QUALE FUTURO PER I LICEI?

Tavola Rotonda promossa dal Centro Pannunzio di Torino in collaborazione con USR Piemonte , Sala Sergio Pininfarina Torino 02.02.2015

Moderata dal Dirigente Tecnico Sergio Blazina, che ha raccordato con incisiva efficienza i diversi interventi, la Tavola Rotonda ha offerto plurimi ed interessanti punti di vista sulla situazione attuale dei Licei italiani (“riordinati” con DPR 89/2010) e su alcune ipotesi di loro innovazione. Il primo intervento, del Prof. Sergio Roda, Ordinario di Storia Romana all’Università di Torino, ha focalizzato alcuni aspetti essenziali: anzitutto, l’eccellenza di tale indirizzo di studi (spesso offuscata – almeno questo è il parere di chi scrive – da statistiche generalistiche che fanno “di ogni erba un fascio”, assommando senza alcun discernimento dati ed esiti di Licei, Istituti Tecnici e Istituti Professionali), comprovata dall’ottima riuscita dei liceali in tutti i percorsi universitari e, ancor più, dal significativo apprezzamento che ottengono all’estero, a ragione della loro flessibilità cognitiva (en passant, Roda ricorda che il sistema scolastico italiano letteralmente “regala” cervelli e carriere nostrane ad altri Paesi: in soldoni, per formare uno studente in tutto il ciclo d’istruzione la spesa è di circa 600.000 euro!!). La specificità dei Licei consiste proprio nella costruzione del pensiero logico e del pensiero critico, risorse che risultano essere un “possesso per sempre”, assolutamente preziose nella “fluida” realtà professionale ed economica nella quale siamo immersi. Last but not least, i Licei hanno dato e continueranno a dare un contributo essenziale, imprescindibile per la formazione della coscienza critica e per l’acquisizione di una consapevolezza autenticamente democratica (“trincea della democrazia”, ha definito Luciano Canfora il Classico nel corso del “Processo al Liceo Classico”, svoltosi al Teatro Carignano il 14 novembre 2014). Emanuela Ainardi, Dirigente Scolastica del Liceo Classico “Cavour” di Torino, ha rimarcato con vigore la necessità di coniugare tradizione con innovazione, in particolare per quanto concerne proprio l’indirizzo classico: sì, quindi, al potenziamento dell’inglese e in genere dello studio delle lingue straniere, all’utilizzo delle nuove tecnologie informatiche che modificano sostanzialmente e strutturalmente anche le dinamiche dall’apprendimento (da una logica sequenziale ad una spaziale, per mappe concettuali). Il fine da perseguire, però, resta quello indicato da Edgar Morin: “una testa ben fatta”, e non una testa ben piena! Anche per questo è importante mantenere l’esercizio di traduzione: lo sforzo per comprendere la complessità morfosintattica delle lingue classiche addestra ad immedesimarmi in altre logiche, ad acquisire quell’indispensabile duttilità che è il vero presupposto per l’accettazione e la comprensione dell’altro – oltre a costituire, aggiungo io, un formidabile esercizio scientifico dal punto di vista metodologico, per il procedere per ipotesi e verifiche, come ha osservato Dario Antiseri. E, ancora, caratteristica dell’apprendimento liceale è  e dovrà sempre più essere  l’abituare a lavorare in équipe, creare un sereno ambiente relazionale che favorisca il cooperative learning, altra dote importante per poter poi svolgere proficuamente e significativamente le future professioni, nell’ottica di quell’apprendimento permanente (Life Long Learning) che è ormai la vera norma del nostro tempo. L’Ing. Miriam Pescatore, Dirigente Scolastica del Liceo Scientifico “Bruno” di Torino, ha parlato con vivace trasporto della propria personale esperienza: brillante studentessa del Liceo Classico, all’Università si cimentò in Ingegneria, conseguendo anche lì eccellenti risultati e riplasmando poi la propria carriera sino a divenire ciò che è attualmente. Prova evidente, quindi, della validità anche professionalizzante di una scuola e di un indirizzo che punta sulla formazione di una metodologia di studio spendibile a larghissimo raggio, che mette in condizione di “imparare ad imparare” più che a fornire nozioni, oggi per altro ricavabili con minimo sforzo dal PC (anzi, proprio questo sarebbe un ulteriore punto da sviluppare ed approfondire magari in prossimi convegni: come la scuola possa difendere dall’ information overloading, dal sovraccarico cognitivo, fornendo precisi criteri assiologici).  Ed è importante anche rimarcare l’unitarietà del sapere e della cultura, il superamento di quella schizofrenica dicotomia tra “umanesimo” e “scienza” che tanti danni ha arrecato al sistema di formazione superiore: per questo è giusto oggi parlare di Licei al plurale e riflettere anche sulla necessità di personalizzare davvero i curricula, permettendo allo studente ad un certo punto del suo percorso scolastico di scegliere qualche materia da potenziare (come avviene in altri sistemi scolastici europei e come è auspicato oggi da più esponenti politici, fautori di un “Curriculum dello studente” che dovrebbe nascere forse già sin da settembre 2015).
