"Diritto violato per i docenti in odor di pensione". Nasce il comitato "Quota 96"

Migliaia di lavoratori della conoscenza - auspice la blindatissima riforma delle pensioni targata Fornero - si sono trovati di nuovo uniti, in questi ultimi mesi, e hanno riscoperto la passione di impegnarsi oltre alla volontà di passare alla controffensiva. Hanno lasciato i banchi di scuola, nel tempo libero, e sono tornati a reclamare i propri diritti dando vita a un movimento di opinione nato sul web e propagatosi con una incredibile celerità. Era ora che il mondo dell’educazione, anche se non più di primo pelo, tornasse ad esigere dei diritti calpestati, che si ricompattasse intorno al proprio ruolo umiliato da una inveterata ‘filosofia’ tecnocratica sempre più asservita agli interessi e alle lobby dell’economia. Per quanto tempo i docenti italiani, ignorati da politiche culturali dannose, sono stati la cenerentola della società italiana? Quante cose ingiuste sono state scritte sul loro conto? E perché mai, infine, si dovrebbe far cassa con le loro pensioni invece che con gli aerei da guerra?





Ad accendere la miccia della riscossa ci ha pensato il comitato "Quota 96", la cui nascita avevamo annunciato tempo fa e la cui azione sta mobilitando tantissimi lavoratori di tutta Italia. Si tratta, come abbiamo già dato conto, di 4000 persone, fra docenti e personale ATA, che rivendicano il diritto di andare in pensione – maturato il 1 settembre scorso con la vecchia normativa – sulla base della cosiddetta "Quota 96", risultante dalla somma di requisito anagrafico e requisito contributivo. Nel 2012, stando a tale parametro previsto dalla riforma Damiano, poteva essere collocato a riposo chi aveva maturato 60 anni di età e 36 anni di contributi o 61 anni di età e 35 di contributi, o ancora, tout court, 40 anni di servizio a prescindere dall’età anagrafica.
La deputata del Pd Manuela Ghizzoni (unitamente alla senatrice Mariangela Bastico) si batte da tempo per la scuola e si è spesa molto per il comitato "Quota 96", tanto è vero che ha ospitato nel suo sito, con un post dall’omonimo titolo, il denso e fruttuoso dibattito di questo nuovo "popolo viola", le cui aspettative e progettualità di vita sono state ingiustamente troncate dalle cesoie dell’ultima riforma previdenziale. I lavoratori della conoscenza, da sempre, hanno una sola finestra di uscita per andare in pensione: il 1 settembre. Aver messo come termine utile il 31 dicembre 2011, anziché il 31 agosto 2012, non rende ragione al personale della scuola i cui ritmi, a differenza degli altri dipendenti pubblici, sono scanditi da quelli dell’anno scolastico e non da quelli dell’anno solare. Non si tratta, ovviamente, di un privilegio di casta ma di un diritto acquisito in base al quale tutti i lavoratori coinvolti, per la maggior parte della classe 1952, hanno adito le vie legali, rappresentati e patrocinati dall’avvocato Domenico Naso di Roma.
Manuela Ghizzoni, capogruppo alla VII Commissione Cultura della Camera, è decisa a non mollare la presa e a perseguire indomita la battaglia in nome dell’equità. Per questo ribadisce ad Affaritaliani.it che il Governo Monti deve trovare il modo di correggere tale ‘stortura’ normativa con un equo provvedimento. La via legale non esclude la via legislativa, fa intendere la deputata, che è persona combattiva, ostinata, non avvezza a eufemismi o a perifrasi quando si tratta di difendere le cause dei lavoratori. «C’è una specificità nota a chi lavora nel mondo della scuola ed è che, per dare continuità didattica, la cessazione dal lavoro per i pensionandi è condizionata dai ritmi scanditi dall’anno scolastico ed è quindi vincolata ad un solo giorno, il 1 settembre per ogni anno. Nessun altro lavoratore del pubblico impiego è sottoposto a tale vincolo. La riforma Fornero ha creato una disparità che bisogna sanare».

