Una cena di classe normale ma diversa

di Alberta Pierobon
9 giugno 2013
Cena di classe di un istituto superiore padovano. Sala di una pizzeria in zona Tre Garofani. Una serata che cambierà tutti
PADOVA. Cena di classe di un istituto superiore padovano. Sala di una pizzeria in zona Tre Garofani. Una tavolata con una trentina di diciassettenni festanti e alcuni prof. inonda di decibel oltre l’umana soglia gli altri clienti, sbuffanti. In particolare due amiche di mezza età, sedute proprio accanto agli studenti, non protestano ma ripiegano su una mimica facciale più esplicita di un’invettiva. Fino a che.
Fino a che un ragazzetto si alza in piedi.

 

Prima di raccontare il seguito, va detto che il ragazzetto arrivava da un’altro istituto superiore, quando ha cominciato l’anno in quella classe. E che il suo iter scolastico prevede l’insegnante di sostegno: difficoltà nell’apprendimento e altro, e oltre, anche se la vera battaglia, quella che a scuola può fare vittime, è sul fronte dell’inserimento tra i pari.
Si alza in piedi, quel ragazzetto e, nella confusione, alza la voce. Non è abituato, non è da lui. Esagerato, grida forte. «Ssssst, devo dire una cosa». Si zittiscono tutti, la tavolata e l’intera pizzeria. «Voglio dire una cosa. Da quando ho cominciato ad andare a scuola, dalla prima elementare, solo in questa classe per la prima volta mi sono sentito accettato per come sono». Tutto d’un fiato l’ha detto. Poi di botto si è seduto. Attorno un silenzio stranito. Lungo, denso. Lo interrompono l’insegnante di sostegno che scoppia a piangere sorridendo e i compagni che applaudono il loro strambo amico. E via, chi un abbraccio, chi una pacca, chi una battuta. Qualcosa è cambiato dentro la sala, non tanto per i ragazzi quanto tra gli altri presenti che restano in silenzio, avvolti da quell’esternazione: una frase semplice, normale e diretta che è diventata un pensiero forte per ciascuno e un’emozione collettiva. Un piccolo miracolo in pizzeria, che ha fatto tornare a casa più di qualcuno un po’ diverso da come era arrivato. Diverso, appunto.