I docenti assunti in ruolo ante il 2014-2015, danneggiati dagli effetti conseguenti l’applicazione della L. 107/2015, fanno appello affinché si prenda atto di quanto segue e si provveda a porre i dovuti correttivi alla suddetta Legge, rea di aver tolto loro diritti acquisiti e dignità professionale.
• Richiesta
di annullamento effetti (penalizzanti) applicazione retroattiva
L. 107/2015 tra cui:
- Perdita
cattedra e messa a disposizione
- Passaggio
da scuola ad ambito
- Chiamata
diretta
e ripristino dei diritti precedentemente acquisiti.
Chi scrive lo fa a nome di un
consistente numero di docenti che intendono portare all’attenzione della
Ministra Fedeli uno dei tanti effetti collaterali della L. 107/2015, detta “La
Buona Scuola”, che si sono abbattuti in modo particolare sui docenti assunti
ante 2014-2015.
Effetti che si pongono in forte e
stridente contrasto, diremmo meglio opposizione, con uno dei punti di forza
della propaganda sulla legge della Buona Scuola ovvero la valorizzazione degli
insegnanti.
Vorremmo ricordare in premessa che nella
fattispecie dei docenti assunti ante 2014-2015 ve ne rientrano davvero un gran
numero: basti conteggiare a ritroso, fino ad arrivare a 35-40 anni indietro il
2014-015, e si troveranno docenti ormai alle soglie della pensione fino a
coloro che hanno da 3 o 4 anni di immissione in ruolo. In mezzo, e sono i più,
ci sono quelli che hanno tra i 20 e i 30 anni di insegnamento, sempre in ruolo.
In questo sommario conteggio, non stiamo computando gli anni di pre-ruolo.
In molti hanno affrontato e superato più
di un concorso. Altrettanti docenti sono plurilaureati, pluriabilitati, hanno
conseguito master, specializzazioni, dottorati. Altri, un poco più giovani,
hanno affrontato il percorso delle SSIS, dei TFA, dei PAS. Quelli più
“anziani”, per esperienza, per studio interno al mondo scuola e con la passione
dei ricercatori, sono stati il loro Supervisori, tutor, mentori.
I docenti ante 2014-2015 hanno affinato
le proprie conoscenze e competenze, hanno patito distanze chilometriche dalle
famiglie, sobbarcando il proprio stipendio, affatto adeguato al lavoro
richiesto (oggi, senza dubbio, meno di ieri) dei costi imposti da tali
distanze. Per la professione dell’insegnante non è contemplata alcuna diaria né
in relazione alle distanze da percorrere né per le frequenti permanenze
pomeridiane nella scuola. È sotto gli occhi di tutti, tra le tante difficoltà,
anche il continuo carosello di docenti tra neoassunti e vecchi docenti di ruolo
in mobilità in cerca di sede più prossima a casa dopo anni di girovagare.
La maggior parte degli insegnanti con le
caratteristiche descritte che hanno fatto domanda di mobilità all’indomani del
varo della L. 107, condizionata o volontaria che fosse, è incappata in una di
quelle micidiali mostruosità dalla quale pare non ci sia verso di venire fuori.
Anche perché nel caos che altre grosse falle determinate dalla Buona Scuola,
quanto stanno subendo i suddetti insegnanti pare non interessi a nessuno.
Non ai sindacati, con particolare
riguardo ai confederali, rei di corresponsabilità e dell’ostinazione a creare
una maldestra quanto opportunistica confusione nei malcapitati e nell’opinione
pubblica che, in realtà, poco comprende la realtà di quello che sta accadendo.
Non ai media: ci vuole troppo a spiegare
loro il meccanismo diabolico insito in tale macina. Bisognerebbe che ci fosse
interesse a sollevare nell’opinione pubblica la consapevolezza dell’impatto,
tutt’altro che positivo, procurato da queste disfunzioni sui bambini, sui
giovani e sulla società intera e farsi portavoce di un’alleanza, tra scuola e
famiglie, che in troppi, al di là dei discorsi di circostanza, hanno interesse
a che resti un mero obiettivo di facciata.
Né ai precari, ai colleghi delle GAE,
della fascia C e a quelli assunti con potenziamento.
Si è lavorato di fino per creare – tra
ciascuna di tutte queste ed altre fattispecie rispetto alle altre – profonda
diffidenza e conflitto.
