Giovani: disoccupati e insicuri. Ma concreti

I giovani italiani. Appena nel 2009 erano definiti la “Generazione dei mille euro” perché quello era il traguardo possibile per chi entrava nel mondo del lavoro. Oggi, a soli tre anni di distanza, le cose sono cambiate. Sono diventati la “Generazione Punto Zero” perché sanno che devono ripartire dal nulla.
E’ vero. Possono ancora contare sullo stipendio dei genitori e sulla pensione dei nonni. Magari sull’appartamento comprato nel periodo del boom economico. Ma sanno che non esiste più il lavoro definito e fisso. I loro genitori hanno aspirato ad un posto sicuro, inamovibile. Loro, i giovani, sembrano, invece, condannati alla precarietà ed alla valigia.





Il tasso di disoccupazione giovanile, nel nostro Paese, sarebbe al 28,2 %, cioè al livello di Irlanda e Portogallo. Lontano dal 45,8 della Grecia e dal 47,8 della Spagna, ma anche dal 22,8 della Francia e dall’8,6 della Germania. Una spina nel fianco dell’Italia, secondo Giorgio Napolitano.
Figli di Facebook, iPod, iPad, iBooks, Twitter, i giovani di oggi hanno il web nel cellulare. Sono sempre connessi. Anche se abitano in un paesino di 800 persone, vivono a livello globale, hanno amicizie internazionali, viaggiano e vestono low cost. Ma, sempre secondo le statistiche, il 60% dei single risiede ancora a casa dei genitori, molti convivono, altri si accasano con amici per risparmiare l’affitto. E sono circa 100 mila i nostri giovani che, ogni anno, emigrano in cerca di occasioni negate dal sistema italiano. Tanti si danno al volontariato: difesa dell’ambiente, servizio civile … Ma ci sono due milioni e mezzo di essi, fra i 15 e 29 anni, che si lasciano scivolare nel nulla. Non studiano né hanno un impiego.
I giovani di oggi sono stati definiti “insicuri ma concreti”. Insicuri perché privi delle febbri ideologiche e delle esaltazioni metafisiche dei loro padri sessantottini e, quindi, disorientati dal punto di vista dei riferimenti valoriali. Concreti perché la crisi li ha fatti crescere. I nostri giovani hanno compreso che c’è un limite al divertimento a fondo perduto, che il bilancio familiare non è sconfinato, che chi va all’università non può dipendere del tutto dai genitori ma deve risparmiare o, magari, lavorare nel fine settimana.
Anche la scelta universitaria, sospesa fra sogno e calcoli occupazionali, genera non poche difficoltà. Scegliere ciò che piace o ciò che è spendibile socialmente? Un occhio alle aspirazioni, un occhio all’utile, i nostri giovani – contrariamente a quelli del sessantotto – preferiscono l’utile. Ma anche questo può essere un errore. “Tutto l’ordine mondiale è in mano al potere economico. – Scrive il filosofo Gianni Vattimo. - E’ un contesto nel quale la cultura, specialmente quella umanistica, non immediatamente applicabile, finisce per essere stritolata. Siamo in una fase storica nella quale un laureato in materie scientifiche ha qualche possibilità d’impiego. Ma studiare filosofia o letteratura è fondamentale per salvarsi l’anima, per non diventare solo una rotellina negli ingranaggi della società della comunicazione e del consumo”.
Ai giovani d’oggi bisogna ricordare la massima di Henry Thoreau: “Va’ con fiducia nella direzione dei tuoi sogni. Vivi la vita che hai immaginato”.

Luciano Verdone*

*Docente di Filosofia – Liceo classico “M. Delfico” Teramo

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