Il Web 2.0 rappresenta una grande opportunità.
Purtroppo presenta anche una parte oscura, dove si annidano anche i cyberbulli.
Il diritto all'oblio rappresenta la risposta più saggia.
Web 1.0 quando tutto iniziò
Il Web 2.0 non ha rappresentato l'inizio della
grande avventura. Questa inizia nel 1994 con la versione del Web 1.0! I siti
erano rappresentati da homepage, traduzione online di brochure aziendali, In
questo contesto di Web 1.0 l’internauta poteva solo visitare, leggere pagine,
ma non interagire. La comunicazione era di tipo verticale e unidirezionale
(dall'alto verso il basso), configurazione poco adatta ad un rapporto diretto
con il cliente L’unica forma di interazione era rappresentata dal servizio di
posta elettronica, dal fax.
Il Web 2.0 l’evoluzione e i suoi
problemi
Dal 2005 il modello 1.0 fu progressivamente
sostituito da uno improntato all'interazione, condivisione, partecipazione (Web
2.0). Fu possibile grazie allo sviluppo della tecnologia, alla nascita di
servizi e applicazioni. In questo nuovo contesto l’utente assume una doppia
funzione: fruitore e autore. G. Riva definisce magistralmente questa condizione
con l’espressione di “Spettautore”. Ora, uno strumento o una nuova opportunità
possono portare a risvolti negativi. Mi riferisco alla “cattiva condivisione”,
perché rivolta contro qualcuno. E il caso dei cyberbulli.
In alcuni casi gli effetti sono devastanti, e qualche volta si diventa consapevoli del potere distruttivo delle parole (Carolina Picchio) e delle immagini solo dopo “il fattaccio”. La causa risiede nell'immaturità e nell'analfabetismo digitale dell’internauta. La superficialità, paradigma del contesto post-moderno, si trasferisce nella Rete 2.0 con effetti, nello specifico del “nativo digitale” (M. Prensky), decisamente distruttivi sulla vittima.
Siamo di fronte al lato oscuro del Web 2.0, parafrasando un noto album dei Pink Floyd, siamo di fronte al “Dark side of the moon”.
In alcuni casi gli effetti sono devastanti, e qualche volta si diventa consapevoli del potere distruttivo delle parole (Carolina Picchio) e delle immagini solo dopo “il fattaccio”. La causa risiede nell'immaturità e nell'analfabetismo digitale dell’internauta. La superficialità, paradigma del contesto post-moderno, si trasferisce nella Rete 2.0 con effetti, nello specifico del “nativo digitale” (M. Prensky), decisamente distruttivi sulla vittima.
Siamo di fronte al lato oscuro del Web 2.0, parafrasando un noto album dei Pink Floyd, siamo di fronte al “Dark side of the moon”.
Il diritto all'oblio
Da qui torna utile il nuovo
diritto all'oblio sancito dal GDPR e prima ancora dalla legge 71/17 (“Lotta al
contrasto del cyberbullismo”). Concentriamoci qui su quanto sancito dal Nuovo
Regolamento per la protezione dei dati personali. Recita l’art 17 “L'interessato
ha il diritto di ottenere dal titolare del trattamento la cancellazione dei
dati personali che lo riguardano senza ingiustificato ritardo e il titolare del
trattamento ha l'obbligo di cancellare senza ingiustificato ritardo i dati
personali, se sussiste uno dei motivi seguenti:…i dati personali sono stati
trattati illecitamente” Il passaggio riguarda i casi di cyberbullismo. Il
diritto all'oblio non è nuovo. In altri termini non compare la prima volta nel
GDPR e nella legge 71/17. Il primo riferimento, anche se sfumato, è la
Carta di Nizza (2000) dal quale discende il Trattato di Lisbona (2007). Si
legge all'art 7 dei suddetti documenti “Ogni persona ha diritto al rispetto
della propria vita privata e familiare…Il passaggio risulta
particolarmente calzante nei casi di cyberbullismo, che necessita dell’uso
improprio e devastante dei dati personali della vittima. In altri termini, il
cyberbullismo rimanda ad un atteggiamento aggressivo e/o di molestia
ripetuta a danno di una vittima.
Per i gestori dei siti, blog,
servizi dell’informazione l’oblio non si limita alla cancellazione di dati, ma
coinvolge anche un atteggiamento ad ignorare a disinteressarsi della persona in
prospettiva futura.
L’oblio
la "saggia" risposta digitale
Quindi il diritto all'oblio, espressione di un
desiderio ad essere cancellato, dimenticato può essere considerato come una
manifestazione in controtendenza all'immortalità nel Web, che si declina nella
permanenza dei dati personali nel virtuale. Agendo in questo modo si esprime
una personalità ben caratterizzata e autonoma, rispetto al trend attuale, dove
spesso si tende alla superficialità dei comportamenti che dimentica gli effetti
di post “immortali sulla propria reputazione online. Il diritto all'oblio
rappresenta la risposta più efficace che può mettere in atto la vittima di
cyberbullismo. E l’esemplificazione di quanto dichiarato da M. Prensky, quando
definiva la saggezza digitale anche come capacità critica di utilizzare
responsabilmente e in modo adulto i nuovi scenari proposti nel Web.
Recentemente il nostro ordinamento giuridico ha stabilito la soglia dei quattordici anni come l’età di iniziazione a questo stadio di saggezza digitale. Mi riferisco al decreto attuativo (101/18) del GDPR che ha stabilito la possibilità per il quattordicenne di esprimere un consenso adulto al trattamento di dati personali. Prima ancora il limite dei quattordici anni era stato introdotto dalla legge 71/17 (art. 2) per la richiesta autonoma al gestore del sito o servizio e poi al Garante della Privacy, finalizzata alla rimozione di dati (diritto all'oblio). Ovviamente mettere in pratica questi comportamenti esprime un grado di maturità che non sempre è presente in un quattordicenne. La saggezza digitale è un processo lungo che può iniziare solo avendo adulti informati e formati. Purtroppo oggi si tende a lasciare soli i nostri ragazzi, in balia del tam-tam della Rete, prodotto da coetanei o da utenti più grandi non sempre propositivi.
Recentemente il nostro ordinamento giuridico ha stabilito la soglia dei quattordici anni come l’età di iniziazione a questo stadio di saggezza digitale. Mi riferisco al decreto attuativo (101/18) del GDPR che ha stabilito la possibilità per il quattordicenne di esprimere un consenso adulto al trattamento di dati personali. Prima ancora il limite dei quattordici anni era stato introdotto dalla legge 71/17 (art. 2) per la richiesta autonoma al gestore del sito o servizio e poi al Garante della Privacy, finalizzata alla rimozione di dati (diritto all'oblio). Ovviamente mettere in pratica questi comportamenti esprime un grado di maturità che non sempre è presente in un quattordicenne. La saggezza digitale è un processo lungo che può iniziare solo avendo adulti informati e formati. Purtroppo oggi si tende a lasciare soli i nostri ragazzi, in balia del tam-tam della Rete, prodotto da coetanei o da utenti più grandi non sempre propositivi.
Gianfranco Scialpi