Il licenziamento dell’insegnante per motivi disciplinari

Gli insegnanti, dal punto di vista disciplinare, sono soggetti sia alla normativa generale in tema di pubblico impiego (modificata dal cd. decreto Brunetta), sia alla legislazione speciale prevista dal più risalente Testo Unico in materia di istruzione. In particolare, le cause che possono condurre alla “destituzione” del docente consistono in: condotte che si traducono in una grave violazione degli obblighi propri del ruolo ricoperto; azioni intenzionali che abbiano arrecato forte danno all’istituto scolastico, alla p.a., agli studenti e alle loro famiglie; utilizzo non consentito (o finalizzato a scopi diversi da quelli previsti) di beni appartenenti all’istituto o di denaro amministrato o custodito, ovvero partecipazione o tolleranza rispetto alla stessa condotta tenuta da soggetti su cui si esercitano poteri di controllo; importanti violazioni (o partecipazione alle stesse) di comandi, connesse allo svolgimento del servizio; domanda o riscossione di denaro o altre utilità in occasione di attività espletate a causa della funzione svolta; importante abuso del ruolo ricoperto. La normativa generale, poi, elenca i casi in cui deve procedersi al licenziamento disciplinare del dipendente pubblico. Nella specie, si distinguono ipotesi di:
·        licenziamento con preavviso: assenza non adeguatamente motivata per più di tre giorni nel corso di due anni o per più di sette nell’arco di un decennio, oppure mancato rientro entro il termine imposto dall’amministrazione; rifiuto di trasferimento ordinato per giustificate necessità di servizio;
·        licenziamento senza preavviso per chi: attesta falsamente la propria presenza a lavoro (mediante firma sul registro di classe); dichiara o documenta il falso, in sede di autocertificazione, al momento dell’instaurazione del rapporto di lavoro oppure ai fini della progressione di carriera; si rende ripetutamente protagonista di gravi azioni violente, aggressive, minacciose, ingiuriose o che comunque arrecano danno all’onore e alla dignità di altri soggetti; viene condannato in sede penale e, per l’effetto, subisce l’interdizione perpetua dai pubblici uffici o la cessazione del rapporto di lavoro.