REPUBBLICA ITALIANA
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Sesta)
ha
pronunciato la presente
SENTENZA
FATTO
1.– Con
decreto del direttore generale per il personale scolastico del 13
N. 05836/2012 REG.RIC.
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luglio
2011, il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca ha
bandito il
«concorso per esami e titoli per il
reclutamento di dirigenti scolastici per la
scuola primaria, secondaria di primo grado, secondaria di
secondo grado e per gli istituti
educativi».
La
procedura concorsuale – che si è svolta, in tutte le sue fasi, a livello
regionale
– si articolava, una volta superata una prova preselettiva a
carattere
culturale e professionale, nella seguenti fasi: i) due prove scritte e
una prova
orale; ii)
valutazione dei titoli; iii) periodo obbligatorio di
formazione
e tirocinio per i candidati utilmente collocati nelle graduatorie
generali
di merito e dichiarati vincitori nei limiti dei posti messi a concorso
(artt. 2,
8 e 9 del bando). In particolare, per quanto interessa in questa sede,
la prima
prova scritta è consistita nello svolgimento di un elaborato su una
o più tra
le aree tematiche individuate. La seconda prova scritta è consistita
nella
soluzione di un caso relativo alla gestione dell’istituzione scolastica.
Sono stati
ammessi alla prova orale coloro che hanno ottenuto un
punteggio
non inferiore a 21/30 in ciascuna prova scritta (art. 10 del
bando).
In
Lombardia sono stati messi a concorso 355 posti di dirigente scolastico.
Una volta
espletate le prove preselettive, la commissione di concorso,
suddivisa
in due sottocommissioni, ha avviato la fase di correzione degli
elaborati
consegnati da 996 candidati. I candidati ammessi alla prova orale
sono stati
476.
2.– Taluni
concorrenti, che non avevano superato la prova scritta, hanno
proposto
tredici autonomi ricorsi al Tribunale amministrativo regionale
della
Lombardia, Milano. In particolare, sono stati fatti valere una serie di
motivi,
che possono essere suddivisi in tre gruppi, relativi: i) alle modalità
di
svolgimento delle prove; ii) alle modalità di correzione degli elaborati; iii)
alla
composizione della commissione.
In
relazione al primo gruppo sono state dedotte le seguenti illegittimità: i)
l’elaborazione
delle tracce sarebbe di competenza dell’amministrazione
statale e
non di quella regionale; ii) i criteri di valutazione risultano redatti
nella
riunione del 9 gennaio 2012, successivamente all’effettuazione degli
scritti;
inoltre, nel predetto verbale si afferma che il documento di
valutazione
era stata già predisposto dalla commissione «e
successivamente
rielaborato» nel corso della
predetta riunione; iii) i
criteri di valutazione non
sarebbero
congrui nella parte in cui fanno riferimento, per la valutazione
della
prima traccia, alla «originalità critica» (che sarebbe sproporzionata
rispetto
alla finalità perseguita) e alla «competenza
negoziale e relazionale» (che
non
sarebbe valutabile in sede di correzione di un elaborato scritto); iv) la
prima
traccia, oltre ad essere generica, prescriveva di elaborare una «offerta
formativa» facendo
riferimento ad un «grado e ordine di scuola più
confacente alla
propria esperienza», il che
vanificherebbe le garanzie dell’anonimato.
In relazione
al secondo gruppo, si è dedotta: i) la violazione del principio
dell’anonimato,
avendo l’amministrazione utilizzato buste, contenenti il
cartoncino
per l’indicazione dei dati anagrafici, non idonee, per la loro
consistenza,
a garantire il rispetto di tale principio; ii) l’inosservanza della
regola del
collegio perfetto, in quanto, nel verbale del 9 gennaio 2012, n. 16,
era
previsto che «ciascuna commissione correggerà le
prove in modo indipendente
dall’altra mentre il presidente sarà sempre presente nel
momento della valutazione»; in
particolare,
si è stabilito che il presidente assiste alla correzione e
valutazione
degli elaborati nell’ambito di una sottocommissione mentre
nell’altra,
dopo avere letto le prove, le valuterà collegialmente (si cita la
sentenza
29 maggio 2009, n. 477 del Consiglio di giustizia amministrativa
per la
Regione siciliana che, in relazione ad una fattispecie analoga alla
presente
relativa al concorso per dirigenti che si è espletato in Sicilia, ha
affermato
che viola le regole relative alla composizione dei collegio la
circostanza
che l’unico presidente si sposti dall’una all’altra delle
commissioni);
iii) il tempo
dedicato alla correzione non è stato
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sufficientemente
adeguato, anche in quanto quasi la metà degli elaborati
complessivi
risulterebbe corretto nelle ultime quattro settimane; iv)
impossibilità
di associare le schede valutative agli elaborati; v) l’apposizione
«su ciascuna busta di un post-it indicante il numero
corrispondente all’elenco alfabetico
del candidato; successivamente i post.-it sono stati
rimossi per essere sostituiti con un
codice a barra buste contenente le due prove scritte a loro
volto imbustate», il che
consentirebbe
«di identificare il nome del candidato
semplicemente facendo
riferimento a tale codice a barre, con meccanismi tecnici
facilmente reperibili (dalle
penne con lettore ottico ai moderni smartphone) »; vi) «la totale assenza di segni di
valutazione», il che «implica, in concreto, l’impossibilità
di comprendere le modalità
adottate dalle commissioni esaminatrice nella valutazione
delle prove».
In
relazione al terzo gruppo, si è dedotta: i) l’incompatibilità di taluni
membri
della commissione in ragione di incarichi politici da essi rivestiti; ii)
l’inosservanza
delle prescrizioni che impongono che tra i componenti della
commissione
devono essere presenti «esperti di
organizzazione pubblica» (in
particolare
privi di tale requisito sarebbero il dott. Agresta e il prof.
Bianchi).
3.– Si è
costituita nei detti giudizi l’Amministrazione statale rilevando, in
via
preliminare: i)
l’inammissibilità di taluni ricorsi perché proposti in
forma
collettiva nonostante la presenza di posizioni confliggenti; ii) il
mancato
rispetto delle regole del contraddittorio, per l’omessa evocazione
in
giudizio di coloro che avevano superato la prova scritta, nonché di
coloro che
avevano superato anche la prova orale.
4.– Il
Tribunale amministrativo ha disposto, con ordinanze istruttorie,
l’acquisizione
delle buste contenenti gli elaborati, che sono state depositate
in data 10
luglio 2012.
Il primo
giudice, con sentenza in forma semplificata, 18 luglio 2012, n.
