Gli insegnanti immessi in ruolo con la Buona scuola sono a rischio licenziamento ?


Anche i dipendenti pubblici devono sottostare al Jobs Act varato dal Governo Renzi e sono soggetti alle regole del licenziamento. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza dello scorso 7 marzo, parificando i lavoratori del settore pubblico a quelli del privato. La licenziabilità dei lavoratori del pubblico impiego è applicabile. La sentenza parla solo della riforma dell’articolo 18 introdotta dalla legge Fornero, ma il discorso vale anche per il Jobs act.  Infatti,  come conferma in un articolo pubblicato su Il Fatto Quotidiano Umberto Romagnoli ( professore emerito di diritto del lavoro all’Università di Bologna ), nella riforma manca un’esclusione esplicita dei lavoratori pubblici dalla nuova disciplina dei licenziamenti. E nel silenzio della legge, l’abolizione dell’articolo 18 si applica anche agli statali. Insomma, tutti i dipendenti pubblici assunti dopo il 7 marzo 2015 possono essere licenziati senza possibilità di reintegrazione. Pertanto, i dipendenti assunti a partire dalla sentenza della Cassazione dello scorso 7 marzo, possono essere licenziati senza giusta causa, per motivazioni economiche e senza che insorga l’obbligo del reintegro. E, come tutti i dipendenti privati assunti con il Jobs Act, perderanno il posto di lavoro compensato da un risarcimento. La norma, pertanto, è applicabile anche a tutti i docenti che sono stati immessi in ruolo dopo il 7 marzo: dunque, anche i circa 71 mila insegnanti immessi in ruolo con la Buona scuola.  Contro questi ragionamenti ci sono argomentazioni espresse dal Premier Renzi, e dai Ministri Madia e Poletti che affermano di chiarire nel testo unico sul pubblico impiego  anche questo aspetto ( distinzione tra lavoratori del settore pubblico a quelli del privato ) in modo esplicito

 

Aldo Domenico Ficara