E’ geniale il colpo di grazia che è
stato inferto ad una categoria già così frammentaria con il divide et impera
sparato nella scuola prima che ci si potesse capire qualcosa.
In fondo, noi “più vecchi” di cosa ci
lamentiamo? Noi “stiamo dentro”!
Qual è il punto, dunque? Lo indichiamo
partendo da uno degli effetti più kafkiani che la L. 107 ha prodotto ai loro
danni: i docenti che hanno ottenuto il trasferimento, dopo tanti, tantissimi
anni, di lavoro, studio, preparazione eccetera eccetera…, si ritrovano di colpo
a fare i tappabuchi o ad essere parcheggiati nelle sale professori. Nessuna
delle loro competenze sembra interessare o essere utile. Non hanno più una
cattedra e sono soggetti più agli umori che alla professionalità e al buon
senso dei DS e dei loro staff. Altri non
riescono ad ottenere il trasferimento perché superati da neoimmessi in ruolo
che ottengono, in molti, troppi, casi, la cattedra migliore.
E, quando, fortunati, si è avuto il
trasferimento, proprio i “vecchi” docenti di ruolo, quelli che hanno
maggiormente sofferto anni di gavetta, sono stati assegnati ad un ambito
territoriale esteso anche su un centinaio di chilometri col rischio di trovarsi
a fare da tappabuchi (supplenze brevi) anche su due o più scuole distanti 50
km, dopo svariati anni di anzianità di servizio.
Che dire, poi, del famigerato “bonus” di
merito, vero pomello della discordia, per il quale occorre buttarsi a capofitto
nel meccanismo perverso del progettificio della Scuola-Azienda in attività
“altre”, apparentemente e prevalentemente di carattere progettuale, rispetto a
quelle a valenza squisitamente didattica? Questo sì che “valorizza” i docenti e
le loro esperienze d’insegnamento/apprendimento ma, soprattutto, esalta il
lavoro di squadra ed il significato di scuola come comunità educante!?
Da parte di quanti sindacalisti
(dubitiamo che il termine sia per loro ancora appropriato) di cui sopra, in
primis – lo ripetiamo – i confederali, ci siamo sentiti rispondere in questi
due anni: “Voi non avete più una cattedra, avete un posto”. Ah sì? Ma i
sindacati non difendevano i diritti dei lavoratori? Perché il nefasto connubio
tra la legge 107 e le ordinanze di mobilità, a partire da quella del 2016, ha
avuto effetto retroattivo? Perché, per effetto di tutto ciò, è stata tolta la
cattedra a quanti, ad esempio, sono stati assunti per effetto della vincita di
un pubblico concorso “a cattedre”, indetto dallo Stato, e non un “concorso a
posto”, nonché a coloro ai quali è stato, comunque, proposto un contratto a
tempo indeterminato su cattedra?
Un pasticcio, un guazzabuglio difficile
anche da illustrare per far comprendere i termini della questione, ma che si
traduce in un effetto tanto semplice quanto assurdo: chi aveva la cattedra l’ha
perduta di colpo e fa il tappabuchi; ha perduto continuità, incarichi, dignità
professionale. È divenuto di colpo un precario di ritorno che si vede passare
davanti schiere di docenti con molti meno anni di anzianità, preparazione,
competenza e vita vissuta sul campo, senza che possa fare nulla. Peggio ancora,
poi, se si pensi alla “chiamata diretta” per la proposta d’un incarico
triennale proposto dal Dirigente Scolastico.
A questo risultato s’è arrivati
attraverso un ibrido che ha assunto sembianze mostruose perché non
opportunamente pensato per la salvaguardia degli effetti generati dalle sue
numerose variabili e per la salvaguardia di quanti alla scuola e alla società
hanno dato e danno ancora molto.
Si tratta della delicata gestione
dell’organico dell’autonomia, che prevede che ciascun docente sia su cattedra e
su potenziamento, nel quale confluiscono tutti i docenti (ma questo fa comodo a
parecchi non capirlo), unita alla mano libera lasciata ai Dirigenti Scolastici.
