Roger Abravanel, le fusa e la puzzetta sotto il naso

di Vincenzo Pascuzzi – 26 dicembre 2012

"Ciò che è in più proviene dal maligno". A tutti, o a molti, è ben nota l'espressione "dire pane al pane, vino al vino", che significa parlare con schiettezza, franchezza, senza inganni e senza timori reverenziali. Si potrebbe anche completare con "dire aceto all'aceto".
Lo stesso concetto e la stessa esortazione si trova nel Vangelo in questi termini: "Ma sia il vostro parlare: sì, sì; no, no; ciò che è in più proviene dal maligno " (Matteo 5, 37).
Questa premessa per proporre una riflessione sul rapporto tra linguaggio e potere. Partiamo da un caso concreto. Erri De Luca, riguardo al termine "ondate migratorie", così osserva:

«Faccio un esempio: quando i nostri governanti parlano di "ondate migratorie" usano deliberatamente un vocabolo abusivo, quello di ondata, ma suggestivo. Perché se si tratta di ondate, la parola stessa suggerisce che una terraferma dalle ondate si debba difendere con barriere, scogliere, dighe, non è così! Non sono ondate, si tratta invece di "flussi". Se li chiamiamo propriamente flussi non troviamo più l’immagine che li voglia strozzare, impedire, bloccare. I flussi, si tratta propriamente di questi, di flussi di nuova energia, di nuova vita, di nuove forze, che vengono a rinforzare le fibre di una comunità nazionale come la nostra, che è invecchiata, che produce poco lavoro manuale, che non si piega al lavoro manuale, facilmente e che quindi utilizza milioni di braccia che vengono dal sud e est del mondo» (1) (2).








Fusa e puzzetta sotto il naso. Roger Abravanel, con il suo articolo di qualche settimana (3) faceva metaforicamente le fusa al Pd, sfidandolo audacemente il suo segretario Bersani a rottamare l’idea che la meritocrazia sia un valore di destra. Senza ovviamente pretendere di sostituirci al Pd nella eventuale replica al noto guru e saggista, ex Director della McKinsey & C., avevamo già formulato alcune osservazioni (4). Forse non è inutile aggiungere qualcosa, in particolare con riferimento al contenuto di alcuni post pubblicati su blog che si occupano di scuola (5) (6). Nei blog citati, e anche altrove, le idee sulla “meritocrazia” di R.A. vengono adottate in modo acritico, quasi l’autore fosse un novello Mosè e le sue proposte costituissero un rinnovato Decalogo da applicare alla scuola. C’è infatti chi, non ha alcun dubbio su detto nuovo Decalogo, anzi su di esso pone o rinforza le fondamenta di suoi modi di interpretare la situazione e la realtà della scuola e sembra considerare gli altri con un pizzico di albagia o puzzetta sotto il naso.

Da meritocrazia a quiz-crazia. Nei fatti concreti e nei propositi del Miur, la c.d. meritocrazia non è altro che “la meritocrazia dei test e quindi dell'Invalsi” (7). Cioè parte di una strategia utile per giustificare poi i tagli, stilare classifiche, auto-assolversi e colpevolizzare altri invece di stimolare, sostenere, potenziare.
Infatti “merito” e “meritocrazia” sono termini positivi, suggestivi, che inducono approvazione. Chi potrebbe dire NO al merito od opporsi ad esso oppure contrastare la meritocrazia? Invece nei fatti si intende tutt’altro.
È stato abilmente introdotto un equivoco, un inganno dialettico-mediastico, un trucco ai confini della truffa. L'uso dei termini "merito" e "meritocrazia" ha, di per sé, una finalità politica incistata e subdola, simile all’uso del termine “ondata migratoria”, analizzato da Erri De Luca. La finalità è proprio quella di agevolare, forzare, giustificare certe scelte politiche.
Da qui la necessità di testimoniare questo scambio astuto di significati e anche di cercare di sostituire i termini farlocchi di "merito" e "meritocrazia" con termini più appropriati, corrispondenti ai fatti concreti, come potrebbero essere "quiz" e "quiz-crazia"! (*).

