La 107/15 ha il difetto di complicare la vita delle scuole senza risolverne i problemi strutturali. Parole di Walter Tocci

«In natura ci sono due comunità operose: le formiche che curano la vita in comune e le api che scrutano nuovi paesaggi. Ecco una sorta di manuale per i riformatori dell’istituzione scolastica: formicai accoglienti per le domande dei giovani, per i migranti, per gli adulti che tornano a studiare. E favi sapienti, alimentati dalla curiosità per il nuovo mondo e dalla creatività della didattica. Sono questi i mondi vitali che salvano l’educazione dalle ossessioni normative. Così sono maturate le buone opere e i giorni migliori della scuola italiana. per editto è venuto ben poco».
La «Buona scuola» è una riforma mancata, ma una riforma mancata non è affatto innocua. Essa delude per la scarsità di proposte davvero innovative e va ad alimentare la sfiducia per gli insuccessi di tutte le leggi approvate nell’ultimo ventennio. Ha il difetto di complicare la vita delle scuole senza risolverne i problemi strutturali: la diseguaglianza nell’accesso e nell’esito dell’istruzione, soprattutto nel Mezzogiorno; la struttura dei cicli vecchia e ridondante, che costringe i giovani a rimanere a scuola un anno in più, perdendo nelle superiori i buoni risultati raggiunti dalle elementari; la regressione degli apprendimenti negli adulti che colloca l’Italia agli ultimi posti, altro che «superpotenza» culturale. Ci si poteva attendere una risposta coraggiosa a tali questioni da una classe politica giovane che ha mostrato una volontà di cambiamento. Invece, si è scelto di procedere lungo la strada già tracciata dai governi precedenti. All’enfasi comunicativa sulle riforme epocali sono seguite sempre alluvioni normative che hanno ostacolato le migliori esperienze didattiche. Nei venti anni di tentativi si sono sedimentati luoghi comuni e vincoli ideologici che hanno frenato fino a oggi una vera azione riformatrice. Se ne discute in queste pagine suggerendo una via d’uscita difficile e ancora incerta, ma alla ricerca di un diverso discorso di riforma, che coinvolga le energie e le intelligenze migliori di cui il nostro sistema dell’istruzione dispone. una spinta creativa che ha sempre portato frutti, mentre la decisione tranciante dall’alto ha finora portato ben poco. La domanda di fondo è come mettere in grado il sistema educativo di assolvere nell’Italia di oggi ai compiti repubblicani: rimuovere le diseguaglianze, rielaborare la didattica di fronte alle sfide del nuovo mondo, accordare il tempo della scuola e il tempo della vita, ripensare la scuola come istituzione.