In realtà, è accaduto che molti docenti che hanno ottenuto il trasferimento (si
badi bene: coloro che hanno prodotto domanda condizionata è perché, per gli
effetti della Riforma Gelmini, avevano perso posto dopo 20-30 anni e si erano
ritrovati fino anche a 70-80 km da casa) si sono ritrovati in scuole in cui la
loro cattedra – di fatto – non c’era. Definiti, impropriamente, docenti di
“potenziamento”, sono stati utilizzati come tappabuchi e lo saranno ancora.
Si ribadisce: docenti che la cattedra ce
l’avevano. Una domanda di mobilità le cui trappole sono state rese oscure ad
arte (impossibile capire che dove si andava a finire non ci sarebbe stata
alcuna cattedra) e mischiate, tra l’altro, con un piano di assunzioni selvaggio
che, cioè, non ha tenuto debitamente conto delle operazioni di mobilità.
Molti dei docenti incappati in tale
situazione insegnano storia dell’arte, educazione musicale, strumento, disegno,
ecc.., tutte materie che la 107 afferma di voler potenziare. Di fatto, una gran
moltitudine di insegnanti è stata costretta ad entrare in un contenzioso con la
Dirigenza Scolastica, che tutto vuol sapere tranne che attivare insegnamenti
collegati a queste discipline.
E i sindacati si sono girati dall’altra
parte. Noi non siamo una fetta di possibili tesserati giudicata appetibile per
i sindacati. Difendere i nostri diritti significherebbe garantire diritti
all’intera categoria, perché quanto si è raggiunto con grande sforzo e tanti
anni di sacrifici non può e non deve essere polverizzato da un sistema che per
risolvere la questione del precariato produce un precariato di ritorno sulla
pelle di chi la coda l’ha scorticata per anni. Ma per fare serve coscienza e
non fame di tessere sindacali tout court, al punto da cavalcare l’onda del solo
precariato. Salvo poi buttare anche i precari in un calderone dove tutto
accade, dove più nessuno difende nessuno e dove vige il “si salvi chi può”.
Signora Ministra, non è questa la Buona
Scuola.
Dulcis in fundo, la beffa delle beffe:
mentre nell’a.s. 2016-2017 è stato possibile trasferire docenti da una sede in
cui avevano una cattedra ad una in cui la cattedra non c’era, questi stessi
docenti – poiché, appunto, la cattedra non c’era – al termine di questo stesso
anno - sono stati dichiarati soprannumerari! Nel primo caso, hanno perduto una
sede con cattedra oraria piena, senza che ci fosse alcuna consapevolezza,
essendo venuta meno la chiarezza delle operazioni di mobilità; nel secondo
caso, hanno perduto pure l’avvicinamento alla famiglia, trovandosi in coda a
tutte le altre “categorie” di colleghi.
Se si analizza con attenzione la L. 107
si capisce che si è determinato un gran pasticcio. Di tutte le potenzialità
presenti nei vari commi della L. 107, l’unico applicato dai DS, in misura
pressoché assoluta e sproporzionata, sui docenti di cui stiamo parlando, è il
comma 85 della Legge 107 del 2015 “tenuto conto del perseguimento degli
obiettivi di cui al comma 7, il dirigente scolastico può effettuare le
sostituzioni dei docenti assenti per la copertura di supplenze temporanee fino
a dieci giorni con personale dell’organico dell’autonomia che ove impiegato in
gradi di istruzione inferiore, conserva il trattamento stipendiale del grado di
istruzione di appartenenza”.
Il personale dell’organico
dell’autonomia è composto da tutti i docenti. Ma sa, signora Ministra, chi ha
fatto il tappabuchi per tutto l’anno più o meno ovunque? I “vecchi” docenti,
quelli di cui si è descritto sin qui, molto più di quanti siano stati assunti
con il potenziamento. Troppo impegnativo per le scuole smontare l’orario di
tutti gli altri docenti, creare un orario modulare in modo da stare tutti su
cattedra e, un minimo, tutti a disposizione.
È questa la valorizzazione dei docenti?
Quella che fa sì che docenti con tanti anni di ruolo (e pre-ruolo) si vedono
sfilare la cattedra per essere posti a fare sostituzioni o a non riuscire ad
avvicinarsi più alla propria famiglia? Insomma, nessuna tutela è stata rivolta
verso questa fascia di docenti ed anzi sono stati depauperati di quanto
faticosamente raggiunto. Crediamo non sia difficile immaginarne le conseguenze
sul piano psicologico, esistenziale, della qualità del servizio.