Infine, la Prof.ssa Giovanna Morone, Docente di Storia e Filosofia al Liceo “Cocito” di Alba, ha ripercorso con efficace sintesi la storia dell’insegnamento della materia “più inutile” per definizione, la filosofia, negli ultimi centocinquant’anni, da prima a dopo Gentile: dal procedere diacronicamente (storia della filosofia) al proporre problemi e macro-contenitori (logica; etica; estetica); da disciplina relegata in pochi ordini di scuola a materia proposta ovunque, persino ai bambini!  Attraverso il restringersi e il dilatarsi del suo spazio didattico si possono leggere i mutamenti, le trasformazioni dei convincimenti ideologici sulla didattica.  Insegnare ciò che serve, che è immediatamente fruibile o insegnare ciò che privilegia l’astrazione? Insegnare a fare o ad essere? Privilegiare l’apprendimento o l’addestramento? Quesiti di fondo, per nulla nuovi (dibattuti dalla Sofistica del V sec. a. C. a Rousseau, da Skinner a Bruner, ecc…) sui quali a ben vedere si gioca il vero futuro dei nostri Licei. Chi scrive è intervenuto per segnalare quelli che sono i peggiori rischi per il mantenimento dell’identità liceale.  Il proliferare dei test sta determinando una perniciosa trasformazione della didattica, il teaching to the test resuscita quel nozionismo fine a se stesso che si credeva definitivamente superato solo qualche anno fa! Varrebbe la pena di leggere e meditare quanto hanno recentemente affermato in merito illustri studiosi statunitensi, da Diane Ravitch (parlando delle scuole di New York, i cui studenti sono i meno alfabetizzati degli USA: il sistema dei test ha fallito. I programmi diversificati hanno prodotto disparità di preparazione. E il persistere di diseguaglianze sociali ed economiche ha fatto il resto. Il risultato è un paradosso: l’aumento parallelo del numero dei laureato e degli abbandoni scolastici) a David Lohman (invece che promuovere la meritocrazia questi test la ritardano).  E, ancora, la repentina trasformazione della valutazione: da formativa (con tutto un corredo di aggettivi quali: incoraggiante, premiante, ecc…) a meramente sommativa; dal primato dei giudizi alla tirannia dei voti numerici (basti pensare a come è profondamente mutato a questo riguardo l’Esame di Stato), dall’eccesso all’eliminazione di ogni discrezionalità. Oggi, molto più di una volta, si studia per il voto!  Infine, il dovere di riflettere se si voglia istruire o educare, produrre degli esecutori di compiti o contribuire a formare dei caratteri intraprendenti. E’ parere di chi scrive che dal 2008 in poi si sia intrapresa una strada molto pericolosa, che non ha comportato solo un’oggettiva riduzione del tempo-scuola, ma che ha letteralmente “disorientato” moltissimi docenti, non solo liceali. E’ quanto mai urgente un profondo ripensamento su quale dev’essere la paideia di questo nostro tempo, una volta constatato il fallimento della panacea (?!) delle tre “I”.  Anche il Preside Ramella ha espresso col suo intervento la forte preoccupazione di chi ha assistito alla trasformazione della scuola in qualcosa di profondamente diverso da una comunità di apprendimento: si sono scatenate dinamiche competitive, ci si impegna in modo sempre più calcolato e meno disinteressato, il piacere dello studio è oggi cosa del tutto obsoleta. Importante  la sua citazione di John Dewey, convinto assertore del pensiero riflessivo, dell’educazione progressiva e, soprattutto, dell’inscindibile nesso tra democrazia ed educazione. È speranza di chi scrive che l’entusiasmo generato dal diffuso dibattito su “La buona scuola” si traduca in tempi abbastanza rapidi in una diversa presa di coscienza di tutti i problemi relativi all’istruzione pubblica, smettendola una buona volta di considerarla “spesa” e tornando a ritenerla quella che essa davvero è:  “investimento” per un futuro di cui si dovrebbe insegnare ai giovani a non paura! Un’ultima considerazione. Proprio in questi giorni è stato consegnato a Martha Nussbaum il Premio Nonino. Due sue opere in particolare possono fornire spunti di riflessione importanti al nostro discorso: Coltivare l’umanità (1997, trad.it. 2006, con l’eloquente sottotitolo: I classici, il multiculturalismo, l’educazione contemporanea) e Non per profitto. Perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica (2010, trad.it. 2013).  In tale occasione l’attuale Ministro Stefania Giannini si è espressa in termini che fanno ben sperare per il futuro dei licei, insistendo sull’unitarietà del sapere e sulla propedeuticità della formazione teorica (l’episteme platonica) rispetto all’applicazione pratica (la techne).  E’ esattamente questo, ieri come oggi e come domani, il senso d’essere della formazione liceale.       


Stefano Casarino
Presidente Delegazione di Cuneo A.I.C.C.
Associazione Italiana Cultura Classica