Dare senso agli stipendi di luglio e agosto che i docenti continuano a percepire: arriva la risposta di un'insegnante all'educatrice



"Nella lettera recentemente inviata da un'educatrice al Giornalista Severgnini, sulla rubrica web del Corriere, per chiedere che il Ministro metta mano sugli stipendi di Luglio ed Agosto dei docenti, sono riportate rispetto al lavoro docente svariate inesattezze, su cui doverosamente occorre far chiarezza. Fermo restando che, ad esempio molti docenti nel mese di Luglio sono occupati con gli esami e che ad Agosto, come altre categorie fruiscono delle proprie ferie, che a norma di legge devono essere pagate e che pertanto la richiesta dell’educatrice appare priva di fondamento, è evidente in questo scritto che si mettono impropriamente a confronto due tipologie di lavoro diverso. Il fatto anche solo di confrontare mele con pere in matematica condurrebbe di fatto, ad operazione effettuata, ad un risultato erroneo, così come infatti erronea è la conclusione che risulta dal confronto del lavoro dell'educatore con quello del docente. L'empatia è una dote umana indispensabile specie nel lavoro dell'educatore e non è certo facile farsi carico di un disabile e della sua famiglia, in cui apprensioni, fatica, a volte vissuti depressivi si annidano, di ciò va assolutamente dato atto all'educatrice di cui nessuno sminuisce il valore professionale. Ma, se compito dell’educatore è lavorare sulle autonomie di qualcuno, il lavoro docente ha tutt'altra mission. Mi spiace dover dire  all'educatrice che si rivolge al dottor Severgnini che le sia venuta meno quest'essenziale consapevolezza. Il lavoro docente oltre le 18 ore frontali è molto quotidianamente. Solo in preparazione delle lezioni e delle verifiche e correzioni, personalizzazioni ed individualizzazioni equiparerebbe e forse potrebbe superare quelle ore che l'educatrice dice di svolgere settimanalmente. Ecco perché spesso, quando a ciò si aggiungono ulteriori attività, la stanchezza rende la categoria piuttosto lamentosa e su questa lagnanza della categoria, concordo parzialmente con l'educatrice.  Sarebbe infatti meglio agire, richiedere seriamente cambiamenti contrattuali, compattarsi, decidersi a farsi capire e riconoscere il lavoro disconosciuto, piuttosto che lamentarsi, ma su questo il corpo insegnante pecca: non sa compattarsi. Troppo intellettuale per rinunciare alla pluralità di pensiero, alle sfumature, alle diverse prese di posizione, il corpo docente non sa essere concreto su questo aspetto. Da docente devo dire tuttavia che l'educatrice in questione nel non aver capito la differenza fra il proprio lavoro e quello del docente, peraltro umanamente rivela anche una dose non troppo elevata di empatia, dimenticandosi, da mamma di quante mamme come lei lavorino in una realtà, pressoché rosa, come la scuola, dovendo far fronte ai suoi stessi problemi familiari. Ciò che mi rattrista del suo ménage lavorativo e familiare è che la stanchezza, lo stress e la fatica la inducono a non vedere con chiarezza oltre il proprio naso. Anziché chiedere al suo datore di lavoro condizioni più eque di lavoro e soprattutto uno stipendio coerente con la fatica psicologica e fisica che svolge, l'educatrice si abbassa a sfogare il proprio malessere distorcendolo in invidia verso chi ritiene più fortunato di lei e paradossalmente si lamenta che gli altri si lamentino. L'assurdità della questione è evidente: la guerra fra poveri ha sempre un non so che di meschino.  Magari in un momento in cui compare la parola dignità in maniera roboante accanto alla parola decreto, cominciare a capire quanta dignità venga in realtà quotidianamente calpestata anche nell'ambito del cosiddetto lavoro a tempo indeterminato, creando malessere sociale e prefigurando lo sviluppo di malattie professionali con ricadute sui costi previdenziali, sarebbe utile, tanto quanto cavalcare l'onda di altri slogan. Il che significa in altri termini consentire all'educatrice di richiedere un trattamento più equo di lavoro senza tema di ritorsioni, come purtroppo spesso capita per chi lavora in certi settori e nella cooperazione sociale, mentre per gli insegnanti, dignità, potrebbe voler dire in primis smettere di essere bersagli di inutili, feroci campagne denigratorie. Per tutti invece, in tempi in cui la frenesia del lavoro ci rende subumani, potrebbe voler dire recuperare tempi per la famiglia e per la propria umanità"

Cristiana Cirilli