Referendum costituzionale: la vittoria del SI toglierebbe una consistente fetta di libertà agli italiani
di Piero Bevilacqua *
Al prossimo referendum confermativo
della riforma costituzionale occorre votare no, sia per le modalità con cui la
riforma è stata realizzata, sia per i suoi contenuti. Occorre ricordare, in via
assolutamente preliminare, che la riforma è stata votata da un parlamento
eletto con una legge elettorale che la Corte costituzionale ha dichiarato
incostituzionale. Un Parlamento delegittimato, tenuto in vita dalla Corte per
mera opportunità politica, non aveva quanto meno l’autorevolezza per avviare
una riforma della nostra Carta. Nel corso dell’iter parlamentare il presidente
del Consiglio, che doveva lasciare al Parlamento la sua sovranità deliberativa,
ha agito con continue forzature – come quando ha sostituito i parlamentari
dissidenti del suo partito in Commissione costituzionale – facendo del processo
della riforma un’azione incalzante dell’esecutivo. Negli ultimi mesi il
presidente del Consiglio e segretario del partito di maggioranza ha
letteralmente sconvolto lo spirito e la lettera della Costituzione, promuovendo
in prima persona una campagna referendaria cui ha dato i caratteri di una sfida
politica personale. Così una riforma della nostra Costituzione, che avrebbe
dovuto raccogliere i consensi della maggioranza del Parlamento, del ceto
politico e degli italiani, è diventata occasione di divisione e lacerazione
politica del paese, che è oggi è spaccato in due. Non poche sono poi le ragioni
di contenuto per dire no a questa confusa e pasticciata riforma. Il Senato non
viene di fatto abolito, ma sostituito con un organismo di serie B. Come faranno
i consiglieri regionali e i sindaci nominati dal Presidente della Repubblica a
svolgere contemporaneamente due ruoli istituzionali diversi? Quale lotta si
aprirà tra i consiglieri regionali per accedere al Senato e avere così
garantita l’immunità parlamentare? Hanno bisogno i nostri Consigli regionali,
che già non brillano per efficienza e correttezza istituzionale, di tale nuovo
terreno di contesa? Perché la riforma ha lasciato intatti gli assurdi privilegi
delle Regioni a statuto speciale, mentre ha tolto alle Regioni a statuto
ordinario alcune prerogative rilevanti, come la sovranità sul proprio
territorio? Lo sanno o no i cittadini italiani che se il governo decide di
impiantare una centrale atomica in qualunque sito della Penisola nessuna
autorità locale può più opporsi? Infine, la riforma costituzionale è legata
all’Italicum, una legge elettorale fondata su un premio di maggioranza senza
precedenti nella storia dei nostri ordinamenti, con un numero spropositato di
candidati nominati e che prefigura una sorta di presidenzialismo camuffato. La
legge elettorale comporta un mutamento della forma di governo, e sconvolge di
fatto l’assetto della nostra Costituzione. Se dovesse essere approvata, questa
riforma toglierebbe una consistente fetta di libertà agli italiani.
* (Professore ordinario di Storia
Contemporanea, Università La Sapienza, Roma)