2035, dopo
avere riuniti i ricorsi, ha ritenuto prive di fondamento le
eccezioni
sopra indicate, in quanto: i) i ricorrenti sono titolari di posizioni
omogenee,
perseguendo il fine comune di ottenere, attraverso
l’annullamento
della procedura concorsuale, il rinnovo della relativa fase
procedurale;
ii) i
candidati che hanno superato le prove, sopra indicate, non
sono
ancora controinteressati in senso processuale.
Nel
merito, si è dedotto che «alla camera di
consiglio del 17 luglio 2012, alla
presenza dei difensori di tutte le parti del presente
contenzioso, si è proceduto alla
verifica del materiale depositato in data 10 luglio 2012
dall’amministrazione resistente
(…).Dall’esame svolto, è emerso nitidamente che il
contenuto del cartoncino, contenente
i dati anagrafici dei candidati, risulta agevolmente
leggibile, se posto in controluce,
anche all’interno della busta bianca piccola in cui il
predetto cartoncino è stato posto
dallo stesso candidato. Ciò avviene a causa del colore
bianco, della consistenza molto
modesta – al limite della trasparenza – dello spessore
della carta utilizzata per
realizzare la busta piccola, che deve contenere il
cartoncino, e dall’assenza di un
ulteriore rivestimento interno alla stessa, come
solitamente dovrebbe avvenire con
riguardo a tutte le buste destinate ad essere utilizzate in
sede concorsuale». Per queste
ragioni il
primo giudice ha annullato gli atti relativi allo svolgimento delle
prove
scritte.
Si è,
inoltre, affermato quanto segue: «al fine
di conformare la successiva azione
dell’Amministrazione resistente, in sede di eventuale
riedizione della procedura
concorsuale, va altresì sottolineato che il procedimento di
correzione degli elaborati
scritti da parte della Commissione (rectius,
Sottocommissione, come da verbale n. 16
del 9 gennaio 2012), deve avvenire necessariamente alla
presenza di tutti i componenti
della stessa – che è un collegio perfetto – dovendosi
procedere congiuntamente sia alle
operazioni di lettura e di correzione degli elaborati, che
di valutazione vera e propria,
atteso che il momento valutativo non può essere scisso
dalle attività alle stesse
direttamente prodromiche, quali la lettura e la correzione
dell’elaborato».
5.– Ha
proposto appello il Ministero, deducendo che le buste e i cartoncini
«si presentano di conformazione tale da non essere, né far
apparire, ictu oculi,
alcuna
possibile violazione del loro contenuto e quindi del
principio di riservatezza e di
anonimato delle prove». Ciò
sarebbe confermato, da un lato, dal fatto che
l’acquisito
delle buste è avvenuto tramite la Consip, dall’altro, che «in sede di
esame nessun commissario, nessun componente del comitato di
vigilanza o addetto alla
vigilanza d’aula e soprattutto nessun candidato (…)ha rilevato o contestato alcunché».
Infine, si
assume che l’asserita irregolarità non avrebbe avuto «ricadute
effettive sulla tutela dell’anonimato», in quanto dai verbali della commissione
risulterebbe
che «le buste piccole contenenti i
cartoncini con i nominativi dei
candidati sono state separate dalle buste con i compiti e
numerate progressivamente in
parallelo con queste ultime, per essere associate agli
elaborati solo alla fine di tutte le
sedute di correzione».
5.1.– Le
parti qui indicate in epigrafe hanno proposto appello incidentale
autonomo,
rilevando, sul piano processuale, l’erroneità della sentenza in
quanto: i) non è stato correttamente instaurato il
contraddittorio, atteso che
per uno
dei ricorsi, recante il n. 1596 del 2012, non era stata depositata la
cartolina
di ricevimento con riferimento a tre dei controinteressati; ii)
mancavano
i presupposti per l’adozione di una sentenza in forma
semplificata
essendo incompleto, per le ragioni indicate, sia il
contraddittorio
sia l’istruttoria; iii) è stata
disposta, supplendo, tra l’altro ad
una
carenza istruttoria dei ricorrenti, una «verificazione
domestica» e non
invece una
verificazione avente i requisiti indicati dall’art. 66 Cod. proc.
amm., il
che avrebbe consentito di individuare un autonomo organismo
con possibilità
di formulare i quesiti da sottoporgli; iv) non è stata proposta
querela di
falso.
Nel
merito, oltre a contestare la trasparenza delle buste, si assume che: i) le
stanze
dove si è svolta la correzione sono «delle stanze prive di finestre e
comunque
dotate di una scarsa illuminazione naturale», essendo presenti
solo «dei lucernai, peraltro di vetro opaco, di modestissime
dimensioni che fanno da
cornice alle porte, senza volere trascurare poi il fatto
che le porte danno su un cortile
interno buio»; ii) la giurisprudenza del
Consiglio di Stato ha affermato che
l’accertamento
deve essere svolto in concreto e non in astratto (si cita Cons.
Stato, V,
1 ottobre 2002, n. 5132, relativo all’apposizione di segni di
riconoscimento
e Cons. Stato, IV, 6 luglio 2004, n. 5017, relativo allo
“scollamento”
di buste, ritenuto non invalidante per mancanza di
intenzionalità
del candidato di farsi riconoscere); iii) la leggibilità dei
nominativi
presupporre un comportamento «fraudolento» della commissione.
5.2.– Le
parti indicate in epigrafe hanno proposto intervento ad
adiuvandum,
ribadendo le tesi difensive contenute nell’atto di appello.
5.3.– Le
parti indicate in epigrafe hanno proposto opposizione di terzo,
rilevando
la tardività del ricorso di primo grado nella parte in cui è stata
contestata
la violazione del principio dell’anonimato, in quanto «l’astratta
possibilità, foriera della lesione immediata ed attuale del
principio dell’anonimato,
esisteva già al momento della consegna delle buste ai
candidati». Le stesse parti
hanno
anche dedotto la mancata impugnazione della graduatoria definitiva.
Nel merito
si ribadiscono le argomentazioni difensive contenute negli
appelli e
negli interventi proposti.
6.– Le
parti ricorrenti in primo grado si sono costituite in giudizio.
In via
preliminare, si assume l’inammissibilità dell’appello per non essere
stato
notificato a tutte le parti del giudizio di primo grado. Nel merito si
contesta
la fondatezza degli appelli e delle opposizioni e si ripropongono i
motivi,
sopra indicati, non esaminati dal primo giudice.
