Al Meridione serve il tempo pieno immediatamente: le classi pollaio si svuoterebbero e gli insegnati confinati al Nord tornerebbero
Il tempo pieno è un’esigenza per la Scuola del
Meridione: ce lo insegna il Nord, che ne ha fatto di necessità virtù. E’ una risorsa per gli alunni, che hanno
la possibilità di consolidare le competenze in cui risultano carenti; è una
ricchezza per la scuola che lo dispensa, perché permette a tutti gli alunni
pari opportunità di apprendimento, sanciti costituzionalmente. Il Sud non è
figlio di un dio minore e non s’inchina più davanti ai veti imposti dall’alto:
al Meridione serve il tempo pieno immediatamente, principalmente per combattere
la dispersione scolastica e smettere di emulare quotidianamente il ben noto “Io
speriamo che me la cavo”: maestri e professori, infatti, nelle zone a rischio
di marginalità sociale rincorrono gli alunni, al fine di trascinarli a scuola,
la cui obbligatorietà è salita a sedici anni.
I quartieri più disagiati vivono
situazioni estremamente delicate: le ragazzine di appena quattordici anni
diventano prematuramente mamme di compagni diciassettenni e disoccupati. E,
anticipando la domanda di qualche benpensante, rispondo subito: “No! Non è
servito aumentare l’obbligo scolastico! L’abbandono al Meridione è ancora
troppo alto”. Il tempo pieno educherebbe tanti ragazzini borderline a
comprendere l’importanza dell’istruzione nella propria vita, sottraendoli alla
“strada”; diminuirebbe i disagi giovanili; diventerebbe una ricchezza
territoriale, perché una scuola che educa bene ha già vinto su tre fronti
essenziali: rispetto di se stessi, degli altri e del territorio. Non ci si
spiega come mai in Sicilia il tempo scuola prolungato tocchi soglie minime del
5%, mentre al Nord arriva al 75%. Meriterebbe, quindi, un po’ più d’attenzione
da parte della politica. E, infine, non lo si può più prestare ai giochi di
prestigio dei demagoghi di turno, i quali lo tirano fuori dal cassetto al
momento opportuno, per poi rigettarlo dentro e scordarsene; alle facili
promesse per la sua concretizzazione i
docenti del Sud non credono più: occorrono volontà, fondi d’investimento e
fiducia per la sua buona riuscita, da parte di chi presiede un Ministero
considerevole come il MIUR.
Il Comitato nosisvuotailsud lo ha ben illustrato
nel Piano di Rientro a tutte le compagini politiche e in ultimo alle OO.SS,
intervenute alla Tavola Rotonda del 2 Novembre c.m. Se si attuasse con
immediatezza, le classi pollaio si svuoterebbero, gli insegnati confinati al
Nord tornerebbero e si aprirebbero le porte a nuove assunzioni. La vecchia
storia che al Nord il tempo prolungato serve ai genitori che lavorano è una
menzogna! Anche nel Meridione tante povere famiglie che lavorano affidano i
figli ai nonni o alle scuole paritarie, impegnandole economicamente anche sul
fronte scolastico. Creare disuguaglianze sociali, soprattutto all’interno della
Scuola Italiana non fa onore a chi guida il Paese.
Nessun “Caro Ministro” da
parte dei Comitati Uniti del Sud, per chiedere pietosamente quanto spetta ad
alunni e genitori, poiché il tessuto docente specializzato sussiste in
abbondanza. Serve il coraggio a chi sta in alto di superare gli scogli
burocratici e finanziari e rendersi garante delle categorie che rappresenta.
Comitato nonsisvuotailsud
Nastrini Liberi Sicilia