Il comma 85 ha dato mano libera al
dirigente scolastico ma incamera un principio ineludibile ossia la valenza
educativa e didattica sottostante alla sostituzione dei docenti assenti.
Premesso che noi chiediamo l’annullamento dell’effetto retroattivo della L. 107
sui docenti assunti ante 2014-2015, laddove la suddetta valenza
educativa-didattica non sussiste nella messa a disposizione dei docenti, questa
diviene inevitabilmente tappabuchismo. Il risultato che ne è conseguito e che
ne sta conseguendo è quello della dispersione di energie e risorse valide,
esperte, che tanto più lo sono e tanto più vengono tenute ai margini nelle
scuole in quanto scomode. Viene quasi da pensare che sia una strategia per
neutralizzarle. Ma forse è solo un cattivo pensiero.
Per non parlare, poi, della possibilità
data ai Dirigenti Scolastici di attribuire ai docenti di ruolo posti
d’insegnamento in discipline affini a quelle in cui prestano servizio da 20 o
più anni!
Docenti definiti potenziatori, ma che
potenziatori non sono perché provenienti da altra condizione, sono doppiamente
sviliti nella loro umanità e professionalità.
Se per tutto il 2015 l’intero mondo
della Scuola si è battuto contro questa legge, con la più grande adesione mai
vista a uno sciopero indetto da tutte le organizzazioni sindacali (assenti,
tuttavia, come già detto, sulla problematica oggetto della presente), col
boicottaggio dei quiz Invalsi, con lo sciopero degli scrutini, è perché era
chiaro sin dall’inizio che essa rappresentava un ulteriore e decisivo passo
verso la direzione di qualcosa che fatichiamo a chiamare scuola, che appare
sempre più come un’azienda, ma che passo dopo passo cancella diritti, dignità e
la profondità di formazione che hanno i docenti italiani. Realizzando due
condizioni essenziali:
1. consegna
nelle mani del dirigente scolastico di un potere che neanche con gli sforzi dei
precedenti governi si era riusciti ad attribuirgli;
2. introduce la massima flessibilità
attualmente possibile nell’utilizzazione dell’organico docente.
Il ruolo dei docenti a tempo
indeterminato incappati nel meccanismo descritto – con particolare riguardo ai
più “vecchi” - è stato ridotto a un (non) loro utilizzo arbitrario e
frustrante.
Il potere assegnato ai dirigenti
scolastici non consente tutto il corollario di condizioni (ruolo degli organi
collegiali) che si vuole far credere possano sussistere nella scuola. Mancano
troppi passaggi, il rispetto delle professionalità e dei diritti di quanto già
acquisito. Il meccanismo che è stato innescato ha contribuito ad una
frammentazione del personale, ha acuito contrasti tra pezzi di categoria sempre
più distanti, per coscienza professionale, consapevolezza e formazione.
Signora Ministra, nella speranza di aver
chiarito un aspetto tra quelli maggiormente oscurati dai sindacati e
disconosciuti dai media, chiediamo che venga restituita dignità professionale
ai docenti assunti in ruolo ante 2014-2015, annullando gli effetti derivati
dall’illegittimità della retroattività della L. 107/2015, obbligando i
Dirigenti Scolastici a ricreare le cattedre mancanti (tra flessibilità,
modularità, etc. non è impossibile), dividendo le classi che sfiorano le 30
unità in due classi, o attivando ogni possibile modalità per restituire quanto
tolto.
Sarebbe un segnale, importante, di
volontà d’apporre correttivi laddove il danno è stato davvero grande
soprattutto per il fatto che la nuova norma, abrogando la precedente, introduce
in modo retroattivo condizioni peggiorative di lavoro attraverso la perdita di
cattedra per chi ce l’aveva e, in quest’assurda roulette, assegnata a
neoassunti, una titolarità su ambito, anziché su sede, attribuita per incarico
triennale dal Dirigente Scolastico, dietro chiamata diretta, per un “posto”
sull’organico dell’autonomia: di fatto,
un precariato di ritorno.
Un segnale di chi alla Scuola Italiana
tiene come tiene alla qualità e al benessere di chi la vive da dentro.
Un segnale che auspichiamo, Lei non
voglia mancare di dare.
I docenti di ruolo ante 2014-2015,
(“Vecchi docenti di ruolo con vecchie regole”, gruppo FB)