Lettera di un Prof aggredito:docenti operai di un colossale sistema autoreferenziale


Riportiamo l'inizio di una lettera scritta da uno dei tanti insegnanti aggrediti nelle nostre scuole. Lettera inviata alla rivista Vanity Fair
Aggredito, ingiuriato e minacciato dai genitori. E poi costretto a rivolgermi ad un legale per difendermi da una procedura interna avviata dal mio istituto. E poi, ancora, la raccolta di firme per la mediaticità che disturberebbe il personale scolastico, l’impunità assoluta allo studente mandante che ha raccontato il falso, la difficoltà di accettare che il sistema in cui ho sempre creduto sia proprio questo. Dove sta la fortuna, direte voi? Nel fatto che almeno non ho avuto il viso sfregiato o le costole rotte!
Benvenuti nella scuola moderna, quindi.  Benvenuti nella scuola che si sta trasformando in azienda, dove i presidi sono diventati i dirigenti, lezioni e laboratori sono l’offerta formativa, i genitori sono i clienti da accontentare e la burocrazia la vera padrona di tutti e di tutto, tiranna senza cuore.
E i docenti? Li abbiamo dimenticati? I docenti sono troppo spesso gli operai di un colossale sistema autoreferenziale, vittime sacrificali di un macchinario che certifica da solo quanto è buono ed efficace, spesso utilizzati in funzione dell’indice di soddisfazione delle famiglie, un indice che si misura con l’ampiezza del sorriso con il quale gli alunni arrivano al diploma. Un diploma sempre più regalato e, quindi, sempre più svalutato.
Tutto da buttare, allora? No, certo, ma è arrivata l’ora di chiederci se vogliamo arrivare a fine carriera sopportando oppure trasformando. È ora di ruggire lo sdegno e di riappropriarci del bello della scuola. Che non è mai scomparso ma che arde fievole la sotto le carte, i doveri ed il senso di frustrazione.