Insicurezza nelle scuole: invece di denunciarla con risolutezza, si ipotizzano le dimissioni dei rappresentanti dei lavoratori.




di Polibio


Se il 50% delle scuole italiane non ha il certificato di agibilità, se il 65% non ha quello di prevenzione incendi e se il 36% degli edifici necessità di urgenti interventi di manutenzione, allora l’insicurezza è diffusa e la preoccupazione è certamente assai notevole. Si tratta, a parte la carente manutenzione ordinaria, soprattutto nelle regioni meridionali, a incrementare le condizioni di insicurezza degli edifici scolastici, di dati forniti da Legambiente, presenti in un articolo di orizzontescuola.it dal titolo “Liceo Darwin. Morte di Vito Scafidi, condannati anche tre docenti. Si dimettano tutti i responsabili della sicurezza delle scuole italiane”. Dati che pongono “l’Italia al fondo della classifica europea, seguita solo dalla Polonia”.
Piuttosto che ipotizzare le dimissioni dei responsabili della sicurezza delle scuole italiane e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, sono necessarie puntuali e costanti attenzioni e conseguenti ispezioni, più volte ripetute durante l’anno scolastico, da parte di coloro che hanno la funzione di responsabile dei servizi di prevenzione e protezione (RSPP) (nominato e incaricato non per chiamata diretta del d.s., retribuito con fondi pubblici), di addetto ai servizi di prevenzione e protezione (ASPP), di rappresentante dei lavoratori per la sicurezza (RLS) (anch’esso retribuito, sebbene con cifre niente affatto compatibili col peso delle responsabilità assunte). Le attenzioni e le ispezioni debbono essere immediatamente seguite da circostanziate relazioni sulle evidenti, o comunque da far presupporre, condizioni di pericolosità; relazioni inviate al dirigente scolastico, affinché a sua volta formalmente comunichi, immediatamente, allegando la relazione, al sindaco e all’assessore per i lavori pubblici del comune o al presidente della provincia e all’assessore  per i lavori pubblici della provincia, territorialmente competenti in ordine alla tipologia dell’istituto scolastico, quanto è stato evidenziato dal responsabile dei servizi di prevenzione e di protezione, dagli addetti agli stessi servizi e dai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, chiedendo il tempestivo intervento per eliminare i pericoli segnalati.

Se l’intervento da parte dell’amministrazione (comunale o provinciale) non è immediato, il dirigente scolastico deve procedere con la diffida nei confronti delle autorità comunali o provinciali, affinché intervengano immediatamente, avvertendo che in caso contrario, e quindi di mancato immediato intervento, oltre a declinare la propria responsabilità, si rivolgerà, con circostanziato esposto, alla magistratura, all’ufficio per la protezione civile, al direttore generale dell’ufficio scolastico regionale e al dirigente dell’ufficio scolastico provinciale, al Miur, al presidente della Regione e ai competenti assessori regionali per l’istruzione e per le opere pubbliche. Se, nonostante la sua diffida, l’intervento dell’autorità comunale o dell’autorità provinciale competente non avviene tempestivamente, il dirigente scolastico, poiché potrebbe configurarsi l’esistenza di un reato penalmente perseguibile (e lo sarebbe anche nei suoi confronti se, avendo omesso di presentare la denuncia, si verificasse un incidente – per esempio, il crollo di un soffitto – con danni soprattutto alle persone: alunni, docenti, ata, genitori di alunni o altre persone a qualsiasi titolo presenti nell’edificio), ha l’obbligo di presentare circostanziata denuncia all’autorità competente, ovvero alla Procura della repubblica. Se le condizioni di pericolosità sono particolarmente evidenti e alquanto gravi, valuterà l’opportunità e la necessità di chiudere l’accesso all’edificio scolastico.

