Le superiori di quattro anni: quello che non ci dicono

Roberto Tacchino


Diciamo subito che la sperimentazione sulla riduzione di un anno della scuola secondaria di secondo grado non ci convince. Le motivazioni addotte dal ministero appaiono vaghe e superficiali, non sono il risultato di uno studio approfondito e articolato. Il quinto anno della scuola superiore ha sempre avuto un valore didattico e formativo incontestabile. La scuola superiore suddivisa in biennio e triennio ha un senso compiuto e ampiamente avvalorato dai fatti. Il quinto anno non rappresenta solo un percorso di studio e di arricchimento del proprio bagaglio culturale: l'esame di maturità, affrontato dagli allievi tra il diciottesimo e il diciannovesimo anno di età, non è unicamente un evento procedurale. Rappresenta un salto generazionale, è un passaggio obbligato alla maggiore età, l'anticamera dell'impegno e dell'assunzione di responsabilità tipiche dell'età adulta. Con l'esame di maturità, superato in questa particolare età, si stabilisce il passaggio dall'adolescenza all'età adulta. Ma non si tratta comunque solo di un processo umano e , diremmo, antropologico: l'iter degli studi da compiere prima di affrontare l'impegno universitario o lavorativo si può considerare concluso solo in presenza di una scuola superiore che contempli tutti e cinque gli anni. La scuola italiana è stata per decenni considerata un modello da imitare anche per questo motivo, perchè così era strutturata.




Abbreviare il persorso formativo in soli quattro anni significa interrompere un processo in divenire, rendere monco un percorso culturale ed educativo virtuoso e mai inutile. Il ministero, con le sue motivazioni deboli e incosistenti non ha convinto nessuno. Quando in Italia si modifica qualcosa di consolidato lo si fa per un unico motivo: quello economico. Tutte le belle parole spese dai "consulenti" del MIUR per suffragare una tesi che appare difficilmente sostenibile, servono solo a nascondere la motivazione ultima di tanto zelo educativo, sempre "in nome dei vantaggi che ne deriverebbero per gli alunni": tagliare le spese di personale docente e non docente. Una simile operazione consentirebbe al MIUR un notevole risparmio di spesa: tagliare un anno scolastico intero significa modificare gli organici e calcolarli sulla base di quattro anni in luogo di cinque. Questo è l'esempio migliore di un perfetto taglio lineare. Si riducono le cattedre, i posti di lavoro per docenti in ruolo e precari, si riduce il numero degli alunni iscritti e quindi l'organico del personale ATA che a quel numero, secondo un criterio antidiluviano, è correlato. Qualcuno dirà che si tratta di un pensiero malizioso, prevenuto, frutto di un pregiudizio: può darsi, ma come diceva un famoso politico recentemente scomparso, a pensare male si fa peccato, ma molto spesso ci si azzecca.

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