LA PREVEDIBILE RESA DEI SINDACATI “RAPPRESENTATIVI”


di Vincenzo Pascuzzi – 17 maggio 2015 

Leggiamo sul Corriere di oggi quella che è la dichiarazione di resa garbata e graziosa dei sindacatoni, cioè dei cinque “rappresentativi” (secondo la normativa ministeriale). Forse contro voglia e poco convinti, i cinque avevano alla fine co-aderito allo sciopero “unitario” del 5 maggio, intestandosi poi la paternità esclusiva dell’esito positivo. 
Invece di portare subito all’incasso il successo ottenuto - anche grazie a loro, sia chiaro – chiedendo a gran voce il ritiro del ddl 2994, i cinque si sono baloccati in attesa di convocazioni e di tavoli veri di trattative. Ma la situazione dei rapporti sindacali ora è cambiata. Il governo li ha snobbati ed era prevedibile, si sapeva. Lo sapevano anche loro, tanto che c’è da chiedersi se sono stati al gioco o hanno avuto paura del loro stesso successo. 
Ora siamo alle ultime battute, il tempo è ridotto, le intenzioni del governo sono chiarissime: ottenere subito, comunque e per puntiglio un successo di immagine, una riforma che è devastante e letale per la scuola. Una riforma che schiavizza i docenti e gli ata, che illude i presidi, che scansa definitivamente qualsiasi sindacato. 
C’è da giocarsi insieme, ancora “uniti” la carta dello sciopero degli scrutini, pur rimanendo nella legalità e-o denunciano accordi già disattesi e stracciati dal governo: i cinque rappresentativi si girano i pollici e guardano altrove! In altre parole, si stanno facendo suicidare! 

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LA SFIDA DEI COBAS SULLA SCUOLA «BLOCCHEREMO GLI SCRUTINI»

Ma l’annuncio resta per ora isolato: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, forti dei 618 mila portati in piazza il 5 maggio, con uno sciopero costato ai dipendenti 42 milioni, si smarcano dal sindacato di base, che rappresenta il 3,5%.

di Valentina Santarpia – Corriere della Sera – 17 maggio 2015 

«Blocco di tutti gli scrutini e di ogni attività scolastica per tutto il personale per due giorni consecutivi, a partire dal giorno seguente la fine delle lezioni, differenziata per regione», oltre a una «manifestazione nazionale il 7 giugno» e a «due giornate di mobilitazione unitaria tra il 18 e il 20»: i Cobas provano ad alzare il livello dello scontro sulla riforma della scuola, approdata alla Camera, e annunciano lo sciopero degli scrutini. Il rischio? Che voti ed esami slittino, con conseguenze spiacevoli per studenti, famiglie, casse dello Stato.   
Ma l’annuncio resta per ora isolato: Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda, forti dei 618 mila portati in piazza il 5 maggio, con uno sciopero costato ai dipendenti 42 milioni, si smarcano dal sindacato di base, che rappresenta il 3,5%. «Sappiamo che il clima potrebbe spingere anche molti nostri iscritti ad aderire», ammette Francesco Scrima, Cisl: ma i confederali aspettano che il governo «faccia un atto di responsabilità».
Non ci stanno a essere trascinati nella polemica politica: «La nostra battaglia non ha niente a che vedere col rapporto tra maggioranza e opposizione e coi rapporti all’interno del Pd», precisa Massimo Di Menna, Uil.  
Insistono: «Su assunzioni per tutti, contratti e poteri dei dirigenti non cediamo», dice Mimmo Pantaleo, Cgil. Ma prestano anche orecchio ai segnali che arrivano dal governo. A partire dal presidente del Consiglio Matteo Renzi, che twitta tutto il sabato pomeriggio per rispondere agli insegnanti e ai critici: «Certo che chi è stato assunto non è licenziato dopo tre anni. È una delle tante leggende metropolitane». E poi: «Cosa c’entra la mafia con i dirigenti scolastici?». E ancora: «Non stiamo licenziando nessuno. E il piano pluriennale c’è. Ma con concorso». Per concludere: «Faremo tesoro di suggerimenti e critiche, ma ascoltare non significa assecondare». 
L’obiettivo è chiaro, e confermato dallo staff che sta cercando quella mediazione che a oggi sembra ancora possibile: «L’importante è mantenere integro l’impianto. Di tutto il resto si può discutere», spiega il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone. Piccole aperture sono in arrivo: «Alla Camera modificheremo il 5 per mille nella direzione richiesta», quindi nell’ottica di non favorire i versamenti solo per le scuole più ricche e fortunate, anticipa.  
E prende piede anche l’ipotesi che a Montecitorio la riforma possa essere approvata senza scossoni, come ha dimostrato il voto veloce degli articoli dal 1° al 7° (escluso il 6°). E che poi a Palazzo Madama possano arrivare i cambiamenti veri, anche su assunzioni (all’esame l’ipotesi di aprire a precari di II fascia e Tfa) e presidi. «Stiamo cercando punti di incontro — conferma la relatrice Maria Coscia — come l’emendamento approvato contro le chiamate discriminatorie: ma bisogna parlarne, altrimenti la tensione resta alta». 

Valentina Santarpia


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Perciò le varie sigle sindacali dovrebbero rapidamente realizzare che è indispensabile e vitale una decisa azione unitaria sia fra di loro stesse che fra loro e gli insegnanti e gli ata, che non servono distinguo, protagonismi, prime donne, e poi agire di conseguenza.

LE SIGLE SINDACALI PARLINO ORA O TACCIANO PER SEMPRE !!

di Vincenzo Pascuzzi – 12 maggio 2015

Così ha scritto la prof.ssa Maria Costa su facebook (*): “Con la complicità dei sindacati che hanno convogliato l nostra rabbia, se ne sono impadroniti, dando vita ad uno sciopero che non ha avuto nessun effetto, perché concordato con il governo. Adesso governo e sindacati si discreditano a vicenda, ma nessuno dei due potrebbe sopravvivere senza l’altro. I sindacati si dicono pronti a lottare. Quando? come? tutte parole e proclami, e intanto il governo procede a tamburo battente, così sicuro di non avere nessuna opposizione, da permettersi di mentire, di denigrare spudoratamente.”
Il ddl “buona scuola” e l’ostinazione del governo ad approvarlo in tempi strettissimi hanno creato una situazione sindacale esplosiva e la reazione spontanea della categoria dei docenti (v. flash mob dei “lumini” del 24 aprile e vari appelli “non voto Pd”). Situazione che ha spiazzato i sindacati “rappresentativi” (secondo le norme Miur) e li ha spinti, quasi costretti,  ad aggiungersi allo sciopero del 5 maggio, sciopero che però è riuscito anche per la loro partecipazione. 
Ora però le cinque sigle sindacali (Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda) sembrano incerte e smarrite sul da farsi, emettono solo comunicati stampa che promettono e minacciano ma per il futuro. 
Va sottolineato che governo Renzi (con il Pd al guinzaglio) sta perseguendo almeno due obiettivi strategici: 1) mandare in malora la scuola, con il pretesto di riformarla e 2) emarginare definitivamente i sindacati sopra indicati (anzi proprio tutti i sindacati). 
Perciò le varie sigle sindacali dovrebbero rapidamente realizzare che è indispensabile e vitale una decisa azione unitaria sia fra di loro stesse che fra loro e gli insegnanti e gli ata, che non servono distinguo, protagonismi, prime donne, e poi agire di conseguenza. 
Oggi stesso, subito dopo l’incontro di falsa e strumentale cortesia a palazzo Chigi (senza Renzi, guarda un po’!), le sigle sindacali devono decidere e dire cosa intendono fare !! 

Oppure tacciano per sempre !!