Meritocrazia per licenziare? Chi intende merito e meritocrazia – nel senso indicato dal Miur - come una solida base o un robusto fondamento (5), può poi proseguire le sue considerazioni ascrivendo ai pochi (intorno al 2-3%, come in TUTTE le altre categorie) insegnanti “incompetenti e impreparati” oppure “nullafacenti o scarsamente motivati all’insegnamento” le responsabilità di tutti o quasi i mali della scuola. Licenziandoli – dice – così la scuola guarirebbe, ma siccome non si può licenziare, allora si rimane nella contemplazione triste, amara e rancorosa di questa impossibilità! Si condannano gli altri, ci si auto-assolve, non si risolve la situazione. Si usa, o si vorrebbe usare, la meritocrazia da un solo lato, non per premiare il merito ma per stanare e punire il demerito.

Il concorso taumaturgico. Indubbiamente i livelli di preparazione di discenti e docenti si sono entrambi abbassati negli ultimi decenni. Le responsabilità sono varie, anche – ma in minore o minima parte – della mancata effettuazione dei concorsi. Se anche questi fossero stati indetti ogni 2 o 3 anni, è ragionevole supporre che poco sarebbe cambiato, nel senso che al 95% gli insegnanti sarebbero gli stessi di adesso, forse distribuiti altrimenti nel territorio e assunti qualche anno prima o qualche anno dopo.
Nessun dubbio sul fatto che la responsabilità dei mancati concorsi è chiaramente dei governi e dei ministri, non può essere attribuita agli abilitati e assunti ope legis né questi possono essere mal considerati o sminuiti. Infatti, di per sé, un concorso non migliora la preparazione dei docenti né la loro attitudine all’insegnamento o all'operosità. Quello mastodontico (concorsone), appena avviato è già sotto pesanti critiche per la sua inutilità pratica, per le modalità bizzarre delle prove, per le incognite su durata, costi e contenzioso legale. Anche serietà e affidabilità sono dubbie se davvero un commissario verrà retribuito con 0,50 euro lordi per ogni prova scritta corretta o orale presenziata (8).

Trent’anni fa. Ricordare la scuola di trent’anni fa può rappresentare un’operazione dolciastra e nostalgica, di contemplazione e di rimpianto, ma non risulta utile per inquadrare la situazione attuale, per affrontarla e per poi magari avviarla a soluzione. La scuola non può ingranare la retromarcia né pigiare il tasto rewind. La stessa situazione platonica (?) si presenta se si ipotizza la costruzione di un sistema scolastico del passato in una immaginaria e inesistente realtà che ne sia priva. Invece, bisogna intervenire nella realtà già esistente mentre essa continua a operare, con programmi e strategie di medio-lungo periodo (5, 10 anni) ma affidate per periodi più brevi a questo o quel ministro anche di orientamenti diversi. Se poi si commette l'errore madornale di sottrarre risorse dalla scuola con il pretesto di voler razionalizzare, ridurre gli sprechi, inseguire parametri e valori medi europei all'uopo confezionati o inventati, non ci si può lamentare se il declino continua!

Le primarie e Bersani. Nella loro competizione politica, Renzi e Bersani non sono stati sottoposti a test o quiz di tipo Invalsi ma sono stati liberamente votati secondo il loro gradimento elettorale riscontrato fra gli elettori. Questo può essere indicato anche come merito, ma è cosa diversa da ciò che si intende per merito in ambito scolastico (anche in presenza di divergenze sulla sua valutazione). Il risultato è stato sì oggettivo ed espresso mediante numeri, però le scelte dei votanti sono state chiaramente soggettive.