Per quanto concerne le responsabilità, tra le “disattenzioni”, le “omissioni” e soprattutto tra le “sordità” degli amministratori comunali, provinciali e regionali (anche per quanto concerne le “verifiche” dei direttori generali e dei dirigenti degli uffici scolastici), sono recentemente emerse – evidenziate da Lucio Ficara nel suo articolo “Ds sotto inchiesta per violazione delle norme sulla sicurezza” (con la precisazione che “l’inchiesta portata avanti dal PM Raffaele Guariniello è soltanto la punta di un iceberg, in quanto la situazione riscontrata nelle scuole su citate rappresenta in buona parte le scuole italiane e non l’eccezione”) – quelle che derivano da condizioni di irregolarità degli istituti scolastici “Vittorini” di Grugliasco e “Pascal” di Giaveno, in Piemonte, nel torinese, che hanno visto sotto inchiesta i rispettivi dirigenti “per violazione del Testo unico della sicurezza sul lavoro”. Per quanto concerne la “Vittorini”, la contestazione del PM Guariniello ha riguardato “la presenza di lana di vetro, materiale cancerogeno nei controsoffitti”. Per quanto concerne la “Pascal”, la contestazione ha riguardato le accertate “carenze strutturali in relazione al rischio sismico della zona, in quanto le parti prefabbricate potrebbero sganciarsi e crollare, procurando notevole danno agli studenti e al personale della scuola”.

La sentenza del processo d’appello per il crollo del controsoffitto nel liceo “Darwin” di Rivoli, in provincia di Torino – in conseguenza del quale il 22 novembre 2008, alle ore 11.05, al termine dell’intervallo, morì lo studente di diciassette anni Vito Scafidi a causa della caduta del controsoffitto, con tutto il pesantissimo materiale che vi stava sopra, nell’aula nella quale si stava svolgendo la lezione –, pone tra i condannati anche i tre insegnanti che avevano la funzione di responsabili per la sicurezza della scuola (Diego Sicot: 2 anni e 2 mesi; Paolo Pieri: 2 anni e 6 mesi; Fulvio Trucano: 2 anni e 9 mesi), mentre è stata confermata la condanna a 4 anni per Michele Delmastro e agli altri due funzionari della Provincia di Torino, Sergio Moro ed Enrico Marzilli, sono state inflitte, rispettivamente, pene di 3 anni e 4 mesi e di 3 anni (Redazione Il Fatto Quotidiano, del 28 ottobre 2013; Letterina ASASI, 31 ottobre 2013, la Redazione www.asasicilia.org; Di.S.A.L., 5 novembre 2013).

Su Regolarità e Trasparenza nella Scuola (R.T.S.) era stato pubblicato, postato da Aldo Ficara il 3 novembre 2013, alle ore 14:50, l’articolo “La tragedia del Darwin di Rivoli deve essere un monito per la sicurezza delle scuole”, che descrive quanto era accaduto il 22 novembre del 2008 “quando alle 11.05, al termine dell’intervallo, forse per un’improvvisa folata di vento la porta della 4G si chiuse violentemente. In pochi secondi i pendini che sostenevano il controsoffitto si ruppero e sugli studenti finirono anche i circa 200 kg di materiale che era stato abbandonato sopra i pannelli, tra cui alcuni tubi in ghisa del peso anche di 20-25 kg l’uno. E proprio un pezzo di tubo di ghisa, secondo la consulenza del dottor Roberto Testi in primo grado, avrebbe colpito Vito alla testa provocandone la morte. Secondo l’appello presentato dall’avocato Cancan ‘quanto accaduto non è sola responsabilità del Delmastro (ex funzionario della Provincia, il solo a essere condannato in primo grado). In 25 anni nessuno si è posto il problema della sicurezza della controsoffittatura: c’era una botola che consentiva l’ingresso nel vano tecnico e che imponeva i controlli di sicurezza che non ci sono stati. E’ un comportamento doveroso omesso per 25 anni’”.

In un altro articolo, dal titolo “Liceo Darwin di Rivoli: le possibili ragioni della condanna”, dello stesso 3 novembre 2012, pubblicato anche sulatecnicadellascuola.it, Aldo Domenico Ficara – dopo aver premesso che le “reazioni della mamma e del papà di Vito” (che piangono per la morte del figlio e addirittura la mamma di Vito dice che “più che giustizia questa sentenza è un punto di partenza per la sicurezza in tutte le scuole italiane” e che pertanto continueranno “a lottare per questo obiettivo”, come hanno “fatto nel corso di questo processo) stridono “con le ipotesi di invito alle dimissioni di massa dei RSPP, considerati non colpevoli da alcuni settori del mondo della scuola che non comprendono quali possano essere le colpe da addossare, nel caso specifico, ai docenti addetti alla sicurezza” – ha invitato a cercare “di capire il dato tecnico”. E così si è espresso: “Sono due i dati incontrovertibili sullo stato strutturale delle nostre scuole: la mancanza di finanziamenti da parte dello Stato e le continue proroghe di adeguamento di messa a norma degli stessi edifici scolastici. In particolare sulla messa in opera dei controsoffitti possiamo dire che un carico su un profilo causerà sempre una deflessione. La deflessione è proporzionale al carico e dipende strettamente dallo spazio tra i supporti, in altre parole se il carico raddoppia, allo stesso tempo raddoppierà la deflessione, e se la distanza tra i supporti raddoppia, la deflessione  diventa anch’essa maggiore”. Per una buona messa in opera di un controsoffitto, raccomandazioni vanno applicate “al carico in movimento (incassi delle luci, segnali, ecc.) in aggiunta al peso del controsoffitto sospeso e alla distanza tra i supporti”. “I pannelli del controsoffitto devono essere ben posizionati nella griglia”. “Il carico massimo disponibile per ogni sistema di controsoffittatura” deve essere calcolato “con un margine di sicurezza multiplo, contro qualsiasi tipo di problema”.