7.– Con
decreto cautelare monocratico 3 agosto 2012, n. 3218 il Presidente
della
Sezione ha affermato quanto segue: «stante
l’imminenza dell’inizio
dell’anno scolastico, appaiono sussistere i presupposti
della gravità e urgenza richiesti
per la pronuncia del decreto decisorio, limitatamente
all’effettuazione degli adempimenti
preparatori delle nomine e con esclusione di queste ultime;
l’Amministrazione
provvederà a dare notizia agli interessati che detti
adempimenti sono eseguiti in
attuazione degli effetti cautelari del presente decreto e
che l’eventuale adozione dei
provvedimenti di nomina resta subordinata all’esito
dell’esame collegiale della
controversia da parte della Sezione».
8.– Con
ordinanza 28 agosto 2012, n. 3295 la Sezione ha rigettato la
domanda
cautelare, ritenendo, all’esito di una sommaria delibazione, che «le
buste contenenti i nominativi dei candidati hanno natura
tale da rendere astrattamente
leggibili i nominativi stessi» e che «tale circostanza
risulta dalla verifica diretta delle
buste prodotte agli atti del giudizio».
Con la
stessa ordinanza è stata fissata, per la trattazione nel merito della
controversia,
l’udienza pubblica del 20 novembre 2012.
9.– In
vista della predetta udienza il Ministero appellante ha depositato una
relazione
tecnica, redatta da una commissione perizia su carte valori presso
l’Istituto
poligrafico dello Stato. Nella relazione si conclude affermando che
«in condizioni di luce riflessa le scritte compilate sui
cartoncini racchiusi all’interno
delle buste sono risultati non leggibili a colpo d’occhio». Si aggiunge che «in
assenza
di strumentazione l’unica possibilità per leggere le
scritte risulta l’esposizione delle
buste a luce solare direttamente sul retro della busta
(luce trasmessa) nonché l’uso di
una lampada da tavolo utilizzata come piano visore (luce
trasmessa) ». La
commissione
ritiene che «queste due modalità non possono essere
definite “ictu
oculi” ».
10.– All’esito
della predetta udienza, la Sezione, anche al fine di verificare
l’attendibilità
delle conclusioni contenute nella predetta relazione, ha
disposto,
con ordinanza 26 novembre 2012, n. 5959, una verificazione
tecnica
volta: «a) ad accertare, mediante un’indagine
tecnica sulla composizione e
sulle caratteristiche materiali delle buste, la loro natura
e consistenza; b) a verificare se
e con quali modalità siano leggibili i nominativi dei
canditati posti all’interno delle
buste». A tale fine, è stato nominato «il Direttore del
Dipartimento di scienze
merceologiche dell’Università La Sapienza di Roma». La causa è stata rinviata al
15 gennaio
2013 ed è stato disposto che il verificatore dovesse depositare la
relazione
entro il 4 gennaio.
10.1.– Con
atto depositato il 14 dicembre 2012 il verificatore ha rinunciato
all’incarico,
facendo presente di non avere «a
disposizione le attrezzature
necessarie per svolgere la verifica tecnica».
10.2.–
All’esito dell’udienza del 15 gennaio 2013, pertanto, questa Sezione
ha, con
ordinanza depositata il successivo 21 gennaio, nominato, quale
nuovo
verificatore, il prof. Teodoro Valente, Direttore del Dipartimento di
Ingegneria
Chimica Materiali Ambiente dell’Università degli Studi di Roma
“La
Sapienza”. Con questa ordinanza sono stati posti gli stessi quesiti della
precedente
ordinanza, assegnando al verificatore termine sino al 1° marzo
2013 per
il deposito della relazione tecnica. La causa è stata, pertanto,
rinviata
all’udienza pubblica del 22 marzo 2013.
10.3.– Il
verificatore ha, poi, depositato, il 21 febbraio 2013, una istanza
volta ad
ottenere una proroga di trenta giorni per il deposito della relazione
che, con
ordinanza 11 marzo 2013, è stata concessa, rinviando la causa al
30 aprile
2013.
10.4.– La
relazione tecnica è stata depositata l’11 aprile 2013. Con istanza
depositata
in pari data la difesa dell’Amministrazione ha chiesto lo
spostamento
dell’udienza già fissata ad altra data, al fine di potere avere un
tempo
adeguato per esaminare il contenuto della relazione tecnica e
depositare
una memoria difensiva. All’udienza pubblica del 30 aprile la
causa è
stata, pertanto, differita al 4 giugno.
11.–
All’udienza del 4 giugno la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1.– La
questione posta all’esame del Collegio attiene alla legittimità della
procedura
concorsuale, indetta con decreto del Direttore generale per il
personale
scolastico del 13 luglio 2011 e descritta nella parte in fatto (punto
1), per il
reclutamento di dirigenti scolastici nella Regione Lombardia.
2.– In via
preliminare, devono essere esaminate le eccezioni di
inammissibilità
e di (parziale) irricevibilità del ricorso di primo grado
sollevate
dagli appellanti e dagli opponenti.
2.1.– Con
una prima eccezione è stata dedotta la violazione delle regole che
presiedono
all’instaurazione del contraddittorio, in quanto non è stata
assicurata
la partecipazione al giudizio di tutti coloro che, al momento della
proposizione
del ricorso, avevano già superato la prova scritta. Gli
appellanti
incidentali hanno aggiunto che, per uno dei ricorsi proposti, i
ricorrenti
non hanno dimostrato, in relazione a taluni controinteressati, il
perfezionamento
della notificazione.
Le
eccezioni non sono fondate.
La qualifica
di controinteressato in senso processuale richiede un requisito
formale,
costituito dalla presenza del nominativo nel provvedimento
amministrativo,
e un requisito sostanziale, costituito dalla sussistenza di un
interesse
contrario al mantenimento della situazione attuale, definita dal
provvedimento
stesso (v. art. 41 Cod. proc. amm.).
Nel caso
delle procedure concorsuali, la giurisprudenza di questo Consiglio
di Stato,
da cui non vi è motivo di discostarsi, ha affermato che quando
sono in
corso di espletamento, «non essendo ancora
stata stilata la graduatoria
definitiva, vi è ancora incertezza riguardo ai nominativi
dei vincitori, non sono
ravvisabili posizioni di controinteresse in senso tecnico
giuridico in sede di
impugnazione del provvedimento di esclusione di taluno dei
candidati, posto che non
risulta sufficientemente differenziata la posizione degli
altri partecipanti, non ancora
utilmente selezionati» (Cons.
Stato, VI, 24 novembre 2011, n. 6206; 26
gennaio
2009, n. 348; 15 dicembre 2009, n. 7945; e Cons. giust. amm. sicil.
25 maggio
2009, n. 477, che ha affermato il principio sopra riportato con
riferimento
al concorso per dirigenti scolastici che si è espletato nel 2004 in
Sicilia).
Da quanto
esposto consegue che l’eventuale mancato perfezionamento
della
notificazione nei confronti di taluno dei controinteressati non
costituisce
causa di invalidità della sentenza adottata.
