I Presidenti dei Consigli d'Istituto di Bologna ai candidati alle elezioni dell'Emilia

Dai Presidenti dei Consigli di Circolo e d’Istituto della provincia di Bologna
Ai Candidati di tutte le forze politiche alle prossime elezioni per il rinnovo del Parlamento
 
 
Gentilissima/o,
siamo Presidenti di Consigli d’Istituto, cittadini eletti come rappresentanti di quella larga parte del Paese che ha figli a scuola; cittadini che hanno scelto con sacrificio e passione di dare una mano al tesoro più prezioso di un Paese.
Ci rivolgiamo a Lei certi che le nostre riflessioni possano essere ora prese in considerazione e nella speranza, speriamo non vana, che possano essere ricordate anche quando Lei, come Le auguriamo, sarà eletto.
Lei si candida al Parlamento della Repubblica Italiana, Repubblica che nel suo atto Costitutivo, all’art.3, assegna alla scuola il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.
 
 
 
 
 
Ebbene, negli ultimi anni, tali ostacoli non solo non sono stati rimossi, ma anzi sono accresciuti.
Si è smesso di pensare alla scuola come al luogo di formazione primario per garantire uguaglianza di opportunità e mobilità sociale, come risorsa ed investimento sul futuro.
Alla scuola si è guardato con il solo occhio ingordo del fare cassa (sottratti 8,5 miliardi di euro e meno 150.000 tra insegnanti e collaboratori scolastici), ignorandone le drammatiche conseguenze.
I cittadini di domani vivono oggi in edifici spesso da ristrutturare con aule vecchie, stretti in classi insicure, didatticamente gestibili con grossissime difficoltà, perché circolari ministeriali hanno illegittimamente aggirato disposizioni di legge, oltre che di umanità: massimo 25 alunni, 20 se in presenza di certificazione.
Sono diminuiti gli organici e le risorse per il sostegno, per l’alfabetizzazione dei ragazzi migranti, per i progetti di  recupero … (devono ancora arrivare i soldi del Fondo d’Istituto, che già si sa saranno decurtati di un ulteriore 35%).
Sono stati restituiti solo in piccola parte i crediti (“residui attivi”) che le scuole vantano da anni nei confronti dello Stato: ci si affida sempre di più ai contributi volontari dei genitori, una sorta di autotassazione aggiuntiva cui i genitori sottostanno pur di non vedere immiserire ulteriormente “l’offerta formativa” delle scuole frequentate dai loro ragazzi.
Sono stati costituiti megaistituti scolastici  ingovernabili e didatticamente inadeguati.
Coi tagli all’orario scolastico (tre ore in meno alla primaria, tre alle medie, quattro alle superiori)  l’intero percorso scolastico è stato accorciato di quasi due anni, l’obbligo scolastico ridotto a 15 quando nel resto d’Europa è a 18.
E come se non bastasse, in caso di assenza degli insegnanti, spesso  non vengono neppure chiamati i supplenti ed i ragazzi vengono smistati in altre aule, con conseguenze didattiche e di ulteriore diminuzione di sicurezza facili da immaginare.
Stiamo già pagando a caro prezzo gli effetti di queste politiche dissennate: Il tasso di abbandono scolastico è del 18,8% (solo tre stati sono messi peggio di noi); la nostra scuola primaria, con l’abolizione delle compresenze e la riduzione dei moduli e del tempo pieno, è scesa in pochi anni di molti gradini dal secondo posto in Europa (e sesto del mondo) che orgogliosamente occupava.
Un’ultima vergogna, un’ultima stupidità: tra tutti i Paesi Ocse siamo al penultimo posto per quanto diamo alla scuola, con il 4,5% del PIL a fronte di una media del 6%. Se Paesi ben più poveri del nostro riescono a dare ben di più, non si capisce perché non potremmo farlo anche noi.
Eppure è dimostrato che tagliare su Istruzione, ricerca e cultura è miope e folle, perché si spezzano le gambe non solo al futuro dei giovani ma all’intero Paese, condannandolo per sempre al declino e alla recessione, mentre la maggiore spesa per istruzione produce rendimenti certi. Basta guardare a quei Paesi che stanno affrontando la crisi più intelligentemente e meglio di noi, che hanno investito e investono in formazione e sapere; esattamente l’opposto di quanto accade in Italia.
Forse hanno letto meglio di noi un nostro autore, Collodi: Geppetto infilatasi la vecchia casacca di fustagno, tutta toppe e rammendi, uscì correndo di casa. Dopo poco tornò: e quando tornò aveva in mano l’Abbecedario per il figliuolo,ma la casacca non l’aveva più.
La scuola pubblica ha già sofferto e soffre troppo; il nostro augurio è che Lei, se sarà eletto, sappia avere la saggezza di quel semplice falegname, sappia adoperarsi per una scuola democratica, repubblicana, costituzionalmente fondata: quella che si sforza di togliere gli ostacoli perché anche un burattino di legno possa trasformarsi in un cittadino attivo e consapevole.