Scuola, tutti i pericoli del modello Formigoni

di Marina Boscaino - 15 aprile 2012

“Quell’articolo è una follia istituzionale da mettere in capo tutta alle scelte ideologiche del Presidente Formigoni e dell’Assessore Aprea [quello del famoso disegno di legge, recentemente ritornato in auge, ndr]”. Sono parole di Mimmo Pantaleo, segretario nazionale della Flc-Cgil, che chiede a Profumo di intervenire con un parere inequivocabilmente negativo perché quell’articolo, approvato qualche giorno fa dal Consiglio Regionale della Lombardia, permette il reclutamento dei docenti direttamente da parte delle singole scuole.





L’articolo è l’8 del progetto di legge 146 “Misure per la Crescita e l’Occupazione”. Continua Pantaleo: “Il reclutamento [dei docenti, ndr] è materia delegata alla legislazione nazionale, col reale rischio di discriminazioni e messa in discussione della libertà d’insegnamento”. E aggiunge: “Diffidiamo il Ministero a stipulare qualsiasi intesa con la Regione Lombardia per dare attuazione a quella legge. Siamo pronti ad intraprendere tutte le iniziative di mobilitazione e valuteremo come sollevare il profilo di costituzionalità”. Tutte le forze sindacali, dalla Cisl, all’Anief, ai Cobas si uniscono alla protesta.
Ecco il testo dell’articolo 8: “Al fine di realizzare l’incrocio diretto tra domanda delle istituzioni scolastiche autonome e l’offerta professionale dei docenti le istituzioni scolastiche statali possono organizzare concorsi differenziati a seconda del ciclo di studi per reclutare il personale docente con incarico annuale. E’ ammesso a partecipare alla selezione il personale docente del comparto scuola iscritto nelle graduatorie provinciali fino ad esaurimento’‘. Di cosa si tratta? Della possibilità per gli istituti scolastici di formare proprie graduatorie interne – indipendenti dai punteggi attribuiti ai singoli insegnanti in quelle provinciali – dalle quali attingere per i contratti ai supplenti.
Secondo il parere di Roberto Formigoni, il quale – nonostante una giunta composta ormai (usando un eufemismo) di nani e ballerine – continua imperturbabile nel suo mandato a vita, il mondo della scuola avrebbe espresso per lo più parere positivo nei confronti del provvedimento.
“La maggioranza – aggiunge, e a questo possiamo credere – è coesa: le singole scuole potranno chiamare gli insegnanti più coerenti con le particolarità di quell’istituto, e questa è una misura di modernità”. Ecco un altro principio sacrificato sull’altare della modernità, osannata – da destra e da sinistra – come la A e la Z di ogni risorsa positiva. Così ci hanno fregato, anno dopo anno, provvedimento dopo provvedimento. In nome di un evergreen, tutto forma e niente sostanza. Anzi, con una sostanza sempre più evidente: modernità significa neoliberismo, deroga ai principi costituzionali, violazione dei diritti.
Le “sperimentazioni” lombarde hanno recentemente costituito l’inizio di una deriva nel sistema dell’istruzione nazionale: dai “buoni scuola”, all’istruzione tecnica, la Lombardia da anni ha teso a minare l’unitarietà del sistema scolastico nazionale. Quello che né Formigoni né i suoi riescono a capire, in questo perfettamente spalleggiati dai leghisti presenti in giunta, è il fatto che, seppure le regioni siano realtà socio-culturali diverse, ciò non deve tradursi in alterazione dell’impianto nazionale, configurando 20 sistemi scolastici.
Ai tempi – ormai passati – del suo fulgore politico attualmente intaccato dalle inchieste giudiziarie, Davide Boni, Lega Nord, presidente del Consiglio Regionale della Lombardia, affermava: “Pieni poteri alle regioni per dare la precedenza agli insegnanti lombardi [un optional l' accesso di tutti i cittadini a tutti gli uffici pubblici senza discriminazione, previsto dall'art. 52 della Costituzione, NdR]. La piena attuazione del federalismo si traduce nell’autonomia concessa alle regioni nelle diverse materie previste dalla stessa riforma federale e dalle modifiche introdotte al titolo V della Costituzione”.
Ecco la risposta dell’avvocato Corrado Mauceri (Per la scuola della Repubblica): “La riforma del federalismo fiscale esplicitamente non prevede alcuna modifica per quanto attiene l’ordinamento scolastico. La riforma del Titolo V va poi interpretata nell’ambito dei principi fondamentali della Costituzione. Le norme generali dell’istruzione sono stabilite dalla Stato, che garantisce uguaglianza ai cittadini sui diritti fondamentali, tra cui l’istruzione, e che realizza scuole statali – con personale, programmi, criteri di valutazione, obiettivi statali. Quindi la competenza che il Titolo V attribuisce alle regioni riguarda gli aspetti organizzativi della scuola e non quelli istitutivi. Questi principi, peraltro, sono messi in discussione dalla recente proposta di legge sul governo delle istituzioni scolastiche che stravolge il sistema scolastico statale come definito dalla Costituzione”.
Per tre anni – tale è la durata della “sperimentazione” – i dirigenti scolastici della Lombardia potranno reclutare direttamente i docenti nominati per le supplenze annuali, senza rispettare né ordine nelle graduatorie, né priorità da diritti acquisiti. In termini concreti, ancora una volta, in una sorta di macabro leit motiv che sembra scandire questi anni tristi della nostra storia, un non ben definito concetto di “merito” – che meglio si determinerà nelle differenti declinazioni che ciascun dirigente scolastico vorrà assegnargli – prevarrà su alcuni diritti riconosciuti ed acquisiti.
Si configura, poi, nei fatti, una violazione del principio di laicità della scuola e della libertà di insegnamento. Diventerà una necessità – in un dare-avere di dismissione delle libertà per acquisire la merce rara del diritto al lavoro – rendersi conformi a quelle “necessità delle scuole” che potrebbero essere non solo di ordine pedagogico-didattico, ma anche ideologico. Non è un caso che grande soddisfazione per l’approvazione della sperimentazione sia stata espressa da Roberto Gotero, presidente dell’Agesc – Associazione genitori scuole cattoliche – che ha parlato di “un segnale molto positivo per tutto il mondo della scuola”. Considerando che – tra le scuole non statali – quelle confessionali sono la maggioranza, il cerchio si chiude.
Ecco la modernità che ci aspetta. E il silenzio del ministro Profumo – per il momento – risuona quanto mai inquietante.

Marina Boscaino

(15 aprile 2012)

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