La didattica a distanza non è un obbligo: la solerzia di alcuni di Ds potrebbe finire in tribunale


Dopo il duro intervento via Facebook del 16 marzo scorso della Ministra, nel quale la stessa indicava ai dirigenti scolastici la strada dell'imposizione della didattica a distanza citando l'articolo 25 del decreto legislativo 165/2001, sono state numerosi le prese di posizione dei sindacati e degli esperti di legislazione scolastica che evidenziavano criticità normative. Solo ieri c’è stato un cambio di passo imposto dalla presa d'atto che l'insegnamento a distanza, in regime di sospensione delle attività didattica, non rientra nella prestazione a cui i docenti sono tenuti per contratto. Prestazioni che, è bene ricordarlo, sono fornite dagli insegnanti a titolo di mero volontariato. Tuttavia, nel tentativo di evitare di andare in ordine sparso, l'amministrazione ha invitato i docenti a sistematizzare gli interventi incardinandoli nell'ambito di una programmazione in qualche modo coerente con i percorsi didattici già programmati. E per questo motivo ha chiesto agli insegnanti di rielaborare la programmazione a suo tempo effettuata tenendo conto della situazione emergenziale in atto. A questo punto la solerzia di alcuni di Ds che imponevano attraverso circolari di rimodulare, ricalibrare e contestualizzare oltre la progettazione, anche la valutazione degli apprendimenti, suggerendo alcune modalità di verifica e misurazione degli apprendimenti ( conoscenze, abilità e competenze) per valutare a distanza, potrebbe finire in tribunale ( quando riapriranno )