2.2.– Con
una seconda eccezione è stata dedotta l’inammissibilità dei ricorsi
collettivi,
attesa la posizione disomogenea dei ricorrenti.
L’eccezione
non è fondata.
Il
Consiglio di Stato ha ritenuto che il ricorso collettivo è ammissibile nel
solo caso
in cui, oltre a sussistere «una situazione di
identità sostanziale e
processuale in rapporto a domande giudiziali fondate sulle
stesse ragioni difensive»,
manchi un
conflitto di interessi tra le parti (ex
multis, Cons. Stato, IV, 29
dicembre
2011, n. 6990).
Nella fattispecie
qui in esame, i ricorrenti di primo grado hanno fatto
valere,
tra l’altro, illegittimità derivanti dalle violazioni dei principi
sull’anonimato,
circostanza che esclude la presenza di situazioni
confliggenti:
l’accoglimento del ricorso, infatti, determinerebbe un’utilità
per tutte
le parti ricorrenti.
2.3.– Con
una terza eccezione è stato dedotto che il ricorso di primo grado
avrebbe
dovuto essere dichiarato improcedibile per omessa impugnazione
della
graduatoria finale.
L’eccezione
non è fondata.
Il ricorso
di primo grado è stato proposto e la sentenza è stata adottata
prima
dell’approvazione della graduatoria. Il decreto monocratico di questa
Sezione n.
3218 del 2012 ha espressamente autorizzato gli adempimenti
preparatori
alle nomine, puntualizzando che gli stessi sono eseguiti in
attuazione
degli effetti cautelari del decreto stesso e che l’eventuale
adozione
di provvedimenti di nomina restava subordinata all’esame
collegiale
della controversia da parte della Sezione. Non può, pertanto,
ritenersi
che sussista un atto di approvazione di graduatoria, dotato di
propria
autonomia precettiva, che occorresse impugnare.
2.4.– Con
una quarta eccezione è stato affermato che non sussistevano i
presupposti
per l’adozione di una sentenza in forma semplificata in ragione
dell’incompletezza
del contraddittorio e dell’istruttoria, con conseguente
obbligo di
annullare la sentenza e rinviare l’esame della controversia al
primo
giudice.
L’eccezione
non è fondata.
I
presupposti per l’adozione della sentenza impugnata, contemplati dall’art.
60 Cod.
proc. amm., erano presenti, in quanto: i) il contraddittorio era
completo
per le ragioni sopra esposte in ordine alla ritualità delle
notificazioni;
ii)
l’istruttoria, svolta nel modo già illustrato (punto 4 della
parte in
fatto) è stata ritenuta anch’essa completa dal primo giudice.
2.5.– Con
una quinta eccezione gli appellanti incidentali deducono che
l’accertamento
in ordine alla natura delle buste avrebbe presupposto la
proposizione
della querela di falso.
L’eccezione
non è fondata.
Le parti
appellate non hanno contestato, in ragione della peculiare natura
della
violazione contestata, la verbalizzazione di determinate operazioni da
parte dei
commissari. Ne consegue che l’accertamento giudiziale, richiesto
in questa
sede, non è impedito da tale omessa proposizione di querela.
2.6.–
Infine, gli opponenti hanno rilevato la tardività del ricorso di primo
grado
nella parte in cui è stata contestata la violazione del principio
dell’anonimato,
in quanto «l’astratta possibilità, foriera della
lesione immediata ed
attuale del principio dell’anonimato, esisteva già al
momento della consegna delle buste
ai candidati».
L’eccezione
non è fondata.
Nelle
procedure concorsuali l’interesse a ricorrere sorge nel momento in cui
vengono
adottati i provvedimenti finali di esclusione dal concorso per
mancato
superamento della prova scritta. Non esiste, pertanto, un onere di
impugnazione
immediata dei verbali della commissione e comunque degli
atti
aventi valenza endoprocedimentale.
3.– Gli
appelli e le opposizioni di terzo proposte, a prescindere dalle
questioni
preliminari poste dalle parti appellate, non sono fondati.
4.– In via
preliminare non è inutile rammentare, su un piano generale, le
previsioni
costituzionali rilevanti in tema di concorso pubblico così come
considerate
dalla Corte costituzionale, oltre che, sul piano specifico, le
norme di
legge e regolamentari poste a garanzia del principio
dell’anonimato.
4.1.– In
generale, va sottolineato che l’art. 97, terzo comma, della
Costituzione
prevede che, salvo i casi stabiliti dalla legge, «agli impieghi nelle
pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso». Ciò significa che la «forma
generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche
amministrazioni» (Corte cost.,
9 novembre
2006, n. 363) è rappresentata «da una
selezione trasparente,
comparativa, basata esclusivamente sul merito e aperta a
tutti i cittadini in possesso di
requisiti previamente e obiettivamente definiti» (Corte cost., 13 novembre 2009,
n. 293).
La
giurisprudenza costituzionale ha rilevato la stretta correlazione a questa
norma
costituzionale degli articoli 3, 51 e 97, primo comma, Cost.
Il
concorso pubblico, infatti: i) consente «ai cittadini di accedere ai pubblici
uffici
in condizioni di eguaglianza» (artt. 3 e 51); ii) garantisce il rispetto del principio
del buon
andamento (art. 97, primo comma), in quanto «il
reclutamento dei
dipendenti in base al merito si riflette, migliorandolo,
sul rendimento delle pubbliche
amministrazioni e sulle prestazioni da queste rese ai
cittadini» (Corte cost. n. 293
del 2009,
cit.); iii) assicura
il rispetto del principio di imparzialità, in quanto
«impedisce che il reclutamento dei pubblici impiegati
avvenga in base a criteri di
appartenenza politica e garantisce, in tal modo, un certo
grado di distinzione fra
l’azione del governo, normalmente legata agli interessi di
una parte politica, e quella
dell’amministrazione, vincolata invece ad agire senza
distinzioni di parti politiche, al
fine del perseguimento delle finalità pubbliche obiettivate
nell’ordinamento; sotto tale
profilo il concorso rappresenta, pertanto, il metodo
migliore per la provvista di organi
chiamati ad esercitare le proprie funzioni in condizioni di
imparzialità e al servizio
esclusivo della Nazione» (Corte
cost. n. 293 del 2009, cit. e 15 ottobre 1990,
n. 453).
Da tutto
quanto esposto è dato trarre la considerazione che la pratica
effettiva
dell’anonimato per le prove scritte d’esame dei concorsi pubblici –
come in
generale per tutti gli esami scritti a rilievo pubblico – realizza in
termini
pratici principi e regole di dignità costituzionale. Dal che la sua
indefettibilità
in concreto.