Onorevole Ghizzoni, che possibilità sussistono, in concreto, per questi lavoratori?
La via politica è sempre percorribile. Bisogna creare le condizioni adeguate per il raggiungimento degli obiettivi fissati. Nel caso specifico, abbiamo due ordini di problemi: indurre, da un lato, le altre forze politiche a sostenere un’iniziativa per i pensionandi della scuola e, dall’altro, convincere la Ragioneria dello Stato che la platea dei beneficiari può essere stimata sulle 4000 unità, con una somma di oneri aggiuntivi per le casse dello stato ben inferiore ai 650 milioni di euro nel quadriennio 2013-2016, quelli, cioè, ipotizzati dalla medesima Ragioneria.
È per questo che al Senato l’emendamento 6.51 non è stato approvato? Per un problema di copertura?
Esatto. È per questo motivo – anche alla luce della bocciatura dell’emendamento 6.51 – che stiamo creando le condizioni favorevoli affinché una futura azione di modifica dell’art. 24 del decreto legge 201/2011, in favore dei pensionandi della scuola, possa essere accolta positivamente tanto dalla Ragioneria quanto dalle forze politiche. Stiamo cercando di prestare la dovuta attenzione a quell’impegno, preso dalla stessa ministra Fornero, perché possa consentire di dar risposta alle questioni aperte sul tema delle pensioni in un apposito provvedimento. In esso dovranno entrare non solo gli esodati e i mobilitati ma anche i lavoratori della scuola in questione.
È vero che la Lega, al Senato, ha votato contro l’emendamento 6.51? Come lo spiega?
Purtroppo è così. Lo ritengo un atteggiamento incomprensibile per una forza politica che, a parole, ha fatto della difesa delle pensioni di anzianità la propria bandiera, salvo poi opporsi alla prima occasione utile per rendere concreto tale obiettivo.
Cosa può dirci sul proposito di depositare una interrogazione?
L’ho depositata ieri. L’interrogazione, rivolta al Ministero del Lavoro e dell’Economia, sarà la prima occasione con la quale incalzeremo la Fornero a darci risposte circostanziate.
Lei ha ospitato nel suo sito gran parte dei docenti che raggiungono quota 96 e che si sono costituiti in un comitato avviando anche un’azione legale. Sta forse diventando l’icona del movimento dell’educazione?
Non credo. Mi auguro solo che l’ospitalità sul mio sito possa essere reciprocamente apprezzata. In realtà, è dettata da uno spirito di servizio. La politica è anche questo: mettere in circuito idee, opinioni e proposte che provengono da persone di mondi diversi, sempre con l’obiettivo, però, di risolvere i problemi del paese. Qualcuno ricorderà, nell’ormai lontano gennaio, le motivazioni che portarono il gruppo del Pd a presentare un emendamento alla Camera: garantire la specificità della scuola anche in materia pensionistica e, al contempo, liberare cattedre per i docenti precari oltre che per i nuovi vincitori di concorso. Su questi punti si è coagulato un interesse che non guarda solo al particolare ma anche al benessere della scuola. Con i miei interventi nella discussione non mi ha mai sfiorato l’idea di mettere un cappello sul nascente comitato «Quota 96». Molto più semplicemente ho voluto contribuire ad un dibattito serio e approfondito che reputo giusto.
L’8 marzo è previsto l’incontro fra una delegazione di questo comitato e il Capo di Gabinetto del ministro Profumo, il dott. Luigi Fiorentino. Che cosa si prevede?
Io penso che registreremo, come è accaduto nelle settimane scorse, la disponibilità del ministro, disponibilità confermata, peraltro, da un suo commento personale rilasciato ad una professoressa siciliana. Vedremo se ci sarà un’apertura in tal senso. Sarà poi nostro compito far sì che l’apertura del ministro, se davvero vi sarà, sia estesa a tutti gli altri componenti del governo. Il prof. Profumo conosce bene il problema ed è certamente interessato ad una soluzione.
Però uno scollamento tra la politica e i cittadini, ormai, si è creato, non le pare? Come rimediarvi?
Posso capire la diffidenza che la politica ispira nei cittadini. Troppe volte abbiamo dato esempi non proprio fulgidi rispetto alla missione della politica, che è quella di lavorare per il bene comune. Sono consapevole, pertanto, che potrò suscitare disappunto e sospetto nell’affermare che noi continueremo ad impegnarci per una soluzione politica; soluzione, si badi bene, che non è solo mia, ma di tutto il gruppo parlamentare del Pd. È anche vero, però, che la politica ha i suoi tempi di evoluzione e di maturazione rispetto ai problemi e che, per questo motivo, non possiamo assicurare risultati immediati (del resto non sono adusa a fare promesse che so di non poter mantenere). Quel che è certo è che ci sarà il nostro impegno fino al conseguimento dell’esito finale. E comunque il lavoro delle settimane scorse depone a favore della nostra coerenza e del nostro rigore. Non posso e non voglio dimenticare che, per soli 4 voti, abbiamo mancato l’obiettivo. Il personale della scuola, «incastrato» nell’anno scolastico 2011/2012, attende una risposta. L’interrogazione che ho presentato va in questa direzione.


Giuseppe Grasso