Secondo Aldo Domenico Ficara, “il giudice o la CTU avranno sicuramente analizzato il progetto di messa in opera, ma soprattutto il collaudo della struttura, perché proprio in sede di collaudo poteva essere notato il carico eccessivo sulla stessa struttura. In una seconda fase, se il carico era eccessivo, così come lo è stato, si sarebbe dovuto notare, da apposite e ravvicinate visite di controllo interne alla scuola, la deflessione della struttura e quindi la scuola, viste le verbalizzazioni delle visite di controllo, doveva decretare la chiusura dell’aula per pubblica e privata incolumità”.

Su orizzontescuola.it sono apparsi diversi articoli. In uno di essi (“Crollo Liceo Darwin, docenti condannati. Chi avrà ancora il coraggio di assumersi tale responsabilità? I dirigenti protestano”), è scritto che “l’evento ha scatenato la reazione di varie associazioni, tra esse l’ASASI, l’Associazione delle Scuole Autonome della Sicilia, che considera la condanna ‘paradossale’. La legge impone agli enti locali Comuni e Province di consegnare gli edifici scolastici ai dirigenti in perfetto stato e in condizioni di massima sicurezza. Non conosciamo le motivazioni della sentenza, ma è certo che i Docenti responsabili della sicurezza non possono essere in grado di valutare gli aspetti relativi alla staticità degli edifici tranne che in presenza di macroscopici segni evidenti anche per chi non sia un tecnico”. In un altro articolo (“Liceo Darwin. Morte di Vito Scafidi, condannati tre docenti. Si dimettano tutti i responsabili della sicurezza delle scuole italiane”), viene posta la domanda se “vale la pena prendersi tanta responsabilità soprattutto nelle condizioni in cui versano molte scuole italiane e in cambio di ‘trenta denari’”.

Sull’espressione dell’ASASI “la condanna dei tre Docenti del liceo Darwin di Rivoli (Torino), responsabili a vario titolo della sicurezza, ha del paradossale”, Polibio – che condivide profondamente l’indignazione come cittadino italiano manifestata in un suo articolo da Lucio Ficara “al pensiero che nel mio PAESE esista una tale classe dirigente priva del minimo senso del pudore e totalmente priva del senso civico”, un’associazione professionale “che, ignorando la tragedia della perdita umana di un giovane ragazzo” di diciassette anni, Vito Scafidi, avvenuta per colpa grave di chi aveva l’obbligo della prevenzione e della protezione in una scuola pubblica statale, si dimostra sconcertata per la condanna dei tre docenti al punto tale da affermare che “la condanna ha del paradossale” – ritornerà nella parte conclusiva di questo suo intervento.

