Si riporta quanto scriveva Lucio Ficara
circa 2 anni fa su La Buona Scuola in un articolo dal titolo ” La “Buona
Scuola” e il “Buon Insegnante“: flessibile, competitivo, stressato, impoverito “.
Di seguito uno stralcio dell’articolo:
Per fare una buona scuola non servono
consultazioni popolari, non serve illudere le persone, facendole apparire
protagoniste di una ipotetica riforma già scritta, non serve ideologizzare lo
scontro con i sindacati, additandoli come i primi responsabili della rovina
della scuola pubblica italiana. Questa non vuole essere una difesa al mondo
sindacale della scuola, che, ad onore della verità, ha commesso una miriade di
errori storici, ma piuttosto vuole essere un’analisi seria di quello che si
nasconde dietro una riforma che tradisce la genesi del suo titolo: “La Buona
Scuola”. Una riforma il cui titolo, “La Buona Scuola”, è solo uno “slogan” in
stile Renzi, ma che tra le sue righe fa emergere una triste e penosa realtà. Il
non senso di questa riforma è quello di pensare che pagando di meno i docenti
ed aumentando il loro lavoro, si possano ottenere dei risultati buoni, senza
tenere conto che così facendo si continuerà a demotivarli, stressarli. Un altro
non senso di questa riforma è quello di generare, con gli scatti di competenza
assegnati solo ad una parte del collegio, una conflittualità interna che farà
la gioia degli individualismi cronici e di egoismi personalistici, contro i
valori della collegialità e del gioco di squadra. Dobbiamo avere il coraggio e
l’onestà intellettuale di chiamare le cose con il loro nome, questa non è la
riforma della buona scuola ma è una riforma basata sull’aumento dei carichi di
lavoro e dell’orario di servizio dei docenti a parità di stipendio tabellare