DAD: lo zoccolo duro sono i docenti legati da un fil rouge d'anima ai valori della formazione reale

Pubblichiamo il post condiviso nel gruppo Facebook di RTS dal prof. Giorgio Masaru De Luca. Il post recita così:

"Condivido questo post per affermare la differenza fondamentale tra la necessità/capacità di rispondere virtuosamente a un'esigenza straordinaria, mettendo in campo le risorse incredibili che la parte sana del mondo docente italiano (vituperato e delegittimato) esercita per indole innata, e l'annaspamento inefficace cui si assiste da quando la questione è stata sollevata a causa delle misure restrittive.
Prima di esse, e nonostante l'impegno di alcuni docenti a perseguire personalmente una crescente preparazione in ambito informatico e in relazione alla didattica virtuale (potenzialmente a distanza), la maggior parte delle dirigenze scolastiche hanno ritenuto di non prendere nella dovuta considerazione questo panorama didattico oggi così attuale, preferendo indirizzare gli istituti verso attitudini certamente non meno nobili, ma del tutto appartate rispetto a un trend direi "universale": quello della virtualità dell'insegnamento, che avrebbe previsto (in tempi utili e alla luce di chiari segnali) seri corsi di formazione, adeguata dotazione d'istituto, team digitali all'altezza, monitoraggi capillari sulla capacità di risposta dell'utenza. Quel che, insomma, la storia ci sta imponendo, trovandoci impreparati.
Di tutto ciò, peraltro, il Miur è ben consapevole. In caso contrario avrebbe reso la D.a.D. un obbligo, piuttosto che una "buona prassi", da seguire non secondo i vigenti orientamenti burocratici improntati all'approssimazione, che si rifanno più al pur sano principio generale del "buon padre di famiglia" (e che allo stesso tempo lo disattendono), ma secondo normative diffuse, quando non imposte, sulla base di un sistema operativo collaudato ed inclusivo CHE NON C'È.
Del resto, e per come detto, buona parte degli istituti sono assolutamente inadeguati da ogni punto di vista ad assolvere ai compiti che la D.a.D richiede: semplicemente non si sa che pesci prendere. E si torna al solito "refrain" del Docente volontario che, pur socialmente delegittimato, continua a "reinventarsi". E che lo fa non per dovere, bensì per assolvere a un impegno deontologico che gli parte dal cuore e che ha come UNICO OBIETTIVO la crescita degli studenti, in quanto persone e, insieme, membri di una comunità futura che chiede di essere sorretta da pilastri i più evoluti possibile.
Si continui dunque ad operare per come si può, secondo il più autentico impegno che contraddistingue il singolo docente. Del resto, la Scuola Italiana, in media, è un luogo caotico, infrastrutturalnente, didatticamente, e moralmente, distrutto con azioni deliberate, nel quale la formazione trascolora sempre più, e ciò per precisa (benché implicita) richiesta dei Massimi Sistemi che non gradiscono l'ascesa dei sistemi "inferiori" a stadi sempre più elevati.
L'unico zoccolo duro, rispetto a questo processo, restano i docenti legati da un fil rouge d'anima ai valori della formazione reale: esseri umani anch'essi, ma di altra pasta.
Una pasta molto antica.
D.a.D. Non datur ".