Da parte dell’ANP (Associazione Nazionale Presidi, presidente nazionale Giorgio Rembado), un comunicato stampa (2 novembre 2013) della Struttura regionale del Piemonte, col quale, tra l’altro, oltre a “manifestare ancora una volta la propria vicinanza alle famiglie delle vittime, e al contempo interpretando il profondo turbamento della scuola piemontese”, viene messo pubblicamente in rilievo che “è bene ricordare le diverse competenze, suddivise tra gli Enti locali proprietari degli edifici e delle strutture e responsabili della loro manutenzione, e i Dirigenti Scolastici datori di lavoro in ordine allo svolgimento delle attività all’interno delle strutture stesse: un difficile equilibrio che vede tutti accomunati nella difficoltà di fare i conti con strutture a volte degradate, arretrate e inadeguate al compito di ospitare l’attività didattica, uniti dalla volontà e dallo sforzo di garantire un servizio qualificato, spesso ostacolati dalla scarsità delle risorse, dalle restrizioni e dalla burocrazia che talvolta non consente di spendere neppure i finanziamenti disponibili”.
Più avanti, l’ANP Piemonte, “nel chiedere a tutti i Dirigenti Scolastici e a tutti i responsabili, gli addetti, i professionisti impegnati in questo gravoso compito di continuare strenuamente ad operare con lo spirito di servizio e abnegazione tipica della loro professionalità, ricorda che è schierata in prima persona nella tutela degli operatori scolastici con concrete azioni di patrocinio legale, di supporto sindacale e di intervento in ambito normativo, nella logica non della difesa aprioristica e d’ufficio, bensì nella consapevolezza della mole e della gravità del compito che spetta a chi opera nel settore. Da ultimo, i dirigenti scolastici manifestano la preoccupazione delle scuole in ordine agli effetti che le condanne di alcune figure addette alla sicurezza del liceo Darwin rischiano concretamente di produrre relativamente all’assunzione di incarichi che comportino gravi responsabilità addirittura su interventi edilizi pregressi e per di più assai difficilmente individuabili a carico di tutti i soggetti preposti”. Pertanto, l’ANP Piemonte si faceva ancora di più promotrice “di iniziative volte a dare la maggiore certezza possibile nell’applicazione della normativa vigente al fine di garantire a tutti la riduzione massima del rischio ipotizzabile, al di fuori di ogni tentazione punitiva”, tenendo “sempre presente il necessario rapporto tra fini da perseguire e strumenti disponibili” e “privilegiando sempre la prevenzione in una costante collaborazione con tutti gli enti preposti che richiede necessariamente un clima più sereno e disteso per affrontare e risolvere i problemi evitando le minacce che sono peggio che inutili soltanto dannose”.

Sulla sentenza per il caso del liceo Darwin, in un articolo pubblicato l’1 novembre 2013 nel sito web dell’Associazione nazionale presidi (presidente nazionale Giorgio Rembado), c’è la premessa che è “abitudine” dell’ANP “rispettare tutte le sentenze, ma questo non ci esime nel caso specifico dal sollevare alcuni interrogativi” e a chiedere, dato che erano stati condannati sia tre funzionari della Amministrazione provinciale sia tre docenti, “per quale motivo una condanna di gravità praticamente identica” – per la precisione, i funzionari della Provincia di Torino sono stati condannati a pene maggiori: 3 anni, 3 anni e 4 mesi, 4 anni (vd. sopra) – “è stata inflitta a personale della scuola che non ha i poteri di intervento né le risorse per farlo”. Aggiungendo ad essa un di più: “Nel Liceo Darwin le cause del crollo erano nascoste dietro una controsoffittatura installata tempo prima proprio dall’Ente Locale. Cosa avrebbero dovuto fare i docenti condannati: procedere loro, sostituendosi ai servizi tecnici della Provincia, ad indagini diagnostiche o ad ispezioni invasive della struttura? Con quali fondi e con quale competenza giuridica ad operare su beni altrui?”. E ancora: “C’è da chiedersi con quale serenità possano da ora in avanti dedicarsi al proprio lavoro dirigenti ed addetti i servizi di protezione delle scuole, stretti fra l’impossibilità pratica di intervenire sui fattori reali di rischio e l’obbligo giuridico di rispondere comunque per fatti che sfuggono alla loro disponibilità”, concludendo in modo chiaro: “La ‘sicurezza di carta’ uccide: lo abbiamo denunciato mille volte. Ed uccide due volte: non rendendo sicure le nostre scuole e sacrificando, prima e dopo gli incidenti, le persone sbagliate”.
Si potrebbe subito rispondere (così da parte di Polibio) che il compito dei docenti “a vario titolo addetti alle attività di prevenzione infortuni” è quello di ispezionare, ripetutamente durante scolastico, e soprattutto durante i mesi dell’attività didattica e quindi della massima presenza a scuola degli studenti, degli insegnanti, degli assistenti amministrativi e dei collaboratori scolastici, e anche del dirigente scolastico, tutti gli ambienti, compresi i controsoffitti, con riferimento anche al contenuto e al peso che li sovrasta. E di riferire formalmente al d.s. ciò che è del tutto evidente (per esempio: una ringhiera delle scale che oscilla, una presa elettrica uscita fuori dal suo abitacolo, vetri lineari che potrebbero rompersi presto, scale con gradini fratturati, controsoffitti non allineati e addirittura sovrastati da materiali per centinaia di chili …) e ciò che è presumibile in termini di pericolosità: prevenzione e protezione. Non debbono sostituirsi a nessun servizio tecnico, non debbono svolgere indagini diagnostiche, né svolgere “indagini invasive della struttura”. Non sono loro che debbono praticare interventi. Debbono periodicamente ispezionare tutti gli ambienti e relazionare al dirigente scolastico e al responsabile dei servizi di prevenzione e di protezione (RSPP).