4.2.–
Nello specifico poi, l’art. 14 d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487 (Regolamento
recante norme sull'accesso agli impieghi nelle pubbliche
amministrazioni e le modalità
di svolgimento dei concorsi, dei concorsi unici e delle
altre forme di assunzione nei
pubblici impieghi) disciplina gli
adempimenti dei concorrenti e della
commissione
al termine della prova scritta (analoghe disposizioni sono
contenute
nel d.P.R, 3 maggio 1957, n. 686, recante «Norme
di esecuzione del
testo unico delle disposizioni sullo statuto degli impiegati
civili dello Stato, approvato
con decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio
1957, n. 3»).
In
particolare, la commissione è tenuta a:
-
consegnare al candidato in ciascuno dei giorni di esame due buste di
eguale
colore: una grande munita di linguetta staccabile ed una piccola
contenente
un cartoncino bianco (comma 1);
- il
presidente della commissione o del comitato di vigilanza, o chi ne fa le
veci,
appone trasversalmente sulla busta, in modo che vi resti compreso il
lembo
della chiusura e la restante parte della busta stessa, la propria firma e
l'indicazione
della data della consegna (comma 2, ultimo inciso);
- al
termine di ogni giorno di esame è assegnato alla busta contenente
l’elaborato
di ciascun concorrente lo stesso numero da apporsi sulla
linguetta
staccabile, in modo da poter riunire, esclusivamente attraverso la
numerazione,
le buste appartenenti allo stesso candidato (comma 3);
-
successivamente alla conclusione dell’ultima prova di esame e comunque
non oltre
le ventiquattro ore si procede alla riunione delle buste aventi lo
stesso
numero in un unica busta, dopo aver staccata la relativa linguetta
numerata;
tale operazione è effettuata dalla commissione esaminatrice o dal
comitato
di vigilanza con l’intervento di almeno due componenti della
commissione
stessa nel luogo, nel giorno e nell’ora di cui è data
comunicazione
orale ai candidati presenti in aula all'ultima prova di esame,
con
l'avvertimento che alcuni di essi, in numero non superiore alle dieci
unità,
potranno assistere alle anzidette operazioni (comma 4);
- i pieghi
sono aperti alla presenza della commissione esaminatrice quando
essa deve
procedere all'esame dei lavori relativi a ciascuna prova di esame
(comma 5);
- il
riconoscimento deve essere fatto a conclusione dell’esame e del giudizio
di tutti
gli elaborati dei concorrenti (comma 6).
Il
candidato è tenuto:
- dopo
aver svolto il tema, senza apporvi sottoscrizione, né altro
contrassegno,
a mettere il foglio o i fogli nella busta grande; a scrivere il
proprio
nome e cognome, la data e il luogo di nascita nel cartoncino,
chiudendolo
nella busta piccola; a porre, quindi, anche la busta piccola nella
grande che
richiude e a consegnare il tutto al presidente della commissione
o del
comitato di vigilanza o a chi ne fa le veci (comma 2, primo inciso).
Sul piano
funzionale, va considerato il dato essenziale che l’ordinamento,
con queste
norme, intende assicurare il rispetto effettivo del principio
dell’anonimato
- vale a dire della non riconoscibilità, anche ipotetica,
dell’autore
- degli scritti concorsuali, che costituisce «garanzia
ineludibile di
serietà della selezione e dello stesso funzionamento del
meccanismo meritocratico»
(Cons.
Stato, VI, 6 aprile 2010, n. 1928) e rappresenta «il diretto portato del
criterio generale di imparzialità della pubblica
amministrazione, la quale deve operare
le proprie valutazioni senza lasciare alcuno spazio a
rischi, anche soltanto potenziali,
di condizionamenti esterni» (Cons. Stato, V, 5 dicembre 2006, n. 7116; Cons.
Stato, V,
1 marzo 2000, n. 1071).
Sul piano
strutturale, per perseguire nella realtà pratica un tale obiettivo,
l’ordinamento
prevede norme cogenti che, in rapporto ai suddetti principi
costituzionali,
configurano regole di condotte tipizzate, riconducibili
all’amministrazione e ai candidati, che
indefettibilmente vanno osservate nelle
procedure
concorsuali. La violazione di tali norme comporta un’illegittimità
da
pericolo astratto e presunto: solo con una siffatta rigorosa precauzione
generale,
infatti, è ragionevolmente garantita l’effettività dell’anonimato nei
casi
singoli. Con queste cautele, elevate a inderogabili norma di condotta, la
soglia
dell’illegittimità rilevante viene anticipata all’accertamento della
sussistenza
di una condotta concreta non riconducibile a quella tipizzata.
L’ordinamento
non chiede dunque che il giudice accerti di volta in volta che
la
violazione delle regole di condotta abbia portato a conoscere
effettivamente
il nome del candidato. Se fosse richiesto un tale, concreto,
accertamento,
lo stesso - oltre ad essere di evidente disfunzionale onerosità
- si
risolverebbe, con inversione dell’onere della prova, in una sorta di
probatio diabolica che
contrasterebbe con l’esigenza organizzativa e giuridica
di
assicurare senz’altro e per tutti il rispetto delle indicate regole, di
rilevanza
costituzionale, sul pubblico concorso.
4.2.1.–
Riguardo alla casistica ad oggi formatasi sui comportamenti
dei
candidati, il caso più
ricorrente riguarda l’apposizione di segni di
riconoscimento
sugli elaborati scritti: a tale proposito, si è affermato che
«ciò che rileva non è tanto l’identificabilità dell’autore
dell’elaborato mediante un segno
a lui personalmente riferibile, quanto piuttosto l’astratta
idoneità del segno a fungere
da elemento di identificazione» (da ultimo, Cons. Stato, V, 11 gennaio 2013, n.
102; VI,
26 marzo 2012, n. 1740; si v. anche V, 29 settembre 1999, n.
1208). Più
in dettaglio, la casistica stessa varia poi in relazione
all’identificazione
della nozione di “segno” astrattamente riconoscibile.
Con
riferimento ai comportamenti dell’amministrazione, i casi indicati
riguardano
l’apposizione sui lembi di chiusura delle buste contenenti gli
elaborati
delle sigle dei membri della commissione. A tal proposito, si è
affermato
che è sufficiente che tali sigle «siano
apposte in maniera
macroscopicamente diversa da busta a busta ovvero che su
alcune di esse sia stata
marcata la data con la sola indicazione del giorno e del
mese mentre su altre vi si legge
il giorno, il mese e l'anno» per considerare leso il principio dell’anonimato. E’
stato
ritenuto sufficiente, anche in questo caso, la violazione della regola di
condotta
tipica descritta dalle norme «senza
che sia necessario (…)ricostruire
a
posteriori il possibile percorso di riconoscimento degli
elaborati da parte dei soggetti
chiamati a valutarli» (Cons. Stato,
VI, n. 1928 del 2010, cit.).