Tutte le colpe alla sinistra e ai sindacati? "E’ stata la sinistra, dai sindacati unitari ai partiti .... i quali hanno sempre impedito che il merito fosse riconosciuto, .... a tutto vantaggio dei peggiori e dei nullafacenti ...." (5). Questa è un'affermazione azzardata e incompleta in quanto anche la destra è stata responsabile, oppure è stata omissiva, o incapace. Al Miur, dal 2001 in poi, c'è stata prima Brichetto Moratti per 5 anni filati e interi e, dopo meno di 2 anni di parentesi Fioroni, Gelmini per altri 3 anni e mezzo, seguita dall'effimero Profumo che però ha continuato, come una talpa cieca, nel cunicolo già scavato dalla stessa Gelmini.
E nemmeno possiamo ignorare che "In un ventennio di egemonia politica e culturale, la destra italiana non ha prodotto nulla, non una riforma, non uno straccio di visione del Paese o di cultura politica che andasse oltre la tiritera scema del «meno male che Silvio c’è», un’idolatria infantile sposata spesso a un servilismo penoso" (9).
Poi i sindacati c.d. unitari non sono tutti orientati a sinistra. Alcuni sono opportunisti e palesemente collaborativi con il Miur e il governo. Il mito del sindacato onnipotente che spadroneggia, condiziona il Miur, impedisce il riconoscimento del merito, difende l'egualitarismo, gli incompetenti e i fannulloni, è appunto un mito comodo e utile dialetticamente per chi lo evoca. La crisi in atto e le ultime vicende (scatti retributivi, contrattazione bloccata, tentativo delle 24 ore, concorsone, ....) confermano la sua marginalità, emarginazione oppure ... il suo senso di responsabilità!
In generale, vengono troppo spesso accampati due pretesti, comodi ed abusati, per giustificare il proprio fare e il non fare o il non aver fatto, rispettivamente: "ce lo chiede l'Europa" e "i sindacati non hanno voluto".
Inoltre, ha poco senso parlare di riconoscimento del merito, in assenza di risorse economiche o in presenza di scelte politiche altrimenti orientate.

Meritocrazia contro bisogni. Ancora dall’articolo di R.A. leggiamo: “…. la sinistra italiana non si rende conto che rispettare i «bisogni» e i «diritti acquisiti» perpetua la spaventosa ineguaglianza ….Se non si può licenziare un lavoratore che lavora male (proteggendolo con ammortizzatori sociali ….)” e questo concetto che viene ripreso nei blog citati. Il riferimento agli ammortizzatori sociali è solo successivo, quasi marginale, indicato tra parentesi, forse con fastidio.
E’ stato osservato che “risanare un’azienda di yogurt” (la Parmalat) (10) non è la stessa cosa che risanare l’istruzione e la sanità, cioè la Nazione, in quanto questa deve farsi carico anche dei «bisogni» e dei «diritti acquisiti». La Nazione NON può licenziare i propri cittadini.

-----

(*) Un mini-sondaggio ad hoc, effettuato su facebook, ha visto prevalere la proposta di questo neologismo ("quiz-crazia") su "mala-meritocrazia", "culo-crazia", ed altri termini.

Roma, 26 gennaio 2012

Vincenzo Pascuzzi

-----

LINK
(1) La perdita delle parole
http://www.beppegrillo.it/2012/09/passaparola_-_la_perdita_delle_parole_-_erri_de_luca.html
(2) La tenera profondità di Erri De Luca ….
http://www.govalleditria.it/notizie/news-martina-franca/15133-la-tenera-profondita-di-erri-de-luca-seduce-martina-franca.html
(3) «Meritocrazia valore di destra» L’idea che la sinistra deve rottamare
http://giovannitaurasi.wordpress.com/2012/12/09/meritocrazia-valore-di-destra-lidea-che-la-sinistra-deve-rottamare-di-roger-abravanel-dal-corriere-della-sera-del-9-dicembre-2012/
(4) Roger Abravanel messaggero di Confindustria?
http://www.retescuole.net/contenuto?id=20121215210841
(5) Merito e meritocrazia
http://profrossi.wordpress.com/2012/12/22/merito-e-meritocrazia/
(6) «Meritocrazia valore di destra»: l’idea che ....
http://gruppodifirenze.blogspot.it/2012/12/meritocrazia-valore-di-destra-lidea-che.html
(7) Giorgio Israel ha detto... 10 dicembre 2012 18:14
http://www.blogger.com/comment.g?blogID=2437060168770673181&postID=5139958580274538992
(8) Giudicare un esame a 50 centesimi lordi
http://www.retescuole.net/contenuto?id=20121221212906
(9) Berlusconi distruggerà il centrodestra: lasciamolo lavorare
http://www.scrittinediti.it/blog/2012/12/15/berlusconi-distruggera-il-centrodestra-lasciamolo-lavorare/
(10) Cosa faranno ora i veri moderati?
http://www.ilsussidiario.net/News/Politica/2012/12/13/MONTI-vs-BERLUSCONI-Israel-cosa-faranno-ora-i-veri-moderati-/2/346608/