore associato bandita dalla Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Cagliari, settore L-ART/02, Storia dell’arte moderna. Dal 20 dicembre 2004 al 31 ottobre 2008 è stato professore associato presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Roma ‘Tor Vergata’.  Nel giugno del 2008 è stato confermato in ruolo, e nel novembre di quell'anno si è trasferito all'Università di Napoli.
 Si è sempre occupato della storia dell’arte romana del XVII secolo, cercando di rispondere alle domande poste dalle opere d’arte con tutti gli strumenti sviluppati nella storia della disciplina: dalla filologia attributiva alla ricerca documentaria, dalla critica delle fonti testuali all’analisi dei significati, ad una interpretazione storico-sociale. Ha pubblicato circa settanta saggi (in riviste scientifiche nazionali e internazionali), soprattutto intorno al mecenatismo e collezionismo di Cristina di Svezia e della sua cerchia; alla figura e all’opera di Giovan Pietro Bellori; alla figura e al pensiero di Sforza Pallavicino; al mecenatismo di Francesco Barberini, Alessandro VII e di Luigi XIV; alla pittura di  Diego Velázquez, Andrea Sacchi, Pietro da Cortona,  Giovan Battista Gaulli e Jacob Ferdinand Voet; alla scultura di Stefano Maderno, François Duquesnoy, Alessandro Algardi, Melchiorre Cafà, Giuseppe Mazzuoli, Jean Baptiste Théodon, Antonio Corradini; al pensiero critico di Francis Haskell. Al centro della sua ricerca e delle sue pubblicazioni degli ultimi anni è soprattutto l’arte di Gian Lorenzo Bernini, indagata da molteplici punti di vista. Conferenze, e partecipazione a convegni presso: le università di Firenze, Milano, Pisa, Siena, Roma ‘la Sapienza’, Siena per Stranieri, Politecnico di Torino, Trento, Messina, Genova; Istituto Superiore di Scienze Umane a Firenze; la Freie Universität di Berlino, la Tel Aviv Univeristy, il Metropolitan Museum di New York; l’Accademia Americana a Roma; l’Accademia di Francia a Roma; la Fondazione Cini a Venezia; la Casa de Velázquez a Madrid; la Bibliotheca Hertziana a Roma; l’Accademia Nazionale dei Lincei a Roma; Istituto Storico del Belgio a Roma; Istituto d’Olanda a Roma; la Scuola Normale Superiore di Pisa; la Fondazione Piero della Francesca di Borgo San Sepolcro; la sede fiorentina della Johns Hopkins University di Baltimora; il Collegio Alberoni di Piacenza; l’Accademia di Spagna a Roma; l’Accademia di Scienze, Lettere ed Arti di Modena; il Centro Studi Vitruviani di Fano; gli Amici dei Musei di Roma; il Circolo della Caccia a Roma; la Società Dante Alighieri a Roma; il Museo di Castelvecchio a Verona; e presso l’Istituto Italiano di Cultura di Helsinki. È stato membro del comitato scientifico della mostra: L’Idea del Bello. Viaggio per Roma nel Seicento con Giovan Pietro Bellori, Roma, Palazzo delle Esposizioni, 2000; ha ideato e curato la prima mostra dedicata a “Bernini pittore” (Roma, Palazzo Barberini, 2007 - 2008), e ha curato la mostra su I marmi vivi. Bernini e la nascita del ritratto barocco, (Firenze, Museo Nazionale del Bargello, 2009). È membro del Cassiano Dal Pozzo Catalogue Committee (Windsor Castle). È stato membro del comitato internazionale di redazione di “Studiolo” e di “Perspective, la revue de l’INHA”, ed è membro dell’International Advisroy Board di “Konsthistorisk Tidskrift. Journal of Art History”.
Dal 2005 al 2011 è stato membro del Consiglio direttivo della Consulta Universitaria di Storia dell’Arte, come rappresentante degli associati del settore scientifico disciplinare L-ART/02. Ha guidato un’unità di ricerca locale afferente a due Progetti di Ricerca di rilevante Interesse Nazionale che hanno ottenuto il finanziamento (nel 2005 e nel 2007). Nel novembre del 2012 ha ricevuto il Premio Giorgio Bassani, riconoscimento destinato ogni due anni da Italia Nostra a chi si sia distinto per i propri scritti, o per interventi nel settore della comunicazione, a favore della tutela del patrimonio storico, artistico, naturale, paesaggistico del nostro Paese. Nel febbraio 2013 ha ricevuto dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano l'onorificenza di Commendatore dell'Ordine al Merito della Repubblica «per il suo impegno a difesa del nostro patrimonio» Nell'agosto del 2013 è stato nominato dal ministro Massimo Bray nella Commissione per la riforma del Ministero per i Beni Culturali. a recentemente pubblicato un saggio sullo stato della storia dell’arte in Italia, dal titolo “A cosa serve Michelangelo?” (Einaudi 2011), uno relativo al dilagare dei falsi scoop storico-artistici (“La madre dei Caravaggio è sempre incinta”, Skira 2012), uno sulla funzione civile del patrimonio artistico ("Le pietre e il popolo", minimum fax 2013). Il libro "Costituzione incompiuta. Arte, paesaggio, ambiente" (da lui curato, e scritto insieme a Alice Leone, Paolo Maddalena, Salvatore Settis; Einaudi 2013) ha vinto il Premio Internazionale Capalbio per la Saggistica 2013.
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