Lettera di una Preside (concorso annullato Sicilia 2004) al Presidente del Consiglio Berlusconi


12 Giugno 2010

 
Egregio Presidente Berlusconi,
noi 426 Presidi siciliani, vittime delle notorie sentenze 477 e 478/2009 con le quali è stato annullato il concorso a Dirigente scolastico, indetto nel Novembre 2004 e svolto a partire da gennaio 2006.  La preghiamo, con il Suo autorevole intervento, di riallacciare i legami che ci collegano con i nostri Governanti, restituendoci fiducia e serenità, riparando all’operato di un CGA che, con una ferma determinazione, quale raramente si era vista nella storia civile dell’Italia repubblicana,  persevera in quella che, all’occhio del comune cittadino, potrebbe essere scambiato per  accanimento.
Ovviamente così non può essere, in uno Stato che si definisce di diritto e nel quale i diritti costituzionali di tutti i cittadini vengono garantiti.
Questi i motivi addotti al mio superiore assunto.





Mentre il CGA nella Sicilia sentenziava in merito all’illegittimità della suddivisione in sottocommissioni con un unico presidente, caducando tutti gli atti conseguenti ed intimando all’amministrazione scolastica siciliana di rinnovare il concorso (a distanza di cinque anni dal suo completamento e dopo l’immissione in ruolo di 426 dirigenti scolastici vincitori, mediante contratto di natura privatistica), il 15 dicembre 2009, il Consiglio di Stato-sez. VI, con Sentenza n. 7964 si esprimeva in merito alla stessa fattispecie di  quella trattata in Sicilia dal CGA ed in maniera diametralmente opposta, sentenziando che la “… divisione in sotto-commissioni era evidentemente legittima, così come non potevano non ritenersi legittime, in base alle finalità sopra ricordate, la simultaneità dei lavori delle sottocommissioni e l’indicata presenza in entrambe della figura del Presidente, essendo tale presenza da intendere non in senso fisico continuativo, ma a livello di supervisione e di coordinamento. E’ di tutta evidenza, del resto, che se il medesimo Presidente fosse stato tenuto a partecipare a tutti i lavori delle sotto-commissioni, queste ultime avrebbero dovuto riunirsi in giorni diversi, con totale vanificazione dell’intento acceleratorio perseguito”.
Come si suol dire, “due pesi e due misure” , in una Italia  che in base agli articoli 1 e 5  della Costituzione è democratica, una e indivisibile, e che, invece, due sentenze, emesse da tribunali di pari grado (CGA e Consiglio di Stato) hanno, virtualmente, spaccata in due. Fin dall’inizio di questa assurda vicenda, ci è stato ripetuto, ovviamente dai virtuosi del rispetto delle Leggi, che “ una sentenza, non si discute, ma si applica e basta”. Ed allora, cosa fare quando le sentenze sono due, antitetiche e disciplinanti la medesima fattispecie?
Logica impone che l’uno o l’altro Tribunale sia giunto a conclusioni certamente errate. Se è stato il CGA siciliano, allora è eticamente e civilmente obbligatorio disapplicare la sentenza; se, viceversa a sbagliare è stato il Consiglio di Stato, dovranno essere caducati gli atti del medesimo concorso, espletato, con le stesse modalità ed applicando il medesimo DPCM 341/2001, in tutte le altre regioni italiane, coinvolgendo migliaia di Dirigenti scolastici, sortiti dal concorso de quo, e le loro famiglie.
Come vede, sig. Presidente, la portata del problema non è limitata alla Sicilia e a 426 persone, ma coinvolge oltre 2000 Dirigenti dello Stato e la scuola italiana, che, come un novello Titanic, è prossima all’affondamento.
La situazione sta precipitando anche per la recente ordinanza dell’8.6.2010 con la quale il CGA, sempre molto sensibile alle istanze dei ricorrenti, ha ex abrupto commissariato l’amministrazione scolastica siciliana, per anticipare le date delle prove del rinnovamento del concorso, fissate dall’Ufficio scolastico regionale a metà ottobre, nel rispetto della mole di impegni istituzionali che gravano sulla scuola alla fine di un anno scolastico ed all’inizio del successivo. Incurante di qualunque motivazione, il CGA prosegue nella sua opera demolitoria del concorso 2004, ed indirettamente anche della scuola siciliana, che verrà posta, con quest’ultima disposizione, in condizioni di gravissimo disagio.
Come si apprende dallo studio della Giurisprudenza, il commissario ad acta viene nominato, in materia di silenzio della P.A. ex art. 21 bis, legge n. 1034 del 1971, per porre rimedio alla persistente inerzia dell’Amministrazione ( Art. 21 bis. Legge n. 1034/1971

1. I ricorsi avverso il silenzio dell’amministrazione sono decisi in camera di consiglio, con sentenza succintamente motivata, …

2. In caso di totale o parziale accoglimento del ricorso di primo grado, il giudice amministrativo ordina all’amministrazione di provvedere di norma entro un termine non superiore a trenta giorni. Qualora l’amministrazione resti inadempiente oltre il detto termine, il giudice amministrativo, su richiesta di parte, nomina un commissario che provveda in luogo della stessa.

3. All’atto dell’insediamento il commissario, preliminarmente all’emanazione del provvedimento da adottare in via sostitutiva, accerta se anteriormente alla data dell’insediamento medesimo l’amministrazione abbia provveduto, ancorchè in data successiva al termine assegnato dal giudice amministrativo con la decisione prevista dal comma 2.

ma l’Ufficio scolastico siciliano, avendo fissato le date delle prove al 14 e 15 Ottobre 2010 , non aveva già ottemperato alle sentenze del CGA. ?
Allora, qual è la ratio di tale nuovo provvedimento? Sicuramente avrò frainteso il significato della norma relativa alla nomina del commissario ad acta, perché è fuor di dubbio che il dott. Virgilio, Presidente del CGA, non possa sbagliare.
Sic stantibus rebus, Egregio Presidente Berlusconi, si appalesa indifferibile un Suo autorevole e risolutorio intervento, volto a fornire una interpretazione autentica del DPCM 341/2001, il cui travisamento da parte dell’uno o dell’altro Tribunale, è alla base dell’attuale disparità di trattamento tra cittadini italiani, seppur appartenenti a regioni diverse.
Ella potrà porre rimedio alla grave anfibologia, da cui scaturiscono effetti devastanti, riconducendo alla ratio legis sottesa al Suo decreto 341/2001, riportando alla corretta applicazione della norma ed eliminando divergenze dalla linea politica del diritto  giudicata, dal Legislatore, più opportuna.

 

Con fiducia e stima,
prof.ssa L. L.
Dirigente scolastico