Nel blog “Regolarità e Trasparenza nella Scuola (R.T.S.), di Aldo Domenico Ficara, il 2 novembre 2013 viene postato un articolo dal titolo “L’ANP probabilmente non conosce il pericolo dei controsoffitti”, nel quale, dopo la sintesi dell’articolo dal titolo “Sicurezza di carta, giustizia di ferro”, comparso il giorno prima nel sito web dell’ANP, di legge: “Da quanto si legge è ovvia la mancata competenza di chi scrive (l’ANP, nota di Polibio) sulle operazioni di controllo (anche visivo) di una controsoffittatura. Infatti, un controsoffitto non collassa istantaneamente, ma in tempi lunghi dove l’azione del peso sovrastante riesce a superare il vincolo di reazione per effetto di infiltrazioni d’acqua o variazioni termiche, che ne determinano particolari incurvature rispetto all’asse orizzontale. Se le ispezioni in locali dove esistono controsoffitti non sono periodiche e ravvicinate nel tempo, le responsabilità di chi ha programmato tali ispezioni visive sono palesi”. Segue l’invito, per avere maggiori approfondimenti, a leggere un suo articolo (di Aldo Domenico Ficara) pubblicato sulla “rivista cartacea de La Tecnica della Scuola dell’anno scolastico 2012-2013, “riguardante proprio le controsoffittature”. 

L’ASASI, pur in attesa delle motivazioni della sentenza, “nella speranza che il giudizio della Cassazione riformi la sentenza di secondo grado”, si è così espressa: “Non possiamo che esprimere solidarietà ai decenti condannati e nel contempo raccomandare a tutti i Docenti che all’interno delle scuole si assumono pesanti responsabilità (ci auguriamo che abbiano ancora il coraggio di farlo!), di agire con prudenza segnalando per iscritto eventuali rischi alle autorità competenti anche in presenza di un solo sospetto”. Quel punto esclamativo dopo l’augurarsi che i docenti “abbiano ancora il coraggio di farlo”, ovvero di assumere le responsabilità in ordine alla rappresentanza dei lavoratori per la sicurezza, purtroppo fa il paio con l’espressione “la condanna ha del paradossale”.

Il dott. Raffaele Guariniello, procuratore generale e coordinatore del pool di magistrati dell’accusa, dopo la conclusione del procedimento ha detto: “Questo processo è importante anche per il futuro perché ci sono scuole con grossi problemi di sicurezza non solo a Torino. Spero che il nuovo governo sappia trarre insegnamento da questa tragedia e investire sulla sicurezza nei luoghi dove mandiamo i nostri figli e nipoti. C’erano tutti gli elementi per rendersi conto che la situazione era tragica. Questo dramma poteva essere evitato”.
“Quindi” – così nell’articolo “La tragedia del Darwin di Rivoli deve essere un monito per la sicurezza delle scuole” postato da Aldo Ficara alle ore 14:50 del 3 novembre 2013 sul blog “Regolarità e Trasparenza nella Scuola (R.T.S.), a commento della dichiarazione del dott. Guariniello – “sono mancate le necessarie ispezioni, nessuno degli addetti alla sicurezza ha usato la botola che consentiva l’ingresso nel vano tecnico”.     