5.– Ciò
rammentato, si può qui passare ad analizzare i motivi dedotti dagli
appellanti
e opponenti, che possono essere suddivisi in due gruppi.
Con un
primo gruppo si assume che: i) i ricorrenti in primo grado non
hanno
dimostrato la trasparenza delle buste e, in ogni caso, esse avrebbero
natura
tale non fare risultare, ictu oculi, leggibili i nominativi, come sarebbe
dimostrato
dal fatto che i.1) tali
buste sono state acquistate tramite la
Consip e
che i. 2) nessun
candidato o commissario abbia mai contestato la
natura
delle buste.
5.1.– I
motivi non sono fondati.
Viene qui
in rilievo il comportamento dell’amministrazione che ha fornito ai
singoli
candidati le buste contenenti il cartoncino su cui apporre i propri
dati
anagrafici.
L’art. 14
del d.P.R. n. 487 del 1994 prevede, come già sottolineato, che la
commissione
consegni ai singoli candidati una busta piccola contenente un
cartoncino
bianco su cui indicare i propri dati anagrafici.
Questa
busta deve avere natura e consistenza tale da non consentire la
lettura
dei predetti dati.
Occorre
allora qui accertare se la condotta concreta posta in essere
dall’amministrazione
sia o meno riconducibile alla condotta tipica voluta
dall’ordinamento.
Questa
verifica ha presupposto, in primo luogo, l’acquisizione, disposta dal
primo
giudice, della documentazione costituita dalle buste nella
disponibilità
dell’amministrazione. Sul punto non può, pertanto, ritenersi
che i
ricorrenti in primo grado non abbiamo fornito la prova dei fatti
dedotti.
In secondo
luogo, la verifica ha richiesto un accertamento tecnico che,
anche per
la varietà dei contesti ambientali nel cui ambito esso deve essere
svolto, il
Collegio ha demandato a un verificatore.
Il
verificatore ha depositato la relazione tecnica in data 11 aprile 2013.
La
relazione ha premesso che la tipologia di tecniche e strumenti
potenzialmente
utilizzabili per la lettura dei «dati
identificativi» è assai ampia.
In
particolare, ha ritenuto che la modalità guida sulla base della quale
selezionare
le tecniche di indagine debba essere quella «ictu
oculi» affiancata
da determinazioni
strumentali sul grado di bianco e da misure di opacità.
Sono
state, pertanto, escluse tecniche sofisticate da laboratorio, quale la
video-comparazione,
la digitalizzazione di immagini e la loro elaborazioni
con
software dedicati, l’uso di sistemi di microscopia equipaggiati con lenti
di
ingrandimento e software di analisi, gestione ed elaborazione di
immagini.
Il verificatore ha, inoltre, dichiarato di avere «provveduto alla
eliminazione dello strato d’aria tra busta e cartoncino
mediante pressione meccanica
esercitata con le dita, simulando una operazione di
stiraggio ancorata ai lembi laterali
delle buste».
Il
verificatore ha concluso ritenendo che la misura del grado di bianco è
compatibile
con i valori medi e la misura di opacità «è
considerato congruo
rispetto al segreto epistolare di tipo comune».
Per quanto
attiene alle valutazioni ictu-oculi, ha effettuato una serie di
accertamenti,
valutando tutte le possibili condizioni ambientali nella fase di
correzione
degli elaborati.
In
particolare, egli ha accertato quanto segue.
A) I
nominati dei candidati sono leggibili in condizioni «di luce media con cielo
privo di nubi e con irraggiamento indiretto all’interno di
un locale non illuminato
artificialmente» (pag. 12 rel.).
Si è puntualizzato che «in base ai
risultati ottenuto
non si è ritenuto necessario procedere ad una valutazione
nella condizione di luce solare
trasmessa per irraggiamento diretto, con diffusione
attraverso vetro, e nella condizione
di luce solare trasmessa per irraggiamento diretto senza
diffusione attraverso vetro (la
cosiddetta condizione di “controluce”), in quanto la sola
luce solare trasmessa e diffusa
attraverso una finestra nelle condizioni di verifica già
consente la lettura dei nominativi
sui cartoncini» (pag. 19 rel.).
B) I
nominativi dei candidati sono leggibili in «condizioni
di luce media del
giorno a cielo coperto all’interno di un locale non
illuminato artificialmente» (pag. 20
rel.) in
caso di «cartoncino inserito lato intestazione
o lato chiusura busta con
osservazione diretta sullo stesso lato» (pag. 22 rel.).
C) I
nominati dei candidati sono leggibili mediante «impiego di lampada da
tavolo da 28W in trasmissione come piano visore» (pag. 26 rel.).
I dati
identificativi non sono leggibili mediante impiego: a) di lampada da
tavolo in
condizione di riflessione (pagg. 23-24 rel.); b) di lampada da
soffitto
in condizione di trasmissione e di riflessione (pagg. 25-28).
Il
Collegio, ritiene, con riferimento alle valutazioni
preliminari, che la scelta
tecnica,
basata sull’accertamento ictu oculi, effettuata dal verificatore sia
corretta,
in quanto risulta compatibile con la natura del procedimento e
dell’accertamento
giudiziale richiesto. Inoltre, l’eliminazione dello strato
d’aria,
essendo effettuata con le modalità sopra indicate, risponde al
normale
impiego manuale delle buste.
Con
riferimento alle valutazioni finali, il Collegio ritiene che le stesse
correttamente
conducano a ritenere che non sono state rispettate le norme
di
disciplina del settore.
Le
rammentate regole di condotta tipiche impongono infatti che le buste
utilizzate
non debbano consentire, in qualunque possibile condizione
ambientale,
che siano “leggibili” i nominativi.
Le
pratiche di condotta rilevate in concreto hanno però dimostrato che, in
presenza
di una luce naturale o artificiale del tipo sopra indicato, era in
realtà
possibile leggere i nominativi dei candidati e così identificarli, in
evidente
lesione della inderogabile garanzia di anonimato e dunque di
eguaglianza.
Una volta
perciò dimostrato, come così è avvenuto, che le buste
permettono
di poter conoscere i dati identificativi, non assumono rilevanza
la
circostanza che il Ministero abbia acquisito le buste mediante una
fornitura
Consip e che in sede di prova d’esame nessuno abbia
specificamente
contestato la consistenza della buste.
