Concorso a DS in Lombardia: non tutti sono “fiduciosi circa i giusti esiti”.

Riceviamo e pubblichiamo un contributo inviatoci da un docente candidato ( ex ricorrente ) al concorso per Dirigente scolastico che si sta svolgendo in Lombardia. Il post inviato è una risposta all'articolo pubblicato su Orizzontescuola ( http://www.orizzontescuola.it/news/concorso-dirigenti-scolastici-lombardia-settimana-conclusione-correzione-elaborati-tempi-celeri ):


Con il 6 dicembre arriva a conclusione la correzione di tutti gli elaborati del concorso a Dirigente Scolastico della regione Lombardia. Con molta probabilità nella prossima settimana usciranno i risultati e si capirà se partiranno nuove contestazioni, denunce, ricorsi e quanti candidati, risultati idonei nel precedente concorso, saranno riconfermati nella nuova edizione. Alcune osservazioni, però, sono possibili sin d’ora. Aldilà delle buste trasparenti e del collegio perfetto, le correzioni precedenti una caratteristica l’avevano evidenziata. Uno dei commissari, il giorno degli scritti, l’aveva detto a un gruppo di candidati: “A noi non interessa valutare le vostre competenze. Quelle si acquisiscono sul campo. A noi interessa capire come siete, come immaginate la scuola. Scrivete il vostro sogno”. Sembrava una scelta programmatica: non valutiamo le competenze, che si possono acquisire con l’esperienza, ma cerchiamo di capire il vostro sguardo sulla persona, le vostre capacità personali. Le competenze si possono costruire con l’impegno quotidiano, mentre le capacità sono innate, non si improvvisano. Mutuando il linguaggio di Aristotele, si potrebbe dire che la correzione si soffermò più sulla “potenza” dei candidati che non sugli “atti”.
Questo suscitò l’incredulità di molti, il 17 aprile 2012, quando videro che alcuni candidati blasonati, molto noti poiché operavano sul fronte della formazione professionale, erano stati bloccati; quando lessero che personaggi di spicco delle associazioni professionali erano stati fermati; quando scoprirono che vicari preparati ed esperti erano stati respinti. Costoro si erano preoccupati di esporre il loro bagaglio professionale e culturale per intero. Avevano sfoggiato il repertorio migliore delle loro conoscenze pedagogiche e normative ed erano stati fermati con voti bassissimi. Certi altri, meno competenti, avevano indicato l’approdo finale della loro evoluzione professionale, la “potenza”, ed erano stati premiati. Questa impostazione pareva confermata anche dalla griglia di valutazione che premiava la creatività e l’originalità.
E scoppiò la rivolta. Prima ci furono valanghe di accessi agli atti e poi i ricorsi. Ora ci si chiede: la nuova commissione manterrà lo stesso approccio valutativo o molto più semplicemente valuterà le “competenze” che emergono dagli elaborati? La conoscenza delle norme sarà un punto di merito oppure farà trasparire il disinteresse per la persona? Le griglie che la nuova commissione ha approvato sono diverse da quelle precedenti. Molto diverse. Sembrano più scientifiche e razionali: tanti punti per la capacità espressiva e tanti per l’aderenza al testo. Potrebbe essere un cambio valutativo che aprirebbe scenari inediti e causerebbe imprevedibili rovesciamenti di fronte. Con tanti candidati che non ce l’avevano fatto al primo giro e che ora rientrano in pista. E viceversa.





Inoltre le nostre conoscenze disciplinari, l’epistemologia scientifica ci dice che la valutazione di uno stesso elaborato è molto diversa se effettuata da valutatori diversi, anche in presenza di griglie identiche. Persino nelle discipline scientifiche la valutazione di uno stesso elaborato dà risultati distanti se la valutazione è data da insegnanti diversi. La cosa è ancora più accentuata nelle discipline umanistiche dove la risposta a una domanda aperta può apparire centrata, approfondita, pertinente a un valutatore e inappropriata, superficiale, inadeguata a un altro. E qui le prove sono davvero aperte, troppo aperte per essere segnate da un determinismo valutativo. Diceva Popper che la valutazione è oggettiva solo laddove è basso il contenuto informativo, mentre l’incertezza è massima “quando i quesiti posti richiedono conoscenze più ampie e articolate”.
Tutto farebbe pensare che la commissione, che con grande celerità ha corretto gli elaborati, ci darà nominativi nuovi. Non potrebbe essere diversamente.
Eppure in questi giorni circola tra i candidati un comunicato della portavoce degli ex-idonei che ha suscitato sconcerto in molti. Prima ancora della conclusione delle operazioni di correzione la portavoce ringrazia molte persone, che si sono spese per il concorso, dall’assessore regionale Valentina Aprea al direttore generale dell’USR, il dott. Francesco De Sanctis. Un ringraziamento precoce dentro un comunicato dai toni trionfalistici che si conclude con la stentorea dichiarazione della portavoce degli idonei: sono “fiduciosa circa i giusti esiti”. E’ curioso sentire tali apprezzamenti per una amministrazione cui gli idonei potrebbero, la prossima settimana, chiedere i danni.
Con una commissione totalmente rinnovata e con griglie valutative stravolte appare difficile essere fiduciosi circa gli esiti finali. Se, come dice Anna Arcari, “la valutazione è prima di tutto come un’attività ermeneutica, di interpretazione” come si può immaginare che essa si traduca in un deterministico processo di ri-registrazione di voti già dati? Su quale impianto epistemologico può fondarsi tale assunto? Tutta questa sicumera appare imbarazzante per l’amministrazione che gestisce il concorso e che si muove nel solco dell’imparzialità che le impone il dettato costituzione secondo le leggi civili, amministrative e penali dei nostri ordinamenti. Essa si muove lungo un crinale strettissimo dove l’imparzialità dell’amministrazione potrebbe condurla in rotta di collisione con i suoi stessi interessi compromessi da una massiva richiesta di danni degli ex-idonei. Si manifesta una situazione complessa: essere imparziali e sperare che il procedimento in atto confermi i risultati precedenti. Un sentiero stretto, impervio che deve essere percorso senza perderci la faccia e complicato da facili ottimismi. Quando i padri costituenti parlavano di imparzialità della pubblica amministrazione ci credevano davvero, non scherzavano.