Riferendosi “nello specifico ad alcune dichiarazioni dell’ASASI e dell’ANP”, rinvenibili in questo articolo, “comparse sul sito Orizzontescuola”, Lucio Ficara, focalizzando il comportamento di sconcerto dell’Asasi per la condanna dei tre docenti al punto tale da affermare che “la condanna ha del paradossale”, ma anche le dichiarazioni dell’ANP, ha manifestato su Regolarità e Trasparenza nella Scuola (R.T.S.) e su Gilda Venezia la sua profonda indignazione come cittadino italiano (che Polibio, come ha già detto, condivide). Ha scritto che “bisognerebbe rifondare la classe dirigente del nostro Paese, iniettando forti dosi di civismo e anche di spirito cristiano”. Alle domande che l’Associazione Nazionale Presidi si è posta su “cosa avrebbero dovuto fare i docenti condannati” (vd. il testo predente e, tra l’altro, il “si potrebbe subito rispondere” espresso da Polibio), Lucio Ficara risponde: “Ma se a morire sotto il peso di quel maledetto contro soffitto ci fossero stati i figli di chi grida allo scandalo contro questa sentenza, piuttosto che il povero Vito, siamo sicuri che tali associazioni avrebbero rilasciato queste dichiarazioni? Oppure avrebbero, come giustamente hanno fatto i genitori di Vito, accolto la sentenza come monito perché non succedano mai più tali tragedie?”. E subito dopo aggiunge, rivolgendosi al prof. Roberto Tripodi (dell’ASASI) e al prof. Giorgio Rembado (dell’ANP): “La morte di Vito, cari Tripodi e Rembado, è stata causata dall’inettitudine, di gente che dovrebbe avere l’onere di essere classe dirigente seria ed onesta, ed invece ha solo l’onore e l’orpello di essere elevata ad una statura che non merita, a causa di una modesta etica morale e per la completa assenza di senso civico. Probabilmente per tali associazioni è più importante difendere l’indifendibile, piuttosto che trovare dova stanno realmente le responsabilità di chi ha impedito ad un giovane ragazzo di realizzare i sogni della sua esistenza. Noi pensiamo che una classe dirigente che abbia senso civico e carità cristiana dovrebbe imparare a fare silenzio e a rispettare la vita”.
Un ultimo aspetto viene messo in evidenza da Polibio. Si trova nell’articolo pubblicato sul sito web dell’Associazione Nazionale Presidi il giorno 1 novembre 2013: “Come principale associazione dei dirigenti delle scuole, abbiamo deciso di dare un contributo fattivo alla questione sicurezza, avviando a livello nazionale un consistente piano di formazione autofinanziato, dedicato a tutti i nostri iscritti e finalizzato ad incrementare le competenze in materia. Nei limiti, non superabili, nei quali ci troviamo ad operare, questo vuol essere un contributo reale alla sicurezza delle scuole che ci sono affidate”. Era il 22 novembre 2008 quando il crollo del controsoffitto del liceo Darwin di Rivoli in provincia di Torino, catapultando sugli studenti anche i circa 200 kg di materiale che era stato abbandonato sopra i pannelli, tra cui tubi in ghisa anche di 20-25 kg l’uno, causò la morte di Vito Scafidi. Da quel giorno sono trascorsi 5 anni, e finalmente l’ANP si è resa conto – ma c’è voluta la condanna di tre docenti, con una sentenza in sede di appello indicata come “incredibile” e da considerarsi “paradossale” da parte di esponenti di associazioni professionali e sindacali di dirigenti scolastici – “di dare un contributo fattivo alla questione sicurezza, avviando a livello nazionale un consistente piano di formazione autofinanziato, dedicato a tutti i nostri iscritti e finalizzato ad incrementare le competenze in materia”. Ebbene (così suggerisce Polibio), forse è il caso, e avrebbe dovuto essere intrapreso da tempo, da parecchio tempo, che l’ANP e qualsiasi altra associazione professionale o organizzazione sindacale si facciano punto di riferimento sulle questioni concernenti la prevenzione e la protezione, denunciando alle competenti procure della repubblica le condizioni di insicurezza e di pericolo, con probabili e possibili conseguenze letali per gli studenti, per il personale docente e non docente, per i genitori degli studenti, per le persone che verrebbero a trovarsi all’interno della scuola e anche per il dirigente scolastico, a causa delle inadempienze e delle negligenze di chiunque (istituzioni pubbliche, enti locali, responsabili dei servizi di prevenzione e di protezione, rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, dirigenti scolastici) è obbligato per disposizioni di legge a svolgere ispezioni e controlli e a intervenire tempestivamente per eliminare le anomalie strutturali e le situazione di pericolo.