6.– Con un
secondo ordine di motivi, strettamente connessi, si assume che,
anche
qualora le buste abbiano una consistenza tale da rendere
astrattamente
leggibili i nominativi, in ogni caso: i) le buste contenenti i
nominativi
non erano nella disponibilità della commissione; ii) i luoghi ove
sono stati
corretti gli elaborati non avevano, per mancanza di finestre, una
luce
naturale sufficiente; iii) è mancato
l’accertamento in concreto della
violazione
delle regole dell’anonimato (come richiesto dalle decisioni 1
ottobre
2002, n. 5132 e 6 luglio 2004, n. 5017 della V e VI Sezione del
Consiglio
di Stato); iv) la
violazione delle regole dell’anonimato
presupporrebbe
un comportamento “fraudolento” della commissione.
6.1.– I
motivi non sono fondati.
In
relazione al primo aspetto, dai verbali del concorso e, più in generale,
dagli atti
acquisiti al processo risulta che la busta piccola era nella
“disponibilità”
della commissione. Infatti, gli elaborati di ciascuna delle due
prove
scritte erano inseriti in una busta bianca unitamente alla busta
piccola.
Le due buste bianche sono state poi inserite in un’unica busta
gialla. Al
momento della correzione, la commissione ha proceduto ad
assegnare
un numero progressivo alla busta gialla e alle due buste bianche
in quella
contenute, per poi procedere all’apertura di una delle due buste
bianche,
assegnando un numero progressivo alla busta piccola e procedure
N. 05836/2012 REG.RIC.
http://www.giustizia-amministrativa.it/DocumentiGA/Consiglio di Stat...
25 di 32 11/07/2013 22:01
alla
correzione dell’elaborato. Appare evidente, pertanto che,
contrariamente
a quanto affermato dagli appellanti, la busta piccola sia
stata
nella disponibilità della commissione al momento della valutazione dei
temi.
In
relazione al secondo aspetto: i) non è possibile individuare con certezza
un luogo
unico di correzione che abbia le caratteristiche indicate; ii) erano,
comunque,
presenti, come ammettono le parti stesse, dei “lucernai”; iii) la
leggibilità
poteva avvenire, come sopra rilevato, sia in assenza di luce solare
sia
mediante luce artificiale.
In
relazione al terzo aspetto non è necessaria la prova dell’effettiva lettura
dei
nominativi. Come già sottolineato è sufficiente un accertamento
astratto e
non concreto della violazione (si v. punto 4.2.1.). La decisione n.
5132 del
2002, sopra richiamata, non si discosta da questo principio,
essendosi
limitata a disporre una verifica “concreta” con riguardo alla
tipologia
di segni di riconoscimento apposti dai candidati. La decisione n.
5017 del
2004, anch’essa richiamata, ha riguardato una fattispecie
particolare
relativa alla scollatura di alcune buste consegnate a un numero
ridotto di
candidati. In tale decisione si è affermato che non poteva farsi
ricadere
sui candidati un rischio non addebitabile a un loro condotta
finalizzata
a farsi riconoscere, specificando che questo caso è diverso da
quello in
cui vengono consegnati a tutti i candidati buste che consentono la
leggibilità
dei nominati. In tale ipotesi, si è disposto, l’intera procedura
dovrà
essere «ripetuta, con rispetto della par
condicio».
Infine, si
deve rilevare come non sia necessario, per la lettura dei
nominativi,
un comportamento effettivamente “fraudolento” della
commissione,
in quanto, come già sottolineato, è sufficiente un impiego
“ordinario”
delle buste affinché si possa venire a conoscenza dei nominativi
dei
candidati.
7.– Si può
adesso passare ad esaminare i motivi, riproposti in sede di
appello
dalle parti resistenti.
In
particolare, sono stati fatti valere motivi che possono essere inseriti in
tre gruppi
relativi: i) alle
modalità di svolgimento delle prove; ii) alle
modalità
di correzione degli elaborati; iii) alla composizione della
commissione.
8.– I
motivi inclusi nel primo gruppo, a prescindere dalla loro ammissibilità
perché
dedotti con ricorsi cumulativi, non sono fondati.
8.1.– Con
un primo motivo si assume che l’elaborazione delle tracce
sarebbe di
competenza dell’amministrazione statale e non di quella
regionale.
Il motivo
non è fondato.
L’articolo
2 del bando di concorso prevede che la procedura concorsuale si
svolga, in
tutte le sue fasi, a livello regionale. La formulazione ampia
consente
che siano le singole commissioni, istituite presso le sedi regionali,
ad
elaborare le tracce per coloro che intendono partecipare al concorso in
quel
determinato territorio. Il bando prevede che soltanto la prova
preselettiva
sia unica a livello nazionale (art. 8).
In
definitiva, in presenza di una formulazione così ampia del bando e in
assenza di
violazioni di legge, deve ritenersi che questa fase della procedura
sia esente
dai vizi denunciati.
8.2.– Con
un secondo motivo si assume che i criteri di valutazione
risultano
redatti nella riunione del 9 gennaio 2012, successivamente
all’effettuazione
degli scritti; inoltre, nel predetto verbale si afferma che il
documento
di valutazione era stata già predisposto dalla commissione «e
successivamente rielaborato» nel corso della predetta riunione. In particolare, si
assume che
i candidati avrebbero dovuto sapere che l’elaborato avrebbe
dovuto
essere redatto «in modo conciso ma compiuto».
Il motivo
non è fondato.
I criteri
di valutazione vanno predeterminati prima dell’inizio delle
correzioni
degli elaborati in modo da potere assegnare a ciascun tema un
punteggio
numerico alla luce dei criteri stessi. La loro funzione è, infatti, di
consentire
la comprensione dell’iter logico giuridico seguito dalla
commissione
nell’assegnazione di un determinato punteggio (es. Cons.
Stato, II,
26 febbraio 2012, n. 5536).
La
circostanza che, nella specie, i criteri siano stati definitivamente elaborati
dopo le
prove scritte, in assenza di deduzioni specifiche addotte in
relazione
al singolo elaborato, non può avere valenza invalidante.
8.3.– Con
un terzo motivo si assume che i predetti criteri non sarebbero
congrui
nella parte in cui fanno riferimento, per la valutazione della prima
traccia,
alla «originalità critica» (che sarebbe sproporzionata rispetto alla
finalità
perseguita) e alla «competenza negoziale e relazionale» (che non sarebbe
valutabile
in sede di correzione di un elaborato scritto.
Il motivo
non è fondato.
In via
preliminare si deve rilevare che la giurisprudenza di questo Consiglio
di Stato è
costante nel ritenere che «nei concorsi
pubblici la predeterminazione dei
criteri di valutazione delle prove si connota di un'ampia
discrezionalità, sicché gli stessi
sfuggono al sindacato giurisdizionale, salvi i casi di
manifesta illogicità o irrazionalità»
(da
ultimo, Cons. Stato, IV, 28 maggio 2012, n. 3165).
Nella
fattispecie in esame, la commissione, nel corso della riunione del 9
gennaio
2012, ha redatto i seguenti criteri con riferimento alla prima prova
scritta: i) chiarezza espressiva e capacità di analisi; ii) pertinenza
argomentativa;
iii)
attinenza alla traccia ed esaustività della trattazione; iv)
originalità
critica; v) uso
corretto dei riferimenti normativi ed informativi;
vi) competenza negoziale e
relazionale.
Con
riferimento alla seconda traccia sono stati individuati gli stessi criteri,
con la
sola sostituzione del criterio sub v) con il seguente: efficacia del
riferimento
al contesto professionale specifico.
Inseriti
in tale contesto complessivo, i due criteri, oggetto di censure, sono
immuni dai
vizi denunciati in quanto la loro elaborazione rientra nella sfera
di
discrezionalità dell’amministrazione, la quale, nella specie, la ha esercitata
in modo
conforme al principio di ragionevolezza. Un sindacato su tale
aspetto
implicherebbe una non consentita sostituzione del giudice
all’amministrazione.
8.4.– Con
un quarto motivo si assume che la prima traccia, oltre ad essere
generica,
prescriveva di elaborare una «offerta
formativa» facendo riferimento
ad un «grado e ordine di scuola più confacente alla propria
esperienza», il che
vanificherebbe
le garanzie dell’anonimato.
Il motivo
non è fondato.
La prima
traccia ha il seguente contenuto «il
candidato, dopo avere eseguito una
disamina dei documenti europei degli ultimi anni e avere
stabilito un collegamento con
le normative inerenti le riforme del sistema scolastico
italiano, scelga un grado e ordine
di scuola più confacente alla propria esperienza ed elabori
un’offerta formativa
operando tutte le necessarie ipotesi legislative,
amministrative, organizzative, gestionali,
sindacali, ecc.e quelle relative al contesto territoriale
in cui la scuola si trova».
La
possibilità di fare riferimento ad una scuola, per la genericità del
riferimento
stesso, non è idonea di per sé a costituire un segno di
riconoscimento
degli elaborati, con violazione del principio dell’anonimato
(si v. i
precedenti di cui al punto 4.2.1.) L’elaborazione della traccia, sopra
riportata,
in assenza di deduzioni specifiche relative ai singoli elaborati,
costituisce,
pertanto, espressione di discrezionalità tecnica non
irragionevole.
9.– Le
censure relative al secondo e terzo gruppo (relative, rispettivamente,
alle
modalità di correzione degli elaborati e alla composizione della
commissione)
possono non essere esaminate, in quanto la fase della
procedura,
nel cui ambito le illegittimità lamentate sarebbero state
commesse,
deve essere rinnovata in ragione della violazione delle regole
dell’anonimato.
10.–
L’art. 34, lettera e), Cod.
proc. amm. prevede che il giudice, con la
sentenza
con cui definisce il giudizio di cognizione, «dispone
le misure idonee
ad assicurare l’attuazione del giudicato».
Nel caso
in esame l’attuazione del giudicato deve avvenire in modo da
preservare,
in rispetto del principio di economicità, la validità degli atti della
procedura
che non sono stati inficiati dall’illegittimità qui riscontrata. In
questa
prospettiva, non è necessario che venga ripetuto lo svolgimento delle
prove
scritte, in quanto lo stesso è avvenuto, per le ragioni indicate, nel
rispetto
delle relative norme.
Il
Ministero dell’istruzione, pertanto, dovrà affidare a un dirigente di prima
fascia
incardinato da almeno un anno presso gli uffici centrali ministeriali e
ad altri
due dirigenti di analoga collocazione, estranei alla vicenda
amministrativa
in esame, il compito di procedere alla sostituzione delle
buste,
oggetto di contestazione in questo giudizio, con buste che assicurino
l’assoluto
rispetto del principio dell’anonimato, nonché all’effettuazione
delle
altre necessarie operazioni materiali. I dirigenti incaricati daranno
adeguata
pubblicità delle attività poste in essere indicando luogo, giorno e
ora in cui
si effettueranno tali operazioni, consentendo, se richiesto, ad un
numero non
superiore a dieci candidati, di assistervi.
Il
Ministero, inoltre, provvederà a nominare una nuova commissione
composta
da soggetti aventi i prescritti requisiti legali, con il compito di
procedere
ad una nuova valutazione degli elaborati di tutti i candidati che
hanno
superato la prova preselettiva.
La
commissione nominata procederà poi alla correzione degli elaborati nel
rispetto
di tutte le norme di legge e di quelle contenute nel bando di
concorso.
11.– In
sintesi dunque, le considerazioni di principio che qui vanno
affermate
sono le seguenti.
A) Nelle
procedure concorsuali l’esigenza di assicurare il rispetto effettivo
del
principio costituzionale del pubblico concorso e la regola fondamentale
dell’anonimato
ad esso sottesa costituiscono la base di un dovere
indefettibile
per l’amministrazione che le impone di utilizzare, in
conformità
alla condotta tipica definita a livello normativo, buste,
all’interno
delle quali i concorrenti inseriscono i dati identificativi,
materialmente
tali da non consentire nemmeno astrattamente che la
commissione
o altri possano, in qualunque condizione ambientale, leggere i
dati
identificativi dei concorrenti stessi fino al momento procedimentale
dedicato
all’apertura delle buste.
B) L’attuazione
della sentenza che dichiara l’illegittimità di una fase della
procedura
concorsuale deve avvenire, in ossequio al principio di
economicità
dell’azione amministrativa, in modo da preservare, ove
possibile,
le fasi della procedura stessa immuni dai vizi denunciati.
12.– La
natura della controversia, che impone la rinnovazione della
procedura
concorsuale nel rispetto delle regole indicate, giustifica l’integrale
compensazione
tra tutte le parti delle spese del giudizio. Le spese della
verificazione,
che si stimano in euro 8.000,00 sono poste a carico del
Ministero.
P.Q.M.
Il
Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Sesta, definitivamente
pronunciando:
a) rigetta
gli appelli, principale e incidentali, e le opposizioni di terzo
proposti
con i ricorsi indicati in epigrafe;
b)
dichiara integralmente compensate le spese del presente grado di
giudizio,
ponendo a carico del Ministero appellante soltanto il compenso da
corrispondere
al verificatore, che viene determinato in euro 8.000,00
(ottomila/00).
Ordina che
la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così
deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 giugno 2013