Il transistor nasce in America alla fine
del 1947. E’ frutto di una lunga ricerca condotta presso i Bell Laboratories da
Shockley, Bardeen e Brattain, che per questo risultato guadagneranno il premio
Nobel nel 1956. La storia comincia negli anni precedenti la II Guerra Mondiale,
quando alcuni ricercatori, studiando le caratteristiche del silicio scoprirono
l’esistenza di due diversi tipi di semiconduttore, quello di tipo “N” e quello
di tipo “P”, a seconda di certe impurità contenute nel reticolo cristallino. Fu
subito chiaro che questa ricerca avrebbe potuto condurre a utili applicazioni,
tanto che il giovane ricercatore William Shockley ebbe a dichiarare nel 1939:
“Sono certo che un amplificatore che faccia uso di semiconduttori al posto dei
tubi a vuoto sia in linea di principio possibile”. Sfortunatamente la guerra
interruppe le ricerche in questo settore, e fu solo nel 1945 che venne
ristabilito presso i Bell Labs un gruppo di lavoro sui semiconduttori,
capeggiato da Shockley. Nei due frenetici anni successivi il gruppo concentrò
le sue ricerche sul germanio, invece del silicio utilizzato prima della guerra,
e finalmente il 23 dicembre 1947 i tre ricercatori poterono presentare al mondo
intero un dispositivo amplificatore completamente nuovo, nella forma di un
antiestetico intreccio di fili montati su un supporto di plexiglas. Il nome
transistor (combinazione di TRANSconductance varISTOR) fu suggerito da un altro
ingegnere dei Bell Labs. La teoria che sta alla base del funzionamento dei
transistor (teoria delle bande nei semiconduttori) è piuttosto complessa,
difficilmente semplificabile come si usa fare per spiegare il funzionamento
delle valvole. Il primo transistor (detto anche “triodo a stato solido”), è un
diretto discendente del diodo a semiconduttore, a sua volta derivato dai
classici rivelatori a galena conosciuti fin dai primi anni del secolo scorso.
Il diodo a cristallo è basato su un pezzetto di cristallo di germanio su una
superficie del quale viene collegato un conduttore (terminale di catodo), e
sull’altra superficie viene realizzato un contatto a “baffo di gatto” con un
filo sottilissimo (terminale di anodo), realizzando così una “giunzione” dalle
proprietà rettificatrici per la corrente elettrica. La corrente può fluire con
facilità dall’anodo verso il catodo, ma non viceversa. Il transistor originale
a punte di contatto era basato su una tecnologia simile; consisteva in una
piastrina di germanio, detta base, a una faccia della quale era connesso un
elettrodo, mentre sull’altra faccia erano poggiati altri due sottili elettrodi
a punta: uno era detto emettitore (o anche “emittore” dall’inglese emitter),
l’altro collettore. In questo modo si avevano due punti di contatto, quello tra
base ed emettitore e quello tra base e collettore. Il ben noto simbolo grafico
del transistor deve la sua origine proprio alla